Patente cantieri edili e contratti pubblici: spunti di riflessione
Le conseguenze dell’introduzione della patente a punti nei cantieri edili per i contratti pubblici
A partire dal 1° ottobre 2024 è entrato in vigore, in materia di edilizia, il sistema di patente a punti. Accertata la sussistenza di alcuni requisiti di fondo (Iscrizione alla CCIAA, DURC, DURF, formazione, DVR, RSPP), la patente è dotata di un punteggio iniziale (minimo) di 30 punti che può essere progressivamente decurtato in relazione alle violazioni indicate nella stessa legge, adottate con provvedimento definitivo.
Qualora la patente risulti avere punteggio inferiore a 15, la legge prevede come conseguenza la sospensione del cantiere, così come accade al verificarsi di gravi incidenti che minano la salute, o addirittura la vita, dei lavoratori.
Appare dunque d’interesse una riflessione sulle conseguenze che il provvedimento di sospensione della patente produce sul cantiere; nella speranza, viva per i tecnici e per tutti gli operatori del settore, che questo sia effettivamente uno strumento di valorizzazione delle imprese attente alla sicurezza sul lavoro piuttosto che uno di natura meramente sanzionatoria.
Il principio di conservazione del contratto nel D. Lgs 36/2023
Il nuovo Codice dei Contratti enuncia, tra i principi che regolano la contrattazione pubblica, il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale:
“Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali” (art. 9, comma 1).
Innovando l’impostazione dottrinale e giurisprudenziale precedente, la norma introduce in materia un istituto propriamente civilistico, tipico dei contratti di durata, trattandosi del diritto alla rinegoziazione del contratto al verificarsi delle condizioni ivi previste e laddove la “parte svantaggiata” non vi abbia volontariamente rinunciato.
In applicazione al principio di conservazione il citato art. 9 richiama, in quanto suoi applicativi, l’istituto della revisione dei prezzi (art. 60) e la previsione dei casi nei quali è possibile la modifica del contratto “senza una nuova procedura di affidamento”, già previsti dall’art.106 del D. lgs 50/2016 e adesso raggruppati nell’art. 120, con l’aggiunta, rispetto al precedente testo, del comma 8 espressamente dedicato al diritto alla rinegoziazione:
“Il contratto è sempre modificabile ai sensi dell’articolo 9 e nel rispetto delle clausole di rinegoziazione contenute nel contratto. Nel caso in cui queste non siano previste, la richiesta di rinegoziazione va avanzata senza ritardo e non giustifica, di per sé, la sospensione dell’esecuzione del contratto. Il RUP provvede a formulare la proposta di un nuovo accordo entro un termine non superiore a tre mesi. Nel caso in cui non si pervenga al nuovo accordo entro un termine ragionevole, la parte svantaggiata può agire in giudizio per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, salva la responsabilità per la violazione dell’obbligo di rinegoziazione” (art. 120 comma 8).
Fermo quanto detto, si vogliono fornire alcune riflessioni sul rapporto tra la “conservazione del contratto” e la cosiddetta “patente a punti” in edilizia, la cui disciplina è entrata in vigore il 1° ottobre 2024 per le imprese e i lavoratori autonomi (1) che operano nei cantieri temporanei o mobili (2), al fine di rafforzare la sicurezza sul lavoro.
In un contesto codicistico in cui la risoluzione viene considerata una extrema ratio, è sicuramente d’interesse l’analisi delle ipotesi di sospensione della patente a punti, la loro incidenza sul contratto di appalto e la compatibilità, o meno, con i rimedi di natura conservativa che il legislatore, rispetto a quelli caducatori, sembra preferire.
Note
(1). Dal punto di vista soggettivo, sono escluse dall’obbligo della patente le imprese che possiedono un’attestazione di qualificazione SOA in classifica pari o superiore alla III. Inoltre, l’obbligo non si applica a chi si occupa solo di forniture o prestazioni di natura intellettuale. Per le imprese o i lavoratori autonomi stabiliti in un Paese diverso dall’Italia, sarà necessario essere in possesso di un documento equivalente rilasciato dalle autorità competenti del Paese d’origine. Saranno necessari ulteriori chiarimenti su quali documenti saranno accettati come equivalenti (DM 18 settembre 2024, n. 132, art. 1 – contenuti informativi della patente).
(2). La patente in edilizia è obbligatoria per le imprese e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili, definiti dall’art. 89, comma 1, lett. a) del D.Lgs 81/2008. Questi luoghi comprendono i cantieri in cui si svolgono lavori di edilizia o ingegneria civile, il cui elenco è riportato nell’Allegato X dello stesso decreto.
Le ipotesi di sospensione della patente a punti
I presupposti e il procedimento per l’adozione del provvedimento cautelare di sospensione della patente sono indicati all’art. 3 del DM 18 settembre 2024 n. 132; in attuazione dell’art. 27, comma 8 del D. Lgs 9 aprile 2008, n. 81:
“8. Se nei cantieri di cui al comma 1 si verificano infortuni da cui deriva la morte del lavoratore o un’inabilità permanente, assoluta o parziale, l’Ispettorato nazionale del lavoro può sospendere, in via cautelare, la patente di cui al presente articolo fino a dodici mesi. Avverso il provvedimento di sospensione è ammesso ricorso ai sensi e per gli effetti dell’articolo 14, comma 14.” (art. 27, comma 8).
La prima novità introdotta dal DM 132/2024 riguarda proprio la distinzione tra sospensione obbligatoria e facoltativa: il Testo Unico sulla Sicurezza prevedeva un’unica fattispecie di sospensione (facoltativa) che accomunava tanto le ipotesi di morte del lavoratore, quanto quelle di inabilità permanente, assoluta o parziale.
Il DM 132/2024, invece, distingue il caso di “infortuni da cui deriva la morte di uno o più lavoratori” (comma 2) (1) dagli “infortuni da cui deriva l'inabilità permanente di uno o più lavoratori o una irreversibile menomazione suscettibile di essere accertata immediatamente” (comma 3) (2): secondo l’attuale formulazione, infatti, nel primo caso l’adozione del provvedimento di sospensione sarà obbligatoria; nel secondo invece solo eventuale (“la sospensione può essere adottata”).
Sulla differenza tra le due ipotesi di sospensione si è ben soffermata anche la Circolare INL del 23 settembre 2024, ove si sottolinea che “il provvedimento di sospensione a seguito di invalidità permanente è caratterizzato da una maggiore discrezionalità, perché questo non è conseguenza necessaria ogni qual volta il cantiere interessato sia stato già oggetto di un provvedimento di sospensione ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. n. 81/2008 per violazioni prevenzionistiche o per l’impiego di lavoratori “in nero”; e/o di un provvedimento di sequestro preventivo da parte della Autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 321 c.p.p., a meno che detti provvedimenti, in relazione all’effettivo rischio che ha determinato l’evento infortunistico, siano del tutto inadeguati a prevenire il ripetersi di eventi infortunistici”.
Autonoma, oltre che automatica, ipotesi di sospensione è quella disciplinata dal Testo Unico sulla sicurezza del lavoro all’art. 27 comma 10:
“10. La patente con punteggio inferiore a quindici crediti non consente alle imprese e ai lavoratori autonomi di operare nei cantieri temporanei o mobili di cui all’articolo 89, comma 1, lettera a). In tal caso è consentito il completamento delle attività oggetto di appalto o subappalto in corso di esecuzione, quando i lavori eseguiti sono superiori al 30 per cento del valore del contratto, salva l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 14”.
In realtà tale ipotesi di sospensione era stata già anticipata al comma 5 del medesimo art. 27:
“5. La patente è dotata di un punteggio iniziale di trenta crediti e consente ai soggetti di cui al comma 1 di operare nei cantieri temporanei o mobili di cui all’articolo 89, comma 1, lettera a), con una dotazione pari o superiore a quindici crediti. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito l’Ispettorato nazionale del lavoro, sono individuati i criteri di attribuzione di crediti ulteriori rispetto al punteggio iniziale nonché le modalità di recupero dei crediti decurtati”.
Affinché la decurtazione possa essere applicata è necessario che il provvedimento sanzionatorio sia definitivo:
“Il punteggio della patente subisce le decurtazioni correlate alle risultanze dei provvedimenti definitivi emanati nei confronti dei datori di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese o dei lavoratori autonomi, nei casi e nelle misure indicati nell’allegato I-bis annesso al presente decreto. Se nell’ambito del medesimo accertamento ispettivo sono contestate più violazioni tra quelle indicate nel citato allegato I-bis, i crediti sono decurtati in misura non eccedente il doppio di quella prevista per la violazione più grave” (art. 27, comma 6).
Tale ipotesi di sospensione appare nei fatti residuale e di non significativa rilevanza per l’economia della commessa; considerando l’incidenza dei tempi che occorrono per rendere il provvedimento definitivo e la contestuale previsione di strumenti di recupero crediti o di attribuzione di crediti ulteriori (in tal senso, art. 27, comma 5).
Tutt’altra rilevanza hanno invece i provvedimenti adottati in seguito a incidenti mortali o di grave entità, poiché la sospensione del cantiere può essere disposta ancor prima che gli stessi assumano carattere definitivo.
A tal fine, per bilanciare la maggior severità delle ipotesi di cui all’art. 3, commi 2 e 3, DM 132/2024, oltre che per scongiurare la funzione meramente sanzionatoria che si nasconderebbe dietro, il legislatore ha subordinato l’irrogazione della sanzione a una scrupolosa attività di indagine.
L’attività di indagine
Sospensione obbligatoria e facoltativa sono invero accomunate dalle attività di indagine: queste possono essere svolte dall’Ispettorato del lavoro territorialmente competente (art. 3, comma 1) ma anche da personale diverso, tant’è che secondo il DM “l'accertamento degli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie finalizzato all'adozione del provvedimento (...) tiene conto, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 2700 del codice civile, dei verbali redatti da pubblici ufficiali intervenuti sul luogo e nelle immediatezze del sinistro, nell'esercizio delle proprie funzioni” (art. 3 comma 2).
La sospensione del cantiere è subordinata alla sussistenza di determinati elementi che devono essere a tal fine accertati: condotta – evento – nesso causale – colpa. Più nello specifico, la condotta consiste nel comportamento, attivo od omissivo, tenuto dal datore di lavoro, dal delegato o dal dirigente; l’evento consiste nel danno materialmente verificatosi e coincidente, a seconda dei casi, con la morte o l’infortunio del lavoratore; il nesso causale, ai sensi degli artt. 40 e 41 cp, permette di accertare il collegamento proprio tra condotta ed evento, considerando la prima come causa necessaria, ancorché non sufficiente, per il verificarsi del secondo. Infine, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, va ricordato che la “colpa grave” è una forma di responsabilità che va oltre la semplice colpa, caratterizzata da una marcata violazione dei doveri di diligenza (negligenza, imprudenza, imperizia), specificamente connessi alla prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.
Solo laddove risultino accertati tutti gli elementi che configurano responsabilità, il provvedimento di sospensione, facoltativo od obbligatorio che sia, potrà essere adottato. Laddove, invece, dall’istruttoria amministrativa non emergano tutti i presupposti per l’annullamento, il competente Ispettorato archivierà la pratica unitamente a un’apposita relazione agli atti dell’Ufficio (3).
Avverso il provvedimento di sospensione è prevista la possibilità di ricorrere ai sensi dell’art. 14, comma 14, del D.lgs. n. 81/2008, che già disciplina i ricorsi avverso il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale:
“14. Avverso i provvedimenti di cui al comma 1 adottati per l’impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia”.
Il ricorso deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento alla Direzione interregionale del lavoro territorialmente competente in base all’Ufficio, Ispettorato d’area metropolitana o Ispettorato territoriale del lavoro, che ha adottato il provvedimento.
La Direzione interregionale del lavoro ha un termine di trenta giorni per esprimersi sul ricorso e la decisione potrà riguardare la correttezza del provvedimento di sospensione sia sotto il profilo dei presupposti per la sua emanazione, sia sotto il profilo della durata. Qualora la Direzione non si pronunci entro il termine stabilito, il provvedimento di sospensione perde efficacia.
Una volta cessata, per qualunque ragione, l’efficacia del provvedimento sospensivo, la competente sede territoriale dell’Ispettorato entro un congruo termine provvede a verificare il “ripristino delle condizioni di sicurezza dell’attività lavorativa presso il cantiere ove si è verificata la violazione” (art. 3 comma 5). Tali attività dovranno evidentemente essere precedute, laddove possibile in base alle informazioni a disposizione, da un accertamento sulla persistente presenza del cantiere, in particolare nelle ipotesi in cui il provvedimento di sospensione abbia avuto una durata di diversi mesi.
In ogni caso ci si deve interrogare sugli effetti, in siffatta ipotesi, sul contratto di appalto in essere. La questione riguarda evidentemente le imprese con l’attestazione SOA inferiore alla III ma anche appalti più rilevanti nel caso in cui quota parte dei lavori risultino affidati ad impresa soggetta alla patente a punti.
Il legislatore ha infatti escluso dall’ambito di applicazione della patente a punti tanto i meri fornitori e prestatori di opere intellettuali come le società di ingegneria, ma soprattutto le imprese con una qualificazione SOA maggiore o uguale alla terza; creando effettivamente una discrasia tra imprese e cantieri assoggettati o meno alla patente a punti.
La ragione alla base di tale differenziazione, che apparentemente potrebbe sembrare lesiva dei principi di uguaglianza e parità di trattamento, si fonda invece sul tentativo da parte del legislatore di differenziare le imprese in relazione alla dimensione e alla storicità delle stesse, ritenuto che le imprese più grandi e strutturate garantiscano maggiori standard di sicurezza.
Non si deve trascurare infatti che il sistema della patente a punti è stato messo a punto per garantire la sicurezza sul lavoro e il mantenimento, da parte degli operatori economici, di elevati standard di qualità e affidabilità. L’attestazione SOA, dal suo canto, rappresenta essa stessa un riconoscimento di qualità e affidabilità, accertando il possesso dei requisiti speciali su opere via via più complesse.
In tal senso, l’ambito soggettivo di applicazione sarebbe motivato dalla funzione e dalla natura stessa della patente, che nasce non come mezzo sanzionatorio, bensì come strumento a garanzia della sicurezza sul lavoro.
La questione si pone in ogni caso qualora imprese esenti dall’obbligo di patente affidino parte dei lavori, in subappalto, a imprese minori prive di attestazione SOA o con qualifica inferiore alla terza, per questo sottoposte al regime della patente.
Si creerebbe una discrasia, all’interno dello stesso appalto, tra sezioni sottoposte all’obbligo e sezioni escluse; con non poche difficoltà in tema di coordinamento e di esecuzione dei lavori.
A parere dello scrivente, sembrerebbe dunque opportuna una più attenta riflessione da parte del legislatore e in ogni caso l’adozione nei documenti contrattuali di strumenti volti a governare le predette criticità.
Note
(1). DM 132/2024, art. 3: 2. Se nei
cantieri di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 9
aprile 2008, n. 81, si verificano infortuni da cui
deriva la morte di uno o più lavoratori imputabile al
datore di lavoro, al suo delegato ai sensi dell’articolo 16, del
decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 ovvero al dirigente di cui
all’articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 9
aprile 2008, n. 81, almeno a titolo di colpa grave, l’adozione del
provvedimento di cui al comma 1 è obbligatoria, fatta salva la
diversa valutazione dell’Ispettorato adeguatamente motivata.
L’accertamento degli elementi oggettivi e soggettivi della
fattispecie finalizzato all’adozione del provvedimento di cui al
comma 1 tiene conto, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo
2700 del Codice civile, dei verbali redatti da pubblici ufficiali
intervenuti sul luogo e nelle immediatezze del sinistro,
nell’esercizio delle proprie funzioni.
(2). DM 132/2024 art. 3: 3. Nel caso di infortuni da cui deriva l'inabilità permanente di uno o più lavoratori o una irreversibile menomazione suscettibile di essere accertata immediatamente, imputabile ai medesimi soggetti di cui al comma 1 almeno a titolo di colpa grave, la sospensione può essere adottata se le esigenze cautelari non sono soddisfatte mediante il provvedimento di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 o all'articolo 321 del codice di procedura penale.
(3). Dal punto di vista squisitamente giuridico, non di competenza dello scrivente, occorrerebbe formulare una riflessione sullo standard probatorio da utilizzare: l’esistenza della responsabilità viene accertata secondo il criterio del “più probabile che non”, così come confermato anche dalla Circolare INL del 23 settembre 2024 ed esattamente come accade nei giudizi civilistici di cui, in materia di appalti, si riprendono le regole. Tuttavia, sarebbe più opportuno giungere a una conclusione diversa: la natura del provvedimento, ossia la sospensione, e la sua durata, sino ai 12 mesi, e dunque la sua severità e gravità, sembrerebbero orientare verso la natura sostanzialmente penale della sanzione stessa. Ciò vorrebbe dire, di conseguenza, estendere al provvedimento di sospensione della patente a punti le garanzie proprie del diritto penale, tra cui l’accertamento della responsabilità “oltre ogni ragionevole dubbio”. Tale soluzione sembrerebbe avallata anche dalla più recente giurisprudenza europea e nazionale, che hanno attribuito valore sostanzialmente penale a sanzioni quali la sospensione della patente di guida o alla confisca amministrativa poiché, “al di là del nomen attribuito dal legislatore interno, in rapporto all’analisi concreta delle finalità perseguite e del grado di afflittività, nel senso che lì dove risulti prevalente la finalità punitiva (rispetto a quella preventiva) o lì dove risulti particolarmente elevato il grado di afflittività, la misura in questione va attratta nel cono delle garanzie penalistiche” (tra le tante, Cass. I sez. pen. 01804/2020).
L’incidenza del provvedimento di sospensione sul contratto di appalto
Non è difficile immaginare come l’intervento di un provvedimento di sospensione determini un vero e proprio sconvolgimento nella programmazione dell’opera pubblica.
Pur comprendendo le esigenze di sicurezza sottese al meccanismo della patente a punti, non possono essere trascurati i risvolti pratici che una eventuale sospensione può comportare, cercando di individuare quale possibile sorte riservare al cantiere in corso di esecuzione.
La questione deve essere senz’altro risolta con riferimento alla disciplina del D. Lgs 36/2023, valutando in definitiva come l’istituto della sospensione della patente, che fondamentalmente determina una paralisi nello svolgimento dei lavori, possa coordinarsi con i principi di risultato e di conservazione del contratto che tanto vogliono porsi a baluardo della nuova codificazione.
Ponendo infatti come obiettivo fondamentale la realizzazione dell’opera nel più breve tempo possibile, anche a costo di sacrificare la pura e semplice legalità, non più vista come scopo bensì come strumento a servizio di un risultato, è evidente come il provvedimento di sospensione, con tutte le sue conseguenze, appaia quanto meno dissonante.
Ciò non tanto in relazione all’ipotesi della decurtazione dei crediti, quanto piuttosto alle altre. Il legislatore, infatti, con riferimento a questo primo caso, aveva fin dal TU in materia di sicurezza disposto che: “è consentito il completamento delle attività oggetto di appalto o subappalto in corso di esecuzione, quando i lavori eseguiti sono superiori al 30 per cento del valore del contratto” (art. 27, comma 10).
La possibilità di completare l’opera nonostante l’intervento della sospensione è senz’altro positiva sia dal punto di vista giuridico, perché si pone assolutamente in linea con i principi di risultato e di conservazione del contratto; sia dal punto di vista materiale, in quanto scongiura pericolosi ritardi, inefficienze e sprechi determinati dall’interruzione dei lavori.
Tale previsione denota la consapevolezza da parte del legislatore delle criticità collegate all’intervento tramite provvedimenti ablativi su appalti in corso.
Per quanto riguarda la sospensione per evento infortunistico mortale, effettivamente il comma 2 prevede una clausola di salvezza:
“… l’adozione del provvedimento di cui al comma 1 [provvedimento di sospensione] è obbligatoria, fatta salva la diversa valutazione dell’Ispettorato adeguatamente motivata” (art. 3 comma 2).
La Circolare dell’INL, nel chiarire tale punto, ha infatti affermato che la sospensione è adottata a meno che “dall’adozione del provvedimento e, quindi, dalla cessazione delle attività in corso non possano derivare situazioni di grave rischio per i lavoratori o per i terzi o comunque per la pubblica incolumità. I motivi che hanno suggerito di non adottare il provvedimento, pur in presenza dei relativi presupposti, dovranno essere oggetto di una relazione agli atti dell’Ufficio”.
Né tale disposizione, né la precedente in relazione alla decurtazione dei crediti vengono riproposte in caso di sospensione per inabilità permanente. Tale scelta, evidentemente, dipende proprio dal carattere facoltativo del provvedimento: mentre nel caso di morte del lavoratore o di mancanza di punti la sospensione è automatica, dunque è necessario prevedere delle deroghe che permettano di continuare i lavori quando ciò risulti più opportuno; nel caso di infortunio il provvedimento di sospensione ha natura discrezionale, ciò vuol dire che viene adottato dopo aver già valutato la possibilità di continuare i lavori e dopo che questa, per gravità della situazione, sia stata scartata.
Il fatto che la sospensione avvenga esclusivamente in presenza di colpa grave e a seguito di un compiuto accertamento causale, ancor più se in termini penalistici come auspicato, potrebbe essere ritenuto sufficiente a blindare il rispetto dei principi di risultato e di conservazione del contratto così come previsti dal nuovo Codice, in quanto la loro prevalenza non può comunque spingersi oltre i limiti che, nelle ipotesi di sospensione così delineate, verrebbero effettivamente superati.
Una volta che il provvedimento di sospensione viene adottato, a prescindere dall’ipotesi ricorrente, sorgono però fondati dubbi sull’opportunità della stazione appaltante di aspettare che decorra il tempo della sospensione o, in alternativa, valutare l’ipotesi di risoluzione.
La risoluzione è legalmente prevista all’art. 122 D. Lgs 36/2023 e per valutarne l’opportunità occorre dunque verificare se la sospensione della patente integri una delle cause indicate dai commi 1,2,3 (1).
Considerati i termini necessari da rispettare affinché venga adottato un provvedimento di sospensione della patente, nonché le conseguenze che materialmente questo può avere sull’appalto, è possibile ritenere integrata l’ipotesi di cui all’art. 122, comma 3 “grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni”.
Infatti, la colpa grave (richiesta in capo al soggetto) è caratterizzata da una marcata violazione dei doveri di diligenza, specificamente connessi alla prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori, e che si esplica in termini di:
- Negligenza: la colpa grave implica un comportamento che si discosta notevolmente da ciò che è considerato ragionevole e diligente;
- Violazione delle norme di sicurezza: la colpa grave si concretizza nella violazione evidente e sostanziale di specifiche norme prevenzionistiche da adottare e ciò può includere, ad esempio, il mancato rispetto delle procedure obbligatorie, l'omissione di misure di protezione necessarie o il non aver fornito istruzioni e formazione ai lavoratori;
- Consapevolezza del rischio: il responsabile era, o avrebbe dovuto essere, pienamente consapevole del rischio a cui esponeva i lavoratori e pertanto la colpa grave si manifesta quando il soggetto agisce (o omette di agire) con una coscienza chiara del pericolo ma senza adottare le specifiche misure volte a prevenire il rischio che ha determinato l’evento infortunistico.
Verificatosi il grave indicente, mortale o meno sul luogo di lavoro, occorre interrogarsi sul ventaglio di possibilità che si aprono nella gestione della sopravvenienza: più nello specifico, se la risoluzione venga adottata solo a seguito dell’attività istruttoria e della decisione da parte dell’Ispettorato del lavoro; o possa intervenire prima o comunque indipendentemente dal provvedimento di sospensione.
Su questo aspetto, evidentemente, ha rilevanza la valutazione giuridica, per quanto risulti auspicabile una specifica disposizione contrattuale.
Resta tuttavia evidente una questione complessa sotto il profilo tecnico legata alle azioni e cautele da porre in essere in fase di sospensione dei lavori ovvero di risoluzione dell’appalto.
La direzione lavori (DL), il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione e il responsabile unico di progetto infatti dovranno ben valutare lo stato del cantiere e quali azioni porre in essere per garantire che non intervengano ulteriori criticità e pericoli per persone o cose: si pensi al caso di interventi su edifici esistenti soggetti a pesanti attività di strip out nella finestra temporale della sospensione o risoluzione del contratto.
In questi frangenti l’azione della DL, sentito il collaudatore statico, risulterà essenziale senza potersi escludere la necessità di opere e accorgimenti aggiuntivi volti a salvaguardare l’incolumità di persone o cose.
Di questo e di altri aspetti se ne parlerà in un ulteriore contributo.
Note
(1). D. Lgs 36/2023, art.
122: 1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo
121, le stazioni appaltanti possono risolvere un
contratto di appalto senza limiti di tempo, se si
verificano una o più delle seguenti condizioni:
a) modifica sostanziale del contratto, che richiede una nuova
procedura di appalto ai sensi dell’articolo 120;
b) con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 120,
comma 1, lettere b) e c), superamento delle soglie di cui al comma
2 del predetto articolo 120 e, con riferimento alle modificazioni
di cui all’articolo 120, comma 3, superamento delle soglie di cui
al medesimo articolo 120, comma 3, lettere a) e b);
c) l’aggiudicatario si è trovato, al momento dell'aggiudicazione
dell'appalto, in una delle situazioni di cui all'articolo 94, comma
1, e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di
gara;
d) l'appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in
considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai
trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'Unione
europea in un procedimento ai sensi dell'articolo 258 del Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea.
2. Le stazioni appaltanti risolvono un
contratto di appalto qualora nei confronti dell'appaltatore:
a) sia intervenuta la decadenza dell'attestazione di qualificazione
per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;
b) sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone
l'applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice
delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, di
cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ovvero sia
intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati
di cui al Capo II del Titolo IV della Parte V del presente
Libro.
3. Il contratto di appalto può inoltre essere
risolto per grave inadempimento delle
obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da
compromettere la buona riuscita delle prestazioni. Il
direttore dei lavori o il direttore dell'esecuzione, se nominato,
quando accerta un grave inadempimento ai sensi del primo periodo
avvia in contraddittorio con l’appaltatore il procedimento
disciplinato dall’articolo 10 dell’allegato II.14. All’esito del
procedimento, la stazione appaltante, su proposta del RUP, dichiara
risolto il contratto con atto scritto comunicato
all’appaltatore”.