Obbligo BIM, la soglia sale da 1 a 2 milioni di euro, ecco il perché

Arriva un correttivo che allenta la presa sulla digitalizzazione delle gare d’appalto, ma è solo una carezza su un obbligo evolutivo irreversibile

di Marco Montalbano - 23/10/2024

Il correttivo del Codice Appalti, approvato in Consiglio dei Ministri, porta da 1 milione a 2 milioni di euro la soglia degli appalti, che dal 1° gennaio 2025 saranno soggetti a obbligo BIM. In base al correttivo, l’utilizzo del Building Information Modeling (BIM), viene modificato in due aspetti.

Obbligo BIM: aumenta la soglia

Il primo è, come detto, la soglia che fa scattare l’obbligo del BIM, in quanto la modifica afferma che il Bim, sarà obbligatorio per la progettazione e realizzazione di lavori di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti con stima parametrica del valore del progetto di importo superiore a 2 milioni di euro.

L’altro aspetto riguarda proprio il cambio di metodo per determinare tale soglia, che secondo il correttivo sarà la stima parametrica del valore del progetto, mentre nel Codice Appalti vigente è l’importo a base di gara.

Altra modifica: il BIM sarà obbligatorio da 5,5 milioni di euro per i beni culturali. Attenzione! Il correttivo al Codice Appalti introduce inoltre una soglia specifica per gli interventi da realizzare sugli edifici classificati come beni culturali. Quindi, senza la modifica, non ci sarebbe stata alcuna differenza e gli interventi sui beni culturali avrebbero dovuto rispettare le soglie previste per gli altri edifici.

Come mai questo allentamento?

La questione è legata al fatto che le Amministrazioni non sono pronte. Pur essendo state ben allertate dal DM 560 del 2017, ben 7 anni fa, che introduceva l’obbligo BIM seppur gradualmente. L’introduzione era prevista in base a soglie graduali, dal 2019 partendo da 100 milioni, fino a tutti gli appalti a partire dal 1 gennaio 2025.

Un primo “correttivo” è stato dato dal decreto Baratono nel 2021, alzando la soglia a 1 milione a partire dal 1 gennaio 2025. Oggi, la soglia a sale quindi a 2 milioni di euro per il BIM obbligatorio, perché risponde alle tante richieste delle Amministrazioni, che hanno ritenuto l’obbligo del BIM da 1 milione di euro troppo gravoso perché avrebbero dovuto assumere personale qualificato.

Da evidenziare che lo scorso luglio, l’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) aveva sottolineato che l’introduzione generalizzata dell’obbligo avrebbe costretto un grande numero di stazioni appaltanti a dotarsi di personale certificato.

Ciò che non si spiega, è il motivo per il quale le stazioni appaltanti non abbiano avviato per tempo la formazione prevista dalla norma UNI 11337, proprio per avere il personale qualificato già all’interno delle P.A. la norma prevedeva e prevede tutt’oggi tale onere, compreso l’obbligo di stilare un piano di “acquisizione hardware e software”, ovvero di ammodernare le strumentazioni informatiche per far fronte alla rivoluzione digitale degli appalti.

I professionisti BIM certificati

Anci ha sottolineato, anche, che le norme UNI sul BIM prevedono la necessità di ben quattro distinte figure (BIM Specialist, BIM Coordinator, BIM Manager e CDE Manager) che devono superare specifici esami presso enti accreditati per poter essere certificate. Dai dati Accredia, il numero di professionisti certificati è ancora molto basso rispetto al necessario.

Anche questo è dovuto al fatto che le Amministrazioni hanno ignorato le scadenze, con felici eccezioni come il demanio Militare, che oggi vanta una fase di digitalizzazione ben avviata, facendo da “scuola” alle altre P.A.

Anche Poste Italiane ha avviato dall’anno scorso un piano di formazione BIM nazionale per tutti i reparti tecnici, avviando una gara apposita vinta da Eureka Engineering, mentre per l’acquisizione di hardware e software è stato avviato un piano con gara separata, acquistando poi le strumentazioni adeguate. Ciò dimostra che se una P.A. attenziona la norma, la digitalizzazione si avvia in un anno.

Infine, secondo Anci, pochissimi professionisti lavorano presso le Pubbliche Amministrazioni, che sarebbero state quindi costrette a ricorrere ad incarichi esterni.

In effetti dalla nostra esperienza sulla formazione alle Amministrazioni, diverse S.A. lamentano un numero di tecnici insufficiente. Ma questo riguarda anche il sistema tradizionale ed il grave errore di non aver svecchiato sia il personale sia le strumentazioni negli ultimi venti anni.

Pertanto, lo scrivente ritiene che più che un “correttivo”, questa sia una “modifica” al Codice Appalti per aiutare una situazione delle nostre Pubbliche Amministrazioni ancora troppo indietro, per un salto epocale come la totale digitalizzazione degli appalti. Ma attenzione a non scambiare una modifica di soglia come una proroga, in quanto di fatto non cambia la sostanza delle norme e della Comunità Europea, che erogherà somme solo per appalti gestiti digitalmente. L’Italia non può e non deve perdere l’occasione di rimettersi in linea con gli altri paesi, riducendo un gap culturale e strumentale; il quale diventerebbe incolmabile nel caso in cui si continui a rimanere ostili al cambiamento.

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