Revoca ordine di demolizione e sanatoria edilizia: interviene la Cassazione

Il mancato rispetto dell’ordine di demolizione e l'acquisizione al patrimonio comunale rendono non sanabili le opere abusive

di Redazione tecnica - 30/10/2024

Una volta che le opere abusive sono acquisite al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione entro 90 giorni dalla notifica, il successivo rilascio di un permesso di costruire in sanatoria è da considerarsi illegittimo.

Permesso di costruire in sanatoria: illegittimo se successivo all'inottemperanza alla demolizione

A ribadirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza del 16 ottobre 2024, n. 37948, con cui ha annullato l’ordinanza del Tribunale di revoca di un ordine di demolizione di opere abusive per intervenuta sanatoria.

Sul punto, ricordano i giudizi di piazza Cavour che, secondo quanto previsto dalla scansione procedimentale dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro 90 giorni comporta l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere, con la conseguenza che un permesso di costruire in sanatoria rilasciato successivamente è illegittimo

Da questo punto di vista, ruolo fondamentale gioca il giudice dell’esecuzione, che ha il compito di verificare la conformità agli strumenti urbanistici dei titoli edilizi, compresi i permessi di sanatoria. Questo controllo è necessario per evitare che l’abusività dell’opera sia legittimata da provvedimenti amministrativi successivi che ne permettano la conservazione.

Nel caso in esame, era stato emesso un ordine di demolizione nel 1995, a cui era seguito il rilascio del condono ex legge n. 724/1994 (c.d. Secondo Condono Edilizio) solo per una parte delle opere abusive, limitatamente all'intervento di cambio di uso da garage a locale commerciale realizzato al piano terra della palazzina abusiva.

Il resto delle opere, comprendenti anche un cambio d'uso del sottotetto e altri interventi su facciata e solaio rispetto ad un immobile articolato su più livelli, non erano state interessate dalla sanatoria. Nel 2001, a seguito di un accertamento, la Procura della Repubblica aveva nuovamente ingiunto la demolizione delle opere, mentre il Comune aveva rilasciato un permesso in sanatoria, annullato in autotutela proprio perché emesso oltre 90 giorni dopo dalla notifica dell’ordine di demolizione.

 

Acquisizione opere abusive al patrimonio comunale: cosa prevede il Testo Unico Edilizia

L’acquisizione ex art. 31 comma 4 del d.P.R. n. 380/2001 opera solo in rapporto ad interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, quali sono quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. In questo caso, la realizzazione del cambio di uso per il sottotetto ha portato alla creazione di un organismo integralmente diverso ai sensi dell'art. 31 comma 1 del d.P.R. n. 380/2001, così da potersi connettere al regime acquisitivo in favore del comune prima citato

Inoltre ricorda la Cassazione che in materia di reati concernenti violazioni edilizie, l'imposizione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell'art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e non ha finalità punitive, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso.

Atteso che l'ordine di demolizione ex art. 31, comma 9, ha il suo fulcro essenziale nell'accertamento giurisdizionale di un abuso edilizio, e la sua funzione nella necessaria sua eliminazione per il ripristino della legalità violata, tale ordine persiste, anche in caso di intervenuta morte del responsabile degli abusi, trattandosi di misura ad rem, e senza alcuna rilevanza della decorrenza di alcun termine di prescrizione.

 

Revoca ordine di demolizione: casi ammessi

Le preclusioni all'esecuzione dell'ordine di demolizione non possono che provenire da circostanze, anche sopravvenute, incidenti sull'abusività stessa dell'opera, oppure sulla sua destinazione a fini leciti.

In tale ultimo senso depone la previsione di cui all'art. 31, comma 5 del d.P.R. 380/2001, come di recente anche novellato con Decreto Legge 29 maggio 2024, n. 69 convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2024, n. 105, (c.d. Salva Casa) secondo cui "l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico ((previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati)) delle amministrazioni competenti ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nei casi in cui l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico, il comune, ((previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati)) delle amministrazioni competenti ai sensi 'dell'articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990, può, altresì, provvedere all'alienazione del bene e dell'area di sedime determinata ai sensi del comma 3, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione ((delle opere abusive da parte dell'acquirente). È preclusa la partecipazione del responsabile dell'abuso alla procedura di alienazione...".

Inoltre l'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.

Il decorso del tempo non giustifica la revoca dell'ordine demolitorio

In tale ottica, la valorizzazione in sede giurisdizionale amministrativa, del decorso del tempo e della omessa motivazione dell'interesse pubblico all'annullamento in autotutela di un provvedimento di sanatoria, non solo non attiene alla sostanza dell'abusività delle opere ma verrebbe inammissibilmente e ingiustificatamente e trascurare la natura ripristinatoria dell'ordine, che giustifica l'irrilevanza di ogni termine di prescrizione e la necessità di assicurare l'ordine urbanistico violato in ossequio ad un interesse pubblico che appare indiscusso e immanente, per scelta Legislativa, nelle stesse disposizioni a ciò deputate.

Peraltro, la persistenza dell'interesse pubblico alla demolizione del manufatto abusivo riguarda la legittimità dell'ordine di demolizione impartito dalla pubblica amministrazione, non quello disposto dal giudice con la sentenza di condanna che, come noto, non costituisce provvedimento amministrativo ed è impermeabile ai vizi tipici dei provvedimenti amministrativi.

Per comprendere il più ampio quadro della rilevanza della demolizione di opere abusive, la Corte di Cassazione ricorda che con la Plenaria n. 9/2017, il Consiglio di Stato ha ribadito la validità del principio, per cui il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell'abuso, neanche nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino.

Ne deriva che in questo caso, conclude la Cassazione, è mancata una valutazione in piena autonomia, da parte del giudice, della validità della concessione anche alla luce dell'art. 31 comma 4 del d.P.R. 380/2001, motivo per cui ha annullato l'ordinanza di revoca della demolizione, con rinvio al Tribunale per nuovo giudizio.

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