Interventi su immobile con condono pendente: cosa prevede la legge
Ci sono dei lavori consentiti su un edificio in attesa di perfezionamento della pratica di sanatoria. Vediamo quali sono e quali restano invece esclusi
In presenza di una domanda di condono non ancora definita, gli ulteriori interventi eventualmente conseguiti ripetono le caratteristiche di illiceità attribuibili all’opera principale e devono ritenersi allo stesso modo abusivi, con conseguente obbligo per il Comune di ordinarne la demolizione.
Questo, tuttavia, non significa che sia negata del tutto la possibilità di intervenire sull’immobile sul quale pende l’istanza di condono. Sono infatti consentiti i soli interventi finalizzati al completamento del manufatto che siano realizzati nel rispetto delle procedure imposte dalla legge.
Condono pendente: procedura per eseguire ulteriori lavori
A chiarirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 17 ottobre 2024, n. 8310, che rigetta un ricorso per l’annullamento dell’ordine di demolizione relativo ad ulteriori opere conseguite, senza titoli, su un immobile già oggetto di istanza di condono pendente, richiesta ai sensi del DL n. 269/2003 convertito nella Legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio).
Si fa presente in particolare che, in presenza di una domanda di condono non ancora esitata, è consentito intervenire sull’immobile esclusivamente nel rispetto delle procedure disposte dall’art. 35 della Legge n. 47/1985, che disciplina il Primo Condono, e prevede quanto segue.
A seguito della presentazione dell’istanza, il soggetto interessato può realizzare (sotto la propria responsabilità) lavori volti esclusivamente al completamento dell’immobile abusivo, previa notifica delle proprie intenzioni al Comune, che deve essere trasmessa almeno 30 giorni prima dell’inizio dei nuovi interventi.
Alla notifica dovrà essere allegata una perizia giurata, oppure altra documentazione che possa attestare la data certa dell’inizio degli ulteriori lavori abusivi, che comunque dovranno essere autorizzati.
Nello specifico:
- le Amministrazioni competenti devono dare parere favorevole alla realizzazione dei lavori di completamento;
- l’Ente proprietario deve dare la propria disponibilità a concedere l’utilizzo del suolo.
Per il resto, si chiarisce, qualsiasi ulteriore intervento non assentito - anche se dovesse essere riconducibile alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, o della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche - che si realizza su un immobile con istanza di condono pendente, è da considerarsi illecito al pari dell’immobile principale già abusivo, e deve pertanto essere sottoposto ad ordinanza di demolizione.
Difatti, non può ammettersi la prosecuzione di lavori abusivi a completamento e/o modifica di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi a loro volta abusive.
Ordine di demolizione: valido per gli abusi ulteriori
Nel caso in esame, sono stati realizzati diversi interventi di ristrutturazione e manutenzione straordinaria sull’immobile oggetto di condono non ancora esitato, per i quali non risultano essere state rispettate le procedure di cui all’art. 35 della norma sul Primo Condono. I lavori infatti non sono stati né notificati preventivamente né autorizzati dalle autorità competenti, pertanto risultano abusivi al pari dell’opera principale, e il Comune è obbligato a disporne la demolizione.
A nulla rileva, peraltro, la doglianza del ricorrente relativa al fatto che non si può disporre un’ordinanza di ripristino che abbia per oggetto un immobile in attesa di definizione della sanatoria.
La demolizione infatti è stata emessa dall’Amministrazione in relazione alle sole opere ulteriori realizzate senza titoli sul manufatto già abusivo.
In proposito, si spiega che l’effetto interdittivo all’ordine dei demolizione prodotto dalla presentazione di un’istanza di sanatoria - che comunque non ne determina l’inefficacia ma soltanto la sospensione - è riferito esclusivamente alle opere oggetto della domanda di condono, mentre non ha alcun effetto sugli abusi ulteriori eventualmente realizzati successivamente alla presentazione dell’istanza.
I giudici di Palazzo Spada ribadiscono inoltre che:
“il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.”
In sostanza, anche se dovesse essere disposto tardivamente, l’ordine di demolizione è un atto vincolato che non necessita di essere motivato (essendo già sufficiente la necessità di ripristino della legalità violata) e che non richiede alcuna valutazione in merito alla comparazione tra gli interessi pubblici e quelli del privato, in quanto non esiste alcun legittimo affidamento che tuteli la conservazione di una situazione di fatto abusiva, che non può essere legittimata solo in virtù del tempo trascorso.
Nel caso qui trattato, l’ordine di demolizione risulta essere stato disposto per gli ulteriori interventi abusivi conseguiti che, peraltro, hanno prodotto una significativa trasformazione dell’immobile preesistente. Il ricorso non può che essere respinto.
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Sentenza