Progetto abbandonato dal committente: i compensi dovuti al professionista
Grava sull’appaltatore provare l’idoneità e la realizzabilità del progetto predisposto e di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione
L’obbligazione di redazione di un progetto è un'obbligazione di risultato, essendo il professionista tenuto a rendere un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico. Ne deriva che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto, dà luogo a inadempimento dell'incarico e abilita il committente a rifiutare il compenso tramite eccezione d'inadempimento.
Diversamente, anche se il progetto non viene realizzato, il committente è tenuto a pagare i compensi al progettista.
Compensi professionali: dovuti anche se il progetto non è realizzato
A spiegarlo è la Corte d’Appello di Milano con la sentenza del 23 ottobre 2024, n. 2793, con cui ha rigettato l’appello proposto da un’azienda, committente di un progetto per la realizzazione di un impianto a fonti rinnovabili e per il quale aveva ottenuto un finanziamento.
Nonostante il professionista avesse svolto l'incarico per la progettazione preliminare e definitiva, l’azienda ha rinunciato al finanziamento e alla realizzazione dell’opera, rifiutando il compenso al progettista sull’assunto che la mancanza della progettazione esecutiva avrebbe reso di fatto, e a prescindere, il progetto irrealizzabile.
In primo grado, il giudice aveva fatto svolgere una CTU con la quale era stato messo nero su bianco che il livello di progettazione preliminare e definitivo fossero tali da non generare significative differenze tecniche e di costo di una eventuale successiva progettazione esecutiva, nel caso in esame non realizzata a causa dell’abbandono del progetto. Da qui la legittimità della richiesta di compenso da parte del progettista.
Ne è scaturito l’appello, nel quale il committente ha specificato che:
- la valutazione dell’idoneità e della realizzabilità del progetto non ha trovato alcuna risposta nelle conclusioni del CTU;
- l’idoneità e la realizzabilità del progetto non possono ricavarsi, dalla concessione del finanziamento agevolato, non emergendo in alcun modo che il finanziamento fosse stato concesso a seguito della verifica, da parte della dell’idoneità e della realizzabilità del progetto o che il bando regionale subordinasse la concessione del finanziamento alla previa verifica dell’idoneità e della realizzabilità del progetto;
- l’irrealizzabilità del progetto fornito dal professionista sarebbe stata documentata attraverso le relazioni e le osservazioni del proprio consulente tecnico e costituisce inadempimento dell’incarico professionale, che abilita il committente a rifiutare di corrispondere il relativo compenso, avvalendosi dell’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c.
Redazione del progetto: per esigere il compenso bisogna provare la sua idoneità
Una tesi che la Corte d’Appello non ha condiviso. I giudici hanno spiegato che l'appaltatore (in questo caso il professionista) che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto ha l'onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, cioè di avere eseguito l'opera conformemente al contratto ed alle regole dell'arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa.
L'obbligazione di redazione di un progetto è un'obbligazione di risultato, essendo il professionista tenuto a rendere un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, sicché l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto, dà luogo a inadempimento dell'incarico e abilita il committente a rifiutare il compenso tramite eccezione d'inadempimento.
Nel caso in esame, in cui l’appaltatore ha dato solo parziale esecuzione al contratto per volontà del committente grava sull’appaltatore provare che quanto eseguito è conforme alle regole dell’arte e alle previsioni contrattuali e, in particolare, provare l’idoneità e la realizzabilità del progetto predisposto, posto che tale idoneità e realizzabilità integra il contenuto dell’obbligazione di risultato dell’ingegnere.
La circostanza che l’attività di progettazione sia stata interrotta per volontà del committente non esime, quindi, l’appaltatore dal provare l’esatto adempimento in relazione a quanto eseguito, al fine di conseguire il relativo compenso.
Fatte queste premesse, per i giudici d’appello è corretta la CTU che ha attestato l’idoneità e la realizzabilità del progetto predisposto, che si è arrestato al livello della progettazione preliminare e della progettazione definitiva.
La richiesta di compenso è quindi corretta: quanto evidenziato è di per sé sufficiente a ritenere l’esatto adempimento delle prestazioni da parte dell’appaltatore e il conseguente suo diritto al compenso per l’attività svolta.