Violazione distanze e difformità dalla SCIA: niente sanatoria in area vincolata

La sanatoria paesaggistica prima del Salva Casa: qualunque intervento su immobili in area vincolata è da qualificare almeno come “variazione essenziale” e soggetto a demolizione

di Redazione tecnica - 11/11/2024

Gli abusi conseguiti in area vincolata che comportano incrementi di volume, seppur di minimo impatto rispetto al complesso delle opere edificate, risultano avere comunque un’indubbia rilevanza paesaggistica, anche se dovesse trattarsi di interventi realizzati in difformità dalla SCIA.

Di conseguenza, se venissero realizzati anche in assenza dell’autorizzazione paesaggistica obbligatoria, oltre che in violazione delle norme sulle distanze dai confini, il rilascio della sanatoria non sarebbe certo possibile, e in più per l’Amministrazione sarebbe legittimo, oltre che doveroso, emettere l’ordine di demolizione.

Difformità dalla SCIA in area vincolata: è variazione essenziale

A ribadirlo è il TAR Lazio con la sentenza del 17 ottobre 2024n. 17985, che rigetta un ricorso per l’annullamento del diniego di rilascio della sanatoria - richiesta ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) - in relazione a lavori di rivestimento delle facciate di un immobile preesistente che hanno comportato incrementi di volume, mutamento dei prospetti e violazione delle distanze dai confini; per giunta, in area soggetta a diversi vincoli paesaggistici, ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

In particolare, si evidenzia come tutte le opere idonee a trasformare lo stato dei luoghi - che quindi comportano incrementi di volume e mutamenti dei prospetti dell’immobile - se vengono conseguiti in zona sottoposta a vincoli di tutela, sono soggetti all’applicazione dell’art. 32 del TUE, secondo il quale: qualunque intervento effettuato su immobili sottoposti a vincolo è da qualificare almeno come “variazione essenziale”, e, come tale, è soggetto alla sanzione demolitoria prevista dall’art. 31 del TUE.

Difatti, secondo una consolidata giurisprudenza, gli incrementi di volume non assentiti in area soggetta a vincoli di tutela comportano sempre un impatto paesaggistico di indubbia rilevanza, poiché le norme che disciplinano tali vincoli potrebbero prevedere anche l’immodificabilità assoluta dello stato dei luoghi, non consentendo quindi alcun tipo di modifica.

In area tutelata, dunque, anche gli ampliamenti abusivi di minima entità, se realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica, devono essere considerati difformi dal titolo e, di conseguenza, risulta doveroso per l’Amministrazione disporre il diniego della sanatoria e poi applicare la sanzione di ripristino dei luoghi.

In quanto alla citata violazione delle distanze dal confine, i giudici evidenziano che la normativa disposta dalle NTA del PRG vigente al momento della realizzazione dell’abuso imponeva il rispetto di una distanza dal confine non inferiore a 6 metri, mentre in questo caso la distanza è risultata essere pari a 5,45 metri.

Non può dunque essere rilasciato l’accertamento di conformità di cui all’art. 37 del TUE in relazione ad abusi che risultino difformi dalle disposizioni della normativa locale vigente al momento della realizzazione dell’illecito.

 

Variazioni essenziali: la sanatoria paesaggistica dopo il Salva Casa

Ricordiamo che con il D.L. n. 69/2024, convertito con modifiche e integrazioni in legge n. 105/2024, (c.d. Salva Casa) è stato eliminato l'ultimo periodo del comma 3 dell'art. 32, secondo cui "Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali".

Ne è derivato che in relazione a parziali difformità in area vicolata è stata introdotta una particolare procedura, inserita nel nuovo art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001, "Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali", che al comma 4 dispone che "Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione".

Non si esclude quindi più a priori l'insanabilità degli abusi in area vincolata, ma si prevede la possibilità di ottenere il parere di compatibilità paesaggistica, anche mediante la formazione del silenzio-assenso.

 

Interventi di riqualificazione e deroga alle norme sulle distanze

Del tutto irrilevante, nel caso in esame, è poi il richiamo al D.lgs. n. 102/2014 (Norme sull’efficienza energetica) e alla L.R. Lazio n. 6/2008 (Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia), laddove il ricorrente sostiene che la violazione delle distanze sarebbe dovuta all’installazione del cappotto termico “in pietra”, che avrebbe comportato più spessore di quanto originariamente autorizzato nella concessione in sanatoria.

In sostanza si ritiene che, in virtù delle norme citate, il nuovo spessore sarebbe ammissibile anche in deroga alle norme sulle distanze, purché nel rispetto dei limiti imposti dal codice civile, senza specificare però le ragioni per le quali tali disposizioni dovrebbero essere applicabili a questa fattispecie, essendo che il decreto legislativo citato è entrato in vigore dopo la realizzazione degli abusi.

In più, si rileva che non è stata fornita alcuna prova né in ordine all’effettiva riconducibilità dell’intervento in esame tra gli interventi di riqualificazione energetica, né in merito al rispetto del requisito obbligatorio di riduzione dei limiti di trasmittanza imposto dal D.lgs. n. 192/2005, che disciplina le prestazioni energetiche degli edifici, e che richiede una riduzione minima pari al 10% dei suddetti limiti.

È stato dimostrato, invece, il superamento del limite del maggior spessore delle murature esterne di 25 cm, imposto dalla stessa Legge Regionale richiamata dal ricorrente all’art. 12, comma 1, dove, peraltro, viene specificato chiaramente che non sono ammesse deroghe alle norme sulle distanze dai confini.

In particolare, è emerso che le opere di rivestimento in pietra locale dei prospetti “hanno mutato le lunghezze e determinato la violazione dei distacchi dai confini, di circa 40-60 cm e differenze rispetto al progetto assentito di un intervallo che va da 20 a 45 cm, peraltro in zona plurivincolata sotto il profilo ambientale, paesaggistico e sismico”.

Il TAR conferma pertanto l’efficacia del diniego della sanatoria, con conseguente rigetto del ricorso.

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