Abusi edilizi, sequestro penale e ordine di demolizione: interviene il TAR
I tre orientamenti della giustizia amministrativa sul rapporto fra sequestro dell’immobile e procedimento amministrativo di repressione di abusi edilizi
Quali effetti produce il sequestro penale preventivo di una costruzione abusiva da parte della competente autorità giudiziaria sull’ordine di demolizione?
Sequestro penale e ordine di demolizione: la sentenza del TAR
Rispondere a questa domanda non è semplice ma ci ha provato il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia con la sentenza n. 3672 del 7 novembre 2024 che fa il punto su una questione delicata sulla quale si sono prodotti tre distinti orientamenti.
Il caso riguarda il ricorso presentato per l’annullamento di un ordine di demolizione emesso successivamente al sequestro dell’immobile. Secondo il ricorrente, la nullità dell’ordinanza di demolizione emergerebbe dal fatto che l’immobile è stato oggetto di sequestro ed il processo penale è tutt’ora pendente. La conseguenza (per il ricorrente) è che non si potrebbero applicare le sanzioni previste per l'inottemperanza a ordini di demolizione di manufatti abusivi nelle ipotesi in cui l'immobile sia sottoposto a sequestro penale, come nel caso di specie.
Il TAR Sicilia ha rilevato che sulla questione del rapporto fra sequestro dell’immobile e procedimento amministrativo di repressione di abusi edilizi si registrano in giurisprudenza tre distinti orientamenti:
- un primo per il quale l’ordine di demolizione (o di riduzione in pristino stato) adottato nella vigenza di un sequestro penale è affetto dal vizio di nullità, ai sensi dell’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in relazione agli artt. 1346 e 1418 cod. civ.) e, quindi, radicalmente inefficace, per l’assenza di un elemento essenziale dell’atto, tale dovendo intendersi la possibilità giuridica dell’oggetto del comando;
- un secondo per cui la sottoposizione a sequestro penale preventivo di una costruzione abusiva da parte della competente autorità giudiziaria non esime il destinatario dell'ingiunzione demolitoria dall'ottemperanza alla stessa, ben potendo essere richiesto in sede penale il dissequestro del bene al solo fine di provvedere alla demolizione, così da evitare il provvedimento di acquisizione, non rientrando il sequestro tra gli impedimenti assoluti che non consentono di dare esecuzione all'ingiunzione;
- un terzo orientamento per il quale non può mai configurarsi un obbligo di chi abbia patito un provvedimento di sequestro di un suo bene, di attivarsi in alcun modo per assicurare l’esecuzione, in pendenza del sequestro medesimo, di una ingiunzione a demolire e nemmeno è ravvisabile un onere di collaborazione con l’autorità comunale, onde portare ad esecuzione una ingiunzione a demolire, in pendenza di un sequestro penale.
Secondo quest’ultimo indirizzo, non sembra possa confermarsi l’indirizzo che reputa nulla, nella sostanza per impossibilità dell’oggetto, l’ordinanza comunale a demolire un manufatto abusivo in pendenza del predetto sequestro penale.
La decisione del TAR
Secondo i giudici del TAR, il primo è espressione di un orientamento minoritario e negli ultimi tempi recessivo, che non può più trovare accoglimento. Tale orientamento, infatti, non considera adeguatamente la peculiare natura del sequestro penale, “che non sottrae definitivamente il bene alla disponibilità del destinatario del comando (effetto da ricondursi solo alla successiva, eventuale, confisca), ma pone un vincolo cautelare e temporaneo alla possibilità di disporne da parte del titolare”.
Il sequestro penale dell’immobile, cioè, non si riflette sulla legittimità dell'ordinanza di rimessione in pristino. Nel caso di specie, infatti, il ricorrente avrebbe avanzato istanza di dissequestro (nel procedimento penale) che è stata rigettata ma lo stesso ricorrente sarebbe anche stato autorizzato dal Tribunale ad “accedere ai beni in sequestro al solo fine di realizzare la riduzione in pristino dello stato dei luoghi”. Riduzione in pristino che non è avvenuta.
Per tale motivo il ricorso è stato respinto.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Sicilia 7 novembre 2024, n. 3672