Condono edilizio: quando è ammessa la realizzazione di nuove opere?
È legittima la realizzazione di lavori su un manufatto quando non è dimostrabile l’unicità funzionale e strutturale in ambito strettamente urbanistico-edilizio del complesso in cui è inserito
Ogni manufatto, anche se appartenente ad un unico complesso aziendale, costituisce una res a sé stante qualora non sia possibile dimostrare l’unicità funzionale e strutturale del complesso in ambito strettamente urbanistico-edilizio.
Difatti, si chiarisce, è possibile considerare unitariamente le singole porzioni immobiliari dotate di autonomia funzionale solo se il complesso è stato realizzato come un unico fabbricato che, successivamente, è stato suddiviso.
Condono edilizio: quando nuovi lavori non sono una reiterazione degli abusi?
A spiegarlo è il TAR Lazio che, con la sentenza del 31 ottobre 2024, n. 19212, ha accolto il ricorso per l’annullamento del provvedimento di inefficacia della SCIA per opere facenti parte di un complesso sportivo e in relazione al quale era stato disposto il diniego di condono edilizio.
Nel dettaglio, la SCIA era stata richiesta per l’esecuzione di interventi di conversione di parte degli impianti adibiti al tennis in campi per la pratica del beach volley, consistenti nell’”adeguamento funzionale mediante posa di strato da cm. 40 di sabbia su superficie campo da tennis e installazioni impianti per il riscaldamento a pav. ed aria, posa stagionale di pallone pressostatico”.
Il Comune ne ha disposto l’inefficacia sulla base della precedente adozione di un diniego di condono edilizio, concernente la “preesistenza” sulla quale insistono le opere oggetto della segnalazione e, dunque, del noto principio in forza del quale qualsivoglia intervento edilizio su opere abusive ne ripete senz’altro il carattere di illiceità.
In particolare l'Amministrazione ha specificato che l'impianto sportivo era sito in un’unica particella catastale ed autorizzato da unica concessione edilizia, ed era quindi da considerare come unica unità immobiliare, con la conseguenza che, il venir meno della regolarità urbanistica delle preesistenze rappresentava “conditio sine qua non” per la realizzazione di qualsiasi intervento edile”.
Per il ricorrente sarebbe stata erronea la considerazione del Comune secondo cui diniego di condono, riguardante opere diverse da quelle oggetto della SCIA, era idoneo a spiegare effetti preclusivi anche in relazione a queste ultime.
Condono edilizio: la valutazione unitaria o meno di singole porzioni immobiliari
Una tesi condivisa dal TAR, secondo cui non è possibile in questi casi riscontrare il legame tra le diverse opere conseguite in forza del principio secondo cui qualsiasi intervento edilizio su opere abusive ripete senz’altro il carattere di illiceità dell’abuso principale.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, in tema di condono edilizio, è possibile compiere una valutazione unitaria di singole porzioni immobiliari dotate di autonomia funzionale, solo in caso di costruzione originaria di un unico manufatto che poi successivamente è stato suddiviso.
In particolare, si fa presente che, per compiere una valutazione globale di un unico complesso composto da diversi immobili, è necessario dimostrare la sussistenza di un’unicità funzionale e strutturale sul piano urbanistico-edilizio.
In merito viene specificato appunto che: “In tema di condono edilizio nel momento in cui l’abuso consista nella costruzione di un fabbricato che faccia capo ad un unico centro di interessi e che sia suddiviso in più unità immobiliari, ancorché dotate di autonomia funzionale, il limite volumetrico va riferito all’edificio nel suo complesso e non alle singole unità immobiliari di cui il medesimo si compone”.
Qualora non fosse possibile dimostrarlo, i manufatti devono
essere considerati singolarmente, anche se insistenti sulla
medesima particella.
Ne deriva che è del tutto privo di fondamento il principio
secondo cui l’Amministrazione ha disposto l’inefficacia della SCIA
in virtù del fatto che le opere insistono su un’unica particella e,
quindi, costituirebbero una prosecuzione indebita di
lavori per i quali era stato già disposto il diniego
del condono.
Se invece, come in questo caso, non fosse riscontrabile nel complesso un’unicità funzionale e strutturale sul piano urbanistico-edilizio - e quindi i lavori conseguiti mediante SCIA dovessero essere del tutto differenti e realizzati in epoca successiva rispetto a quelli oggetto di diniego della sanatoria - la considerazione andrebbe compiuta singolarmente e, di conseguenza, il diniego di condono risulterebbe inidoneo a spiegare effetti preclusivi in relazione alle altre opere compiute con la SCIA. Il ricorso dev’essere accolto.
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Sentenza