Costi della manodopera ribassati: necessaria la verifica dell'offerta

Oltre il rispetto dei minimi salariali, è onere dell'OE dimostrare che il ribasso proposto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale

di Redazione tecnica - 27/11/2024

Secondo quanto previsto dall’art. 41, comma 14, del d.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), l’offerta economica nella quale venga applicato il ribasso anche ai costi della manodopera non è esclusa dalla gara, ma è assoggetta alla verifica dell’anomalia, nella cui sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso proposto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali.

L’eventuale provvedimento di esclusione disposto dalla SA non è sindacabile dal Giudice Amministrativo s enon quando sia affetto da manifesta illogicità e irragionevolezza della decisione, che deve comuqnue seguire il contraddittorio tra OE e amministrazione.

Ribasso costi della manodopera: sì alla verifica dell'offerta

Torna a parlare di ribassabilità dei costri della manodopera e di verifica di anomalia dell’offerta il TAR Sicilia con la sentenza dell'11 novembre 2024, n. 3739, con cui ha specificato l’immanenza dei principi della fiducia e del risultato che sottendono alle decisioni operate dalla Stazione Appaltante rispetto alla decisone di escludere un Operatore in caso di offerta ritenuta anomala e non congrua.

Il caso in esame riguarda l’impugnazione del provvedimento di esclusione di un RTI, che aveva proposto un ribasso sull’importo a base di gara ritenuto anomalo dalla SA. I giustificativi proposti in fase di subprocedimento di verifica dell’anomalia non erano stati ritenuti congrui, motivo per l’Amministrazione aveva disposto l’esclusione dalla gara.

 

Verifica dell’anomalia dell’offerta: caratteristiche del procedimento

Nel valutare la questione il TAR ha ricordato che, per costante giurisprudenza, il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta è finalizzato all'accertamento dell'attendibilità e della serietà della stessa nel suo insieme e dell'effettiva possibilità dell'impresa di eseguire correttamente l'appalto alle condizioni proposte.

Tale procedimento non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto.

La finalità della verifica dell’anomalia dell’offerta è quella di evitare che offerte troppo basse espongano l’amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguente concreta probabilità di far sorgere contestazioni e ricorsi.

L’amministrazione deve, infatti, aggiudicare l’appalto a soggetti che abbiano presentato offerte che, avuto riguardo alle caratteristiche specifiche della prestazione richiesta, risultino complessivamente proporzionate sotto il profilo economico all’insieme dei costi, rischi ed oneri che l’esecuzione della prestazione comporta a carico dell’appaltatore con l’aggiunta del normale utile di impresa, affinché la stessa possa rimanere sul mercato.

La verifica mira, quindi, in generale, “a garantire e tutelare l’interesse pubblico concretamente perseguito dall’amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere”.

Il fulcro della disciplina sull’anomalia è il dialogo tra l’impresa e la stazione appaltante e costituisce un momento ineliminabile della stessa, posto che la finalità di tale fase procedimentale è quella di garantire all’offerente il diritto di illustrare le peculiarità che possano aver legittimamente portato all’anomalia.

Come costantemente ribadito, infatti, le disposizioni che impongono l’interlocuzione hanno lo scopo di garantire il concorrente dal pericolo di perdere l’aggiudicazione, a causa di una supposta anomalia dell’offerta “senza aver potuto dare tutte le giustificazioni del caso e senza che queste siano state debitamente prese in considerazione. Tali disposizioni hanno lo scopo di tutelare la concorrenza e dunque di evitare che gli enti appaltanti possano eluderla eliminando le offerte migliori sotto il pretesto dell’anomalia”. Solo in via indiretta e meramente fattuale la verifica dell’anomalia tutela, invece, l’interesse del secondo graduato a vedere escluso il concorrente che lo precede in graduatoria.

La richiesta di spiegazioni deve riguardare l’offerta nel suo insieme, poiché la valutazione di anomalia è riferita al dato complessivo e non a singole voci. In particolare, è stato precisato che “il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, e che pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo”.

La valutazione di anomalia dell'offerta costituisce tipica espressione della discrezionalità tecnica di cui l'amministrazione è titolare per il conseguimento e la cura dell'interesse pubblico ad essa affidato dalla legge: detta valutazione è di norma sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, illogicità, arbitrarietà o travisamento dei fatti.

In altri termini, il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni operate dalla stazione appaltante in ordine al giudizio di anomalia dell'offerta non può estendersi oltre l'apprezzamento della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, nonché della congruità della relativa istruttoria, essendo preclusa all'organo giurisdizionale la possibilità di svolgere un'autonoma verifica circa la sussistenza, o meno, dell'anomalia, trattandosi di questione riservata all'esclusiva discrezionalità tecnica dell'amministrazione; laddove, pertanto, le valutazioni dell'amministrazione in ordine alla congruità della offerta, pur in ipotesi opinabili, siano tuttavia motivate sotto il profilo tecnico discrezionale e fondate su dati, anche statistici, non manifestamente errati né travisati non può che concludersi per il rigetto della relativa impugnazione.

 

Ribasso costi della manodopera: quando e come è consentito

Ai sensi dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36 del 2023 “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Tale norma, secondo il TAR, deve essere interpretata in maniera coerente con:

  • l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36/2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;
  • l’art. 110, comma 1, dello stesso d.lgs. n. 36/2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.

Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14 dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta.

Una diversa lettura del quadro normativo di riferimento, visto nel suo insieme, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico, operando un ribasso, potrebbe dimostrare che quest’ultimo sia correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello per cui è causa, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante.

Tale eventualità, da ammettersi anche in quanto coerente con il principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., può concretizzarsi a condizione che questo “indiretto” ribasso dei costi della manodopera risulti coerente con una “più efficiente organizzazione aziendale” che l’operatore dovrà dimostrare in sede di verifica dell’anomalia, doverosamente promossa dalla stazione appaltante.

Ove si ritenesse, invero, che sussista un divieto indiscriminato di ribasso dei costi relativi alla manodopera, il risultato ultimo sarebbe quello di attribuire alla stazione appaltante il potere di standardizzare tali costi verso l’alto, mediante la sostanziale imposizione del CCNL dalla stessa individuato.

Con parere del 19 luglio 2023, n. 2154, il MIT ha chiarito che l’offerta economica non è costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera, ma deve includere quest’ultimo costo al suo interno; il costo della manodopera non può essere considerato un importo aggiuntivo ma fa parte dell’offerta ed è soggetto a verifica.

Trattasi di una lettura ermeneutica a cui aderisce anche l’ANAC, la quale, con delibera del 15 novembre 2023, n. 528 ha chiarito che:

La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, induce a ritenere che il costo della manodopera, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo”. Tale interpretazione del dettato normativo, continua l’Autorità di settore, “consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante negli atti di gara. Tra l’altro, solo seguendo tale impostazione, si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9, d.lgs. 36/2023) previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”.

Peraltro, la stessa ANAC, nel bando tipo n. 1/2023 (articolo 17), ha previsto che “l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera. Se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, d.Lgs. n. 36/2023”; evidenziando nella relativa nota illustrativa (punto 28) che: “ai sensi dell’articolo 41, comma 14, del codice, i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Tuttavia, è fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo derivi da una più efficiente organizzazione aziendale. Tali giustificazioni potranno essere richieste dalla stazione appaltante in occasione della verifica di anomalia, fermo restando il divieto di giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri di sicurezza”.

Da ciò discende che, alla luce di quanto previsto dal comma 14 dell’art. 41 del d.lgs. n. 36 del 2023, l’offerta dell’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera non è esclusa dalla gara, ma è soggetta alla verifica dell’anomalia, nella cui sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali.

Valutazione congruità offerta: il caso in esame

Nel caso in esame, l’Amministrazione aggiudicatrice ha previsto l’eventualità che i partecipanti alla gara riportino un costo della manodopera diverso da quello dalla stessa stimato in sede di lex specialis, sottoponendo l’offerta alla “valutazione ai fini della congruità”.

Con il provvedimento di esclusione l’Ente comunale resistente rileva che:

  • il RTI “non ha prodotto alcuna giustificazione in ordine al ribasso del 100% presentato in sede di gara…” e che “…la lunga disamina sul costo del lavoro non si sofferma mai esplicitamente a chiarire il ribasso del 100%. Per contro, si ammette che la somma per il costo del personale è pari ad € 750.379,50, così entrando in un contrasto logicamente insanabile con il ribasso del 100% che abbatte totalmente la somma a base d’asta che è pari a € 893.139,24”;
  • i riferimenti operati in sede di chiarimenti alla compressione del costo del lavoro, medianti sgravi fiscali, efficientamento aziendale, assorbimento del personale, non sono utili a spiegare il predetto ribasso, che “risulta, pertanto, privo di una concreta e plausibile giustificazione e quindi inidoneo a ritenere sostenibile l’offerta presentata, in base alla vigente normativa di settore”;
  • le giustificazioni “non forniscono alcun argomento finalizzato a giustificare economicamente il costo relativo alla c.d. offerta migliorativa, con la quale l’O.E. offre ben 20.200 ore lavorative aggiuntive che, secondo un calcolo approssimato in difetto corrisponderebbero a circa € 283.000,00 circa, in proporzione al numero di ore complessivo previsto in appalto”.

Secondo il TAR quindi la determinazione cui è giunta l’Amministrazione comunale non è caratterizzata da evidenti e macroscopici vizi di illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza o errore di fatto, in presenza dei quali è possibile censurare il giudizio di discrezionalità tecnica compiuto in sede di verifica di anomalia dell’offerta.

L’Ente ha dato una spiegazione analitica delle ragioni per le quali vengono ritenuti carenti le giustificazioni rese dal RTI, evidenziando che una consistente somma del prezzo offerto risulti priva di giustificazione.

Deve quindi affermarsi che la valutazione finale di non congruità cui è giunta l’Amministrazione procedente non sia manifestamente erronea, tenuto altresì conto che il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni operate dalla stazione appaltante in ordine al giudizio di anomalia dell'offerta non può estendersi oltre l'apprezzamento della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, nonché della congruità della relativa istruttoria, essendo preclusa all'organo giurisdizionale la possibilità di svolgere (autonomamente o a mezzo di consulenti tecnici) un'autonoma verifica circa la sussistenza, o meno, dell'anomalia, trattandosi di questione riservata all'esclusiva discrezionalità tecnica dell'amministrazione.

 

I principi della fiducia e del risultato nella valutazione dell’offerta

A ciò si aggiunge che il giudizio svolto dall'Amministrazione concerne l'affidabilità dell'offerta nel suo complesso ai fini della corretta esecuzione dell'appalto. Ritenendosi congrua l’istruttoria eseguita dall’Amministrazione, il Collegio non può sostituirsi all’esito cui è giunta quest’ultima al termine del proprio giudizio di anomalia, perché riservato, come predetto, alla sua esclusiva discrezionalità tecnica.

Tale impostazione, del resto, risulta altresì coerente con la ratio che pervade il nuovo impianto codicistico adottato in materia di contratti pubblici con il d.lgs. n. 36/2023, il quale erge, tra i suoi capisaldi, il c.d. principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 con il preciso fine di valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni oggetto di gara.

Tale principio-guida, pur ampliando i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, pone in capo alla stazione appaltante la responsabilità di svolgere le gare tenendo sempre presente, a prescindere dalla regolarità formale, che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica, o ad acquisire forniture o, come nel caso di specie, ad affidare dei servizi, nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento.

Proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” che l’appalto deve raggiungere, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36/2023, il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”. Il principio del risultato, in base al quale la tutela della concorrenza e del mercato non deve trasmodare in un pregiudizio per la causa finale e per l’oggetto diretto e principale della tutela approntata dalla disciplina di settore, è stato reso esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici ma costituisce, peraltro, un principio “già immanente nel sistema”.

Esso implica che il risultato che l’amministrazione deve perseguire debba essere “virtuoso”, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttività.

Se è vero che, nell’impostazione del nuovo Codice dei contratti pubblici l’amministrazione è chiamata a compiere la scelta più “virtuosa”, assicurando il “miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, deve allora ritenersi che a tale “miglior rapporto” tenda la valutazione resa dall’Amministrazione resistente a valle del procedimento di verifica di anomalia cui è stata sottoposta l’offerta presentata dal ricorrente.

 

La sentenza del TAR

Concludono quindi i giudici che la Stazione appaltante, con la propria decisione, ha mirato a tutelare i presidi di qualità ed efficienza del servizio che l’aggiudicataria della gara è chiamata a svolgere, mediante la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico cui la gara stessa deve tendere.

Il ricorso è stato quindi respinto: La presenza di ampi poteri valutativi di cui gode la Stazione appaltante nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, ad avviso del Collegio, non ha condotto a scelte che possano apparire manifestamente illogiche o irragionevoli, solo in presenza delle quali può estendersi il sindacato di questo organo giudicante.

Da tali evidenze tale organo della procedura ha tratto il convincimento, non manifestamente irragionevole e, quindi, non sindacabile da questo Collegio, che – mediante l’aggiudicazione dell’appalto in favore dell’operatore economico sottoposto al giudizio di anomalia – si determinasse il rischio di non ottenere il miglior risultato possibile, e, quindi, di ledere l’interesse pubblico sotteso all’indizione di una  procedura di affidamento. Ne deriva che il provvedimento di esclusione è pienamente legittimo.

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