Difformità parziali o totali: le sanzioni previste

La disciplina sanzionatoria degli abusi edilizi contempla tre fattispecie graduate secondo la loro gravità. Vediamole in dettaglio

di Redazione tecnica - 28/11/2024

La disciplina sanzionatoria degli abusi edilizi contempla tre fattispecie graduate secondo la loro gravità, per le quali è comunque prevista, almeno in via astratta, l’ingiunzione a demolire l’opera realizzata; anche per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria (c.d. fiscalizzazione dell’abuso).

Abusi edilizi: il TAR sulle sanzioni

A chiarire i termini per l’applicazione delle sanzioni relative ad abusi edilizi è l’interessante sentenza del TAR Sicilia dell’8 novembre 2024, n. 3089, con la quale il Collegio ha respinto il ricorso per l’annullamento di un ordine di demolizione (annullato solo parzialmente in autotutela dall’Amministrazione) relativo a opere realizzate in totale difformità rispetto alla concessione edilizia, per le quali era stata presentata istanza di sanatoria.

Secondo il ricorrente sarebbero stati violati gli artt. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e 49, comma 5, della L.R. Sicilia n. 71/1978; inoltre sarebbe stato leso il legittimo affidamento e il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all’art. 8 C.E.D.U. Per altro, l’art. 12 della legge n. 689/1981 sulle sanzioni amministrative sarebbe incostituzionale nella sua forma attuale, invocando l’estensione dei principi di personalità, colpevolezza e imputabilità anche ai provvedimenti sanzionatori adottati in materia edilizia.

 

Disciplina sanzionatoria abusi edilizi: le fattispecie previste

Preliminarmente il TAR ha ritenuto infondata la critica sull’inquadramento dell’abuso che, secondo il ricorrente, sarebbe stato realizzato in difformità solamente parziale rispetto al titolo edilizio e come tale sottoposto al più mite trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 (fiscalizzazione dell’abuso edilizio) e 49, comma 5, della L.R. Sicilia n. 71/1978.

Sul punto, ricorda il tribunale amministrativo palermitano, la disciplina sanzionatoria degli abusi edilizi contempla tre fattispecie graduate secondo la loro gravità, per le quali è comunque prevista, almeno in via astratta, l’ingiunzione a demolire l’opera realizzata:

  • l’ipotesi di interventi in assenza di permesso o in totale difformità;
  • l’ipotesi intermedia di variazioni essenziali dal titolo edilizio;
  • l’ipotesi residuale della parziale difformità da esso.

Al relativo accertamento consegue l’ingiunzione di demolizione delle opere.

In particolare, l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 disciplina gli abusi più gravi ed assimila alla vera e propria mancanza di permesso la difformità totale dell’opera rispetto a quanto previsto nel titolo, pur sussistente.

In base alla norma si è in presenza di:

  • difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione;
  • difformità parziale quando le ridette modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera.

Ai fini sanzionatori quindi:

  • per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, va senz’altro disposta la demolizione delle opere abusive;
  • per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria.

Nel caso in esame, sono contestati due abusi distinti, ma egualmente inquadrabili nella disciplina degli artt. 31 del d.P.R. n. 380/2001 e 49, comma 1, della L.R. Sicilia n. 71/1978.

In particolare l’ordinanza parla della realizzazione, in aderenza all’originario edificio, di una nuova struttura realizzata in assenza di qualsiasi titolo edilizio.

Accanto a questo, si contesta la stessa realizzazione in totale difformità da quanto consentito del fabbricato originario, per il quale la concessione era stata rialsciata, con la creazione un organismo edilizio integralmente diverso tanto per caratteristiche tipologiche e architettoniche, quanto per caratteristiche planovolumetriche.

L’intervento è stato perciò in parte realizzato in assenza di permesso di costruire, mentre per il resto si presenta in ogni caso del tutto eterogeneo rispetto al titolo originario, i cui confini sono stati travalicati al punto tale da non consentire di ricondurre i manufatti entro i limiti delle modifiche assentite nell’originaria concessione.

Del tutto correttamente il Comune ha perciò inquadrato entrambi gli interventi tra gli abusi disciplinati dagli artt. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 e 49, comma 1, della l.r. 71 del 1978, per i quali il legislatore ha previsto l’applicazione della sanzione demolitoria.

 

Demolizione opere abusive e diritto all'abitazione

Analogamente, non si può ritenere leso il legittimo affidamento maturato dalle ricorrenti, anche in considerazione dell’apprezzabile lasso temporale trascorso fra la realizzazione dell’abuso e l’attivazione del potere repressivo, nonché l’omessa considerazione dei bisogni abitativi, in violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all’art. 8 C.E.D.U.

Al riguardo, va richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso”.

Per un verso, dunque, la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio del potere di ripristino non è idonea a radicare alcun affidamento “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata.

Per altro verso, l’ordine di demolizione ha natura vincolata e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati.

Al riguardo, neppure giova invocare i principi secondo cui il diritto all'abitazione di cui all’ art. 8 C.E.D.U. - tra cui dovrebbe annoverarsi, nella lettura delle ricorrenti, anche l'abitazione abusiva - richiede una valutazione di proporzionalità, da parte di un Tribunale imparziale, tra la misura della demolizione e l'interesse del singolo al rispetto del proprio domicilio.

Nel caso in esame, le ricorrenti non hanno allegato alcuna circostanza pertinente da cui possa desumersi l’assenza di una soluzione abitativa alternativa e dunque la possibile compromissione del diritto di abitazione, così precludendo ogni concreto apprezzamento sul punto.

Ad ogni modo, la giurisprudenza amministrativa, nel declinare i principi enunciati dalla Corte E.D.U. nell’ambito del processo amministrativo, ha chiarito che la valutazione della proporzionalità della demolizione in considerazione delle reali condizioni di vita e di salute del trasgressore e della sua famiglia non incidono sulla legittimità del provvedimento repressivo sanzionatorio, che comunque costituisce strumento del potere vincolato che l’amministrazione deve esercitare in materia ai sensi dell’art. 27 d.P.R. 380/2001, ma attengono alla diversa fase dell’esecuzione di detto provvedimento, “condizionando l’attività dell’amministrazione competente ad eseguire l’ordine di demolizione attraverso la messa in campo di ogni più adeguato strumento di cautela e prudenza che deve manifestarsi idoneo a mitigare l’impatto pregiudizievole nel solo caso in cui sia obiettivamente dimostrato che il trasgressore e la sua famiglia versino in condizioni fisiche e materiali più che significativamente compromesse”.

 

La natura reale della sanzione demolitoria

Infine, il TAR ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con l’ultimo motivo di censura in relazione all’art. 12 della legge n. 689/1981, nella parte in cui non estende i principi di personalità, imputabilità e colpevolezza anche alla sanzione demolitoria, violando così il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

L'ordine di demolizione, diversamente dalle sanzioni amministrative disciplinate dalla legge 689 del 1981, non assolve ad una funzione punitiva, ma persegue una finalità riparatoria, in quanto mira a ripristinare l’ordine giuridico compromesso con l’abuso. La ratio, dunque, non è quella di sanzionare la condotta illecita dell’autore della violazione edilizia, bensì quella di eliminare le conseguenze dannose della condotta medesima, rimuovendo la lesione del territorio e ripristinando l'equilibrio urbanistico-edilizio voluto dalla disciplina di settore.

La natura reale differenzia pertanto la sanzione demolitoria dalle sanzioni amministrative con finalità punitiva disciplinate dalla legge 689/1981 e non consente di valorizzare lo stato soggettivo del destinatario, escludendo così l’irragionevolezza della disciplina.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati