Condono e autorizzazione paesaggistica: il Consiglio di Stato sul parere tardivo della Soprintendenza
No a dinieghi motivati solo per relationem, sulla base di pareri negativi e per altro resi oltre il termine previsto dalla normativa
È illegittimo il diniego di autorizzazione paesaggistica, laddove il provvedimento del Comune venga motivato solo per relationem rispetto al parere negativo di una Soprintendenza, reso oltre i 45 giorni previsti dalla normativa e, per altro, dopo che inizialmente l’Amministrazione si era espressa favorevolmente.
Autorizzazione paesaggistica: quando il diniego è illegittimo?
A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 4 novembre 2024, n. 8757, con cui ha accolto l’appello per l’annullamento del diniego di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per opere abusive, per le quali era stata presentata domanda di condono ai sensi della legge n. 724/1994 (c.d. “Secondo Condono Edilizio”).
In primo luogo, l’ufficio tecnico del Comune, acquisito il parere favorevole della commissione locale per il paesaggio, aveva redatto la relazione tecnica illustrativa ai sensi dell’art.146, comma 7, d.lgs. 42/2004, proponendo alla Soprintendenza l’adozione del provvedimento di autorizzazione, in conformità del parere della commissione, “trattandosi di opere di ristrutturazione o ampliamento di un vecchio fabbricato baraccale. Le opere realizzate non hanno conformato ostacolo delle libere visuali essendo il fabbricato sottoposto ad altri fabbricati di maggiore altezza”.
La Soprintendenza aveva invece espresso parere negativo dal momento che le opere abusive avevano alterato in maniera sostanziale il manufatto originario, realizzato dopo un sisma nel XIX secolo, con un sistema denominato “baraccato”, da tutelare perché considerato un metodo innovativo all’epoca per realizzare una costruzione antisismica.
Il Comune, recependo il parere negativo della Soprintendenza, reso oltre il termine di 45 giorni previsto dal comma 8 dello stesso art. 146 d.lgs. 42/2004, ha negato l’autorizzazione paesaggistica alla domanda di condono.
Il giudice di primo grado, dopo aver affermato che la non emissione del parere non aveva comportato la formazione di alcun silenzio-assenso, ha respinto il ricorso ritenendo che:
- il parere della Soprintendenza era esaurientemente motivato;
- il provvedimento del Comune non si era adeguato per la forza vincolante dl parere negativo, ma avesse espresso nuovamente una valutazione facendo proprie le argomentazioni della Soprintendenza che erano del tutto diverse da quelle che accompagnavano la proposta favorevole del Comune nel corso del procedimento.
Ne è scaturito l’appello, nel quale il ricorrente ha precisato che:
- il parere negativo della Soprintendenza era illegittimo, in quanto reso oltre il termine di 45 giorni, di cui all’art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42/2004, essendosi già perfezionato il silenzio assenso ex art.17 bis l. 241/1990. Quest’ultima disposizione sopravvenuta all’art. 146 troverebbe applicazione anche nelle materie c.d. “sensibili”, compresa quella paesaggistica, in ragione del criterio temporale da cui deriverebbe l’abrogazione implicita del precedente assetto normativo perché non risultano modificati né i volumi, né le superfici, trattandosi solo di opere interne per le quali era mancata la denuncia di attività e passibili di una richiesta di sanatoria ex art. 37 d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Inoltre l’istituto del silenzio assenso, sarebbe applicabile al procedimento di autorizzazione paesaggistica, trattandosi di un procedimento “polistrutturato”, in cui le due amministrazioni coinvolte condividono la medesima funzione decisoria, che avrebbe natura sostanziale;
- nel parere della Soprintendenza non sarebbe stata resa una motivazione esauriente: sostenere che l’edificio costituisca una testimonianza da tutelare costituisce una motivazione apparente poiché esso non ha mai formato oggetto di speciale protezione attraverso l’adozione di un provvedimento di vincolo storico-artistico-monumentale ai sensi degli artt. 21 e ss. del d.lgs. n. 42/2004;
- Il Comune avrebbe reso il parere soltanto per relationem, e in contrasto con quanto precedentemente dichiarato.
Consiglio di Stato: no al diniego motivato solo per relationem
Il Consiglio ha dato ragione al proprietario dell’immobile: per prima cosa ha ricordato che quando la Soprintendenza si esprime con ritardo rispetto al termine che l’art. 146 d.lgs. 42/2004 le assegna, il Comune non è più vincolato a decidere in conformità al parere, ma deve decidere in autonomia anche condividendo le conclusioni cui è giunta tardivamente la Soprintendenza, purché motivi sulle ragioni per cui aderisce al parere dell’organo ministeriale.
Diversamente, il provvedimento diventa illegittimo se il Comune aderisce alle conclusioni negative della Soprintendenza limitandosi a motivare per relationem.
Ed è quello che è successo nel caso in esame: iI diniego di autorizzazione paesaggistica ha preso semplicemente atto del parere negativo definitivo della Soprintendenza, addirittura dopo aver riportato il parere favorevole della Commissione per il paesaggio, senza argomentare perché aveva ritenuto più fondato il parere negativo della Soprintendenza rispetto a quello favorevole espresso dal suo organo consultivo.
Ne deriva la sua illegittimità, con conseguente accoglimento dell’appello e annullamento del provvedimento impugnato.
Documenti Allegati
Sentenza