Ristrutturazione e risanamento conservativo: le differenze
In pendenza di istanza di condono, la qualificazione dell'intervento diventa fondamentale al fine di individuare un'eventuale prosecuzione indebita dei lavori
A differenza degli interventi solo manutentivi, gli interventi di ristrutturazione possono comportare la trasformazione, in tutto o in parte, dell’organismo edilizio precedentemente esistente.
La categoria del risanamento conservativo non può invece comprendere modifiche sostanziali all’immobile e all’assetto edilizio e, senza dubbio, non contempla la possibilità di condurre ampliamenti che vadano ad alterare qualitativamente e quantitativamente un fabbricato oggetto di istanza di condono pendente.
Ristrutturazione e risanamento conservativo: quali differenze
A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 19 novembre 2024, n. 9271, che rigetta un ricorso per l’annullamento del diniego di due istanze di condono edilizio per opere di ristrutturazione edilizia “pesante” conseguite senza titoli all’interno di un’area soggetta a vincoli di tutela paesaggistica ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Si chiarisce in particolare che:
- la ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) comprende l’esecuzione di interventi di ripristino o sostituzione di elementi costitutivi dell’edificio, nonché l’eliminazione, la modificazione e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.
- gli interventi di ristrutturazione edilizia includono inoltre la trasformazione radicale degli edifici, mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Ed è proprio tale condizione che li distingue dagli interventi di risanamento conservativo di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) del TUE.
Le opere di restauro e risanamento conservativo, infatti, sono finalizzate esclusivamente a garantire la conservazione e la funzionalità dell’organismo edilizio, e devono essere condotte nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dello stesso.
Possono anche comprendere la modifica della destinazione d’uso del fabbricato, sempre però rispettandone gli elementi caratteristici, e a patto che i lavori risultino conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali e ai piani attuativi territoriali.
È chiaro quindi che il risanamento conservativo non può in alcun modo contemplare opere finalizzate a modificare in modo sostanziale l’assetto edilizio preesistente, e non ammette ampliamenti di superfici e volumi.
Condono edilizio: no ad ampliamenti in area vincolata
Nel caso in esame, sono state realizzate, senza titoli e in area tutelata da vincoli paesaggistici, delle opere di ampliamento che hanno determinato un aumento di più del doppio della superficie dell’immobile preesistente; immobile che era oggetto delle due istanze di sanatoria richieste dal precedente proprietario ai sensi della Legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio) e del DL n. 269/2003 convertito nella Legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio).
Le ulteriori opere conseguite in seguito alla presentazione delle istanze di condono, per pacifica giurisprudenza, si configurano come prosecuzione indebita degli illeciti già conseguiti e, come tali, sono da ritenersi abusivi al pari dell’immobile originario.
In questo caso, nello specifico, oggetto della prima istanza era un manufatto al piano terra di circa 16 mq, al quale è stata poi aggiunta un’altra stanza di oltre 19 mq, che è stata integrata nella seconda istanza di condono nel 2004, per un immobile che quindi risultava complessivamente di 35 mq circa.
Con la prosecuzione indebita delle opere messa in atto dal proprietario attuale, ad oggi, il fabbricato ha una superficie di oltre 80 mq e risulta dislocato su duplice livello, configurandosi dunque come qualitativamente e quantitativamente diverso rispetto a quello indicato nelle due istanze di condono.
Gli interventi hanno comportato infatti la totale trasformazione dell’organismo edilizio preesistente, e sono qualificabili quindi come opere di ristrutturazione edilizia “pesante” - per le quali risultava obbligatorio il Permesso di Costruire ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c) del TUE - che hanno portato alla totale difformità tra il fabbricato nello stato attuale e quello oggetto delle istanze di condono.
Il Terzo Condono Edilizio non può essere rilasciato per interventi di nuova costruzione o ristrutturazione eseguiti illecitamente in area vincolata, pertanto il ricorso dev’essere rigettato.
Documenti Allegati
Sentenza