Superbonus e professionisti: cosa fare se il committente non paga
Una recente sentenza dimostra quanto sia fondamentale raccogliere prove del proprio esatto adempimento e individuare le pattuizioni intercorse con il cliente
I tempi del Superbonus al 110% sembrano ormai un lontano ricordo, ma la maxi-detrazione edilizia non smetterà di far parlare di sé negli anni a venire, in cui dovranno essere gestiti i suoi “strascichi”. Oltre a non essere ancora del tutto uscito di scena (la sua scadenza, sebbene con aliquota ridotta al 65%, è ad oggi fissata al 31 dicembre 2025), il beneficio fiscale ha sempre richiesto per la sua fruizione l’espletamento di passaggi numerosi e delicati, tanto legali/burocratici che tecnico-edilizi, rendendosi necessaria la chiamata a rapporto di diverse figure professionali per la gestione della pratica.
In tutti questi passaggi, non di rado sono sorti attriti e incomprensioni, che a vario titolo hanno incrinato i rapporti tra i soggetti coinvolti, in modo tale – spesso – da portarli fino alle aule di giustizia.
Certe situazioni, poi, sono più complesse di altre, banalmente perché le “fasi” della pratica Superbonus sono di più. Si pensi, ad esempio, a quando ad essere committente dei lavori è una compagine condominiale, caso nel quale prima ancora di dare inizio ai lavori, incaricando un’impresa appaltatrice, bisogna valutare in assemblea proposte e progetti, basati spesso su studi di fattibilità costosi, soprattutto se l’edificio condominiale è di grandi dimensioni.
I problemi “post-Superbonus”, insomma, non si limitano ai casi estremi di imprese latitanti o lavori realizzati in maniera disastrosa, poiché anche un ritardo nell’esecuzione di una prestazione professionale può indignare il committente, che non di rado si rifiuta di versare il corrispettivo pattuito.
È proprio di tale situazione che si è occupato il Tribunale di Imperia nella causa n. 587/2023 RG, giungendo a una sentenza che può essere d’aiuto a molte realtà professionali.
Chi lavora “bene” deve essere pagato
Con una sentenza dello scorso 18 settembre, il Tribunale di Imperia ha accolto il ricorso di una Società di ingegneria che, dopo aver ricevuto da un condominio l’incarico di svolgere uno studio di fattibilità in relazione ad interventi edilizi agevolabili con Superbonus, non ha ricevuto il pagamento pattuito.
Il condominio, committente di tale attività professionale, infatti, lamentava innanzitutto che l’elaborato consegnato dalla società non consistesse in un progetto esecutivo cantierabile.
In sostanza, il condominio ha contestato un inadempimento rispetto ai suoi obblighi. Tale elemento, tuttavia, non può essere valutato in generale, ma alla luce dei patti intercorsi tra le parti. Nel caso di specie, il contratto con cui il condominio incaricava la società prevedeva unicamente prestazioni preliminari alla realizzazione degli interventi, come rilievi, verifiche sulla conformità urbanistica e diagnosi sismica ed energetica. Il Giudice, pertanto, ha ritenuto che la natura non esecutiva dell’elaborato consegnato rispettasse quanto descritto nel contratto, avendo accertato anche che la società aveva svolto tutte le prestazioni elencate a regola d’arte.
Per fare ciò, nel dettaglio, il Tribunale si è basato sulle dichiarazioni di vari testimoni presenti nei giorni in cui sono avvenuti i rilievi nell’edificio, nonché su una serie di PEC contenenti gli esiti dello studio di fattibilità, che dimostrano l’esatto adempimento dei professionisti.
Occhio alle scadenze “non essenziali”
Un ulteriore elemento che ha portato il condominio a scegliere di negare il versamento del corrispettivo è stato l’asserito ritardo della società nello svolgere la prestazione dovuta, dato che l’elaborato tecnico che le era stato commissionato veniva consegnato oltre i 60 giorni previsti dal contratto.
Ebbene, neanche questo dato di fatto ha impedito alla società di ricevere il pagamento che le spettava. Secondo il Tribunale, infatti, tale termine di 60 giorni non risulta essere “essenziale” in concreto, nel senso che le parti lo hanno inteso come non del tutto vincolante. A tale conclusione, in particolare, il Giudice è giunto considerando i comportamenti pratici dei contraenti, soprattutto del condominio, il quale ha consentito l’effettuazione degli ultimi rilievi in una data successiva alla scadenza, consegnando altresì dopo i 60 giorni la documentazione che serviva ai professionisti per le verifiche urbanistiche.
Insomma, se nei fatti è il committente a non permettere il rispetto dei termini pattuiti, ciò significa che tali termini non sono vincolanti per il corretto svolgersi della prestazione, e se questa viene consegnata dopo la scadenza vi è comunque diritto al pagamento.
Come fare
In sostanza, ciò che emerge dalla sentenza appena ripercorsa è che ogni situazione presenta le sue particolarità. Non esiste, cioè, un unico modo di muoversi nel caso in cui un cliente si rifiuti di pagare la parcella, poiché tutto dipende da quanto pattuito, nonché da come si è svolta in concreto la prestazione.
È evidente, allora, quanto sia importante redigere con attenzione il contratto di incarico professionale che si intende sottoscrivere, e monitorare l’intero andamento del rapporto in ogni sua fase, raccogliendo e conservando ogni elemento che possa dimostrare il proprio esatto adempimento nell’ipotesi in cui questo venga contestato.
Simili cautele, tra l’altro, possono essere fondamentali anche per la tutela del committente. Nel caso in cui i ruoli siano “invertiti”, infatti, vale a dire quando effettivamente la prestazione professionale che si è ricevuta non è soddisfacente, sarà sempre in base ai contenuti del contratto con cui si conferisce l’incarico e al modo in cui il professionista ha eseguito il lavoro che sarà possibile eccepire il suo inadempimento ed evitare – legittimamente – di versare il corrispettivo, aprendosi anche la strada per il risarcimento degli eventuali danni patiti in conseguenza.
A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate all’edilizia e
di contenziosi civili
www.cristianangeli.it