Correttivo Codice Appalti, salta l’equo compenso per i professionisti
Dal Consiglio di Stato una bocciatura procedurale per il nuovo correttivo ma anche considerazioni sulle modifiche al compenso per i professionisti dell’area tecnica
Non chiamatelo più “equo compenso”, almeno quello disciplinato dalla Legge n. 49/2023. Alla fine può essere riassunto in questo modo il parere del Consiglio di Stato sulle modifiche apportate all’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti), con specifico riferimento ai commi riservati al compenso dei professionisti dell’area tecnica.
Correttivo Codice dei contratti: procedure da rivedere
Preliminarmente occorre rimarcare la premessa del Parere del Consiglio di Stato che risulta essere una complessiva bocciatura del modus operandi utilizzato dal Governo per l’approvazione del Decreto Legislativo di modifica del Codice dei contratti, oltre che di molti dei suoi contenuti.
Modalità che avrebbero dovuto essere in linea con quanto stabilito dalla Legge delega n. 78/2022 ma che in realtà se ne discostano parecchio oltre a palesare alcuni difetti di forma.
La prima criticità evidenziata dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato è relativa alla procedura utilizzata dal Governo. L’art. 1, comma 4, della Legge n. 78/2022 ha scandito puntualmente i passi da rispettare sia per la redazione del Codice dei contratti che per l’approvazione di eventuali correttivi entro 2 anni dalla sua entrata in vigore.
Sul correttivo, il penultimo periodo del citato comma 4, art. 1, Legge n. 78/2022 dispone: “Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può apportarvi le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo”.
Il Consiglio di Stato si è concentrato sull’inciso “la stessa procedura” rilevando un “obiettivo margine di ambiguità”. L’art. 1, comma 4, della delega dispone che per la redazione del Codice il Governo possa intervenire:
- direttamente, predisponendo lo schema di D.Lgs.;
- indirettamente, avvalendosi dell’apporto consultivo e redazionale del Consiglio di Stato.
Il problema, legittimo, posto dal Consiglio di Stato è se questa alternativa possa valere anche per la redazione del correttivo o se lo stesso debba utilizzare la stessa procedura scelta per la redazione del Codice.
Un dubbio rilevante sul quale il Consiglio di Stato conclude “si ritiene non inopportuno segnalare il rischio, potenzialmente rilevante ai fini di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione, e relativo alla circostanza che la redazione del Codice, e la sua integrazione e correzione, siano state, in concreto, operate, in parte, seguendo procedure sostanzialmente diverse”.
Altro aspetto di natura procedurale riguarda la mancata acquisizione del parere della Conferenza Unificata prima dell’invio del testo del correttivo al Consiglio di Stato. Una procedura dubbia in considerazione che la delega dispone la “previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e del parere del Consiglio di Stato”.
Secondo la Commissione speciale del Consiglio di Stato, il parere della Conferenza Unificata “integra adempimento procedimentale necessario e, per giunta, logicamente e positivamente preventivo rispetto al parere del Consiglio di Stato, che deve essere reso su un testo normativo definito e non in fieri”.
Ad ogni modo, sul punto il Consiglio di Stato ha solo confermato che per l’approvazione definitiva del testo serva la relativa acquisizione dei pareri previsti dalla delega.
Compensi professionali: non si applica l’equo compenso
Come scritto in premessa “non chiamatelo più equo compenso”. Perché se è vero che le modifiche introdotte dal Correttivo potranno essere utili per chiudere l’annosa querela sul coordinamento normativo tra il D.Lgs. n. 36/2023 e la Legge n. 49/2023, è altrettanto chiaro (e lo conferma il Consiglio di Stato) che l’equo compenso non corrisponderà più alla definizione di cui all’art. 1 della stessa Legge n. 49/2023.
Appare utile ricordare, infatti, che il citato art. 1 definisce “equo compenso” la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente:
- per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
- per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
- per i professionisti di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’articolo 2 della medesima legge n. 4 del 2013.
Per i servizi di architettura e ingegneria, dunque, il compenso è equo solo se conforme al DM 17/06/2016 (c.d. Decreto Parametri) che, com’è noto, suddivide l’importo da porre a base di gara tra “compenso” e “spese e oneri accessori”.
Sul tema la giurisprudenza non è riuscita a formare un orientamento consolidato perché si è suddivisa tra giudici che:
- ammettevano il ribasso delle “spese e oneri accessori” ma non della voce “compenso”;
- confermavano la specialità del Codice dei contratti, rilevando la non applicabilità della Legge n. 49/2023 per i servizi di architettura e ingegneria.
Il correttivo ha proposto una soluzione “ibrida” prevedendo la non applicabilità dell’equo compenso così come stabilita dalla Legge n. 49/2023 e al contempo un sistema volto a calmierare i ribassi.
Equo compenso: cosa prevede il correttivo
Entrando nel dettaglio, il Parere del Consiglio di Stato rileva che:
- con la soppressione del secondo periodo, comma 15, art. 41, del Codice è stata necessaria perché incompatibile con i criteri indicati nei successivi commi inseriti dal correttivo;
- il comma 15-bis, richiamando il principio di concorrenza tra gli operatori economici e il divieto di affidamento di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito, stabilisce che i corrispettivi determinati secondo le modalità dell’allegato I.13 (concernente la “determinazione dei parametri per la progettazione”) sono utilizzati dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro, comprensivo dei compensi, nonché degli oneri e delle spese accessori, fissi e variabili;
- lo stesso comma 15-bis introduce una disciplina organica dell’aggiudicazione dei contratti per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, prevedente il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del migliore rapporto qualità/prezzo nel rispetto dei seguenti criteri: a) per il 65 per cento dell’importo, l’elemento relativo al prezzo assume la forma del prezzo fisso; b) il restante 35 per cento dell’importo da porre a base di gara può essere assoggettato a ribasso in sede di presentazione delle offerte;
- il comma 15-ter mantiene ferme le disposizioni in materia di esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’articolo 54 e all’allegato II.2, confermando che agli affidamenti per tali prestazioni professionali si applicano le norme sulla verifica di anomalia dell’offerta;
- il comma 15-quater, con riferimento all’affidamento diretto dei servizi di ingegneria e di architettura (anche senza consultazione di altri operatori), di importo inferiore a 140.000 euro, prevede inoltre che i corrispettivi, stabiliti secondo le modalità dell’allegato I.13, possono essere ridotti in percentuale non superiore al 20%, in tal modo chiarendo il range di sistemica compatibilità con il principio del compenso equo, previsto dall’articolo 8, comma 2, del Codice.
Sulle modifiche introdotte dal correttivo sul compenso dei professionisti, il Consiglio di Stato propone una distinzione chiara tra le spese e oneri accessori, fissi e variabili, riformulando le parole “degli oneri e delle spese accessori, fissi e variabili” sono sostituite dalle seguenti: “delle spese e degli oneri accessori, fissi e variabili”.
Infine, e non posso che essere d’accordo, il Consiglio di Stato chiarisce che secondo le nuove disposizioni previste dal correttivo, “sembrano invero utili ad inferire che nella materia dei contratti pubblici non si applica la disciplina in materia di “equo compenso delle prestazioni professionali” di cui alla legge 21 aprile 2023, n. 49, vigendo la suesposta disciplina speciale”.
In definitiva si può dire che con il correttivo viene chiusa la querelle tra il Codice dei contratti e la Legge sull’equo compenso e che quest’ultimo non è più applicabile all’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria.
Sarà un compenso meno equo (almeno non come quello definito dalla Legge n. 49/2023) e più proporzionato alle necessità di riduzione della spesa pubblica. Una scelta di natura “politica” apprezzata da gran parte dei commentatori che probabilmente (ma questo è un mio giudizio personale) non hanno ancora chiaro il ruolo sociale e l’importanza dei professionisti a cui negli ultimi 15 anni hanno continuamente tolto e mai aggiunto.