Totale, parziale difformità e variazioni essenziali: cosa dice il Testo Unico Edilizia

La versione post Salva Casa del Testo Unico Edilizia contiene un pericoloso vuoto normativo che potrebbe condurre a nuovi estenuanti ricorsi

di Gianluca Oreto - 04/12/2024

La Parte I, Titolo IV, Capo II, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), nel disciplinare l’attività sanzionatoria delle difformità/abusi edilizi (oltre che la loro possibilità di sanatoria), contempla 3 differenti fattispecie graduate in funzione della loro gravità.

Difformità edilizie: dallo stato legittimo all’abuso

Preliminarmente, occorre osservare che ai sensi della rinnovata definizione di cui all’art. 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia (TUE) post Legge n. 105/2024 di conversione con modifiche del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), lo stato legittimo è oggi desumibile in differenti modalità a seconda che l’immobile sia stato realizzato in epoca nella quale era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio oppure no.

Nel primo caso, lo stato legittimo è stabilito dal titolo abilitativo:

  • che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa;
  • oppure rilasciato o “assentito” (formulazione poco felice del legislatore) che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato “l'intero immobile o l'intera unità immobiliare”, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi (altra formulazione poco felice), integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

A seguito delle modifiche introdotte dal Salva Casa, il legislatore ha espressamente definito i titoli da cui è possibile ricavare lo stato legittimo ovvero quelli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli:

  • 34-ter - Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo;
  • 36 - Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità;
  • 36-bis - Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali;
  • 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato;

Inoltre, alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare adesso concorre il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli:

  • 33 - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  • 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • 37, commi 1, 3, 5 e 6 - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività;
  • 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato;

e la dichiarazione di cui all'articolo 34-bis (Tolleranze costruttive).

Nel secondo caso (immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio), lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Tale ricostruzione è applicabile anche ai casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.

Ricostruito lo “stato legittimo”, la verifica di conformità edilizia e urbanistica dovrà confermare che questo è rispettato “in concreto”, esistendo una perfetta corrispondenza tra lo stato di fatto (reale) e quello legittimo (di progetto).

Le 3 difformità edilizie “più una”

Prima di addentrarci nel concetto di “difformità”, ricordiamo che qualsiasi intervento edilizio (anche libero) deve rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, oltre che le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia (norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio).

Ciò premesso, ogni differenza tra lo stato legittimo e quello di fatto, fatta esclusione delle tolleranze (già indicate nella ricostruzione dello stato legittimo stesso) corrisponde ad una difformità edilizia sulla quale il d.P.R. comprende 3 casistiche più una.

La “più una” è quella relativa agli interventi realizzati in assenza di comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), ovvero quelli non riconducibili all'elenco di cui agli articoli 6 (Attività edilizia libera), 10 (Interventi subordinati a permesso di costruire) e 22 (Interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio di attività).

In questo caso, pur essendo in presenza di una difformità edilizia, non si può parlare di un vero e proprio “abuso” in considerazione del fatto che l’art. 6-bis, comma 5, del TUE dispone solo l’applicazione di una sanzione pecuniaria di 1.000 euro che può essere ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione.

Le altre 3 difformità edilizie sono relative agli interventi realizzati:

  • in totale difformità;
  • con variazioni essenziali;
  • in parziale difformità.

L’art. 31, comma 1, del TUE, definisce gli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire “quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”.

L’art. 32 del TUE definisce le condizioni per le quali ricorre l’essenzialità, rimandando alle Regioni il compito di stabilire quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato.

Gli articoli 33 e 34 del TUE definiscono cosa fare rispettivamente per:

  • gli interventi e le opere di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 10, comma 1, eseguiti in assenza di permesso o in totale difformità da esso;
  • gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire.

Difformità totali, parziali e variazioni essenziali

Nessun articolo del Testo Unico Edilizia definisce, invece, cosa si intenda per “parziale difformità”. Una mancanza che nel corso degli anni è stata colmata dalla giustizia amministrativa (ad es. si veda la sentenza del TAR Sicilia dell’8 novembre 2024, n. 3089) ma sulla quale si sente sempre più l’esigenza di un intervento del legislatore, anche e soprattutto per individuare correttamente la procedura da seguire per l’eventuale sanatoria.

Secondo l’interpretazione dei giudici amministrativi, si possono distinguere i seguenti casi:

  • difformità totale, si verifica quando i lavori realizzano un'opera diversa da quella prevista nel titolo di concessione, in termini di conformazione, struttura, destinazione o ubicazione;
  • difformità parziale, si riscontra quando le modifiche riguardano aspetti particolari e non essenziali della costruzione, manifestandosi in differenze qualitative e quantitative che non alterano le strutture fondamentali dell’opera.

Definizioni all’interno delle quali va contemplata la “variazione essenziale”.

Le sanzioni e le possibilità di sanatoria

Ai fini delle sanzioni:

  • per gli interventi realizzati senza permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, è prevista la demolizione obbligatoria delle opere abusive;
  • per gli interventi eseguiti in parziale difformità rispetto al permesso di costruire, la norma dispone la demolizione, salvo il caso in cui questa non sia possibile senza compromettere la parte conforme; in tal caso, si applica una sanzione pecuniaria.

A seconda che si tratti di difformità totali, parziali o variazioni essenziali, il d.P.R. n. 380/2001 contempla l’accertamento di conformità ai sensi:

  • dell’art. 36, riservato alle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità;
  • dell’art. 36-bis, che riguarda le ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali.

(In questo approfondimento non parliamo dei nuovi casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo di cui al nuovo art. 34-ter del TUE.

Nell’attesa che arrivi la “mini-guida” del MIT a chiarire l’ambito di applicazione delle novelle previste dal Salva Casa, è chiaro che la differenza tra “difformità totale” e “difformità parziale” risulta avere un maggiore rilevanza nella scelta della procedura di sanatoria da attivare, soprattutto in considerazione delle enormi differenze tra quella ordinaria di cui all’art. 36 e quella semplificata di cui all’art. 36-bis.

Il rischio, infatti, è che la non corretta classificazione dell’abuso o le divergenze interpretative tra chi presenta la pratica (il libero professionista) e chi la deve istruire (il tecnico della P.A.) possano condurre a nuovi ed estenuanti ricorsi per i prossimi decenni. Possibilità da scongiurare!

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