Piscina, pertinenza o nuova costruzione? Le nuove coordinate del CGARS
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa propone l’applicazione di parametri univoci per superare una questione dibattuta in ambito di abusi edilizi
Potrebbe essere destinata a fare scuola, la recente sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana del 26 novembre 2024, n. 926, in relazione alla qualificazione di una piscina come pertinenza o come nuova costruzione.
Qualificazione piscina: quando è una pertinenza o una nuova costruzione?
Si tratta di un’annosa questione che ha spesso visto contrapporsi due diversi orientamenti, con l’affermazione in tempi più recenti, di quello più “morbido”, a cui il CGARS ha inteso conformarsi nella pronuncia in esame, proponendo però alcune interessanti coordinate ermeneutiche per la definizione del manufatto.
Il caso riguarda l’appello contro l’ordine di demolizione di una piscina, ricavata da una vasca cisterna interrata, di lunghezza inferiore a 12 metri e che per l’Amministrazione comunale era abusiva in quanto realizzata senza titolo edilizio. Una tesi che era stata confermata dal TAR, secondo cui il manufatto non era qualificabile come pertinenza, “integrando piuttosto, in relazione alla sua consistenza modificativa e trasformativa dell’assetto del territorio, gli estremi della nuova costruzione e postulando, pertanto, il previo rilascio di un idoneo titolo edificatorio”.
Di diverso avviso i giudici d’appello, che hanno appunto evidenziato un orientamento giurisprudenziale non del tutto univoco, condividendo quello secondo cui, per distinguere tra la qualificazione della piscina quale nuova opera edilizia, ovvero invece quale pertinenza, non ci si debba affidare ad astratte affermazioni di principio, ma sia necessario esaminare, volta per volta, le specifiche caratteristiche e dimensioni delle opere in scrutinio.
Dimensioni piscina: come calcolarle?
In particolare, il CGARS ha richiamato le indicazioni del Consiglio di Stato secondo cui:
- “l'installazione di una piscina di non rilevanti dimensioni rientra nell'ambito delle pertinenze e non integra violazione né degli indici di copertura né degli standard, atteso che non aumenta il carico urbanistico della zona e che i vani per impianti tecnologici sono sempre e comunque consentiti.
- in tale ottica, in linea generale una piscina realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa non possiede un'autonomia immobiliare, ma deve considerarsi quale pertinenza dell'immobile principale esistente, essendo destinata a servizio dello stesso”.
Inoltre assumono rilievo dirimente le dimensioni della piscina: che, secondo un orientamento consolidato, risulterà di natura pertinenziale solo qualora esse possano considerarsi “non rilevanti”. Ciò in quanto, secondo la prevalente giurisprudenza, per essere considerata pertinenziale la piscina deve essere di “non rilevanti dimensioni” (meglio ancora, se di dimensioni contenute, o “piccole”).
Tuttavia, ai fini della valutazione della “rilevanza” delle misure delle piscine, il CGARS ritiene che la più appropriata unità di misura non sia il metro quadrato (ossia la superficie dello specchio acqueo), bensì il metro lineare (vale a dire la lunghezza del massimo segmento di retta percorribile da un nuotatore tra i due punti più distanti della piscina).
Il criterio della superficie, per il Collegio, non è perspicuo, rispetto alla finalità di verifica della pertinenzialità che si è chiamati a svolgere, tenuto conto anche del fatto che le piscine non sempre hanno la forma di un quadrato o di un rettangolo.
La principale critica concettuale che sembra corretto riferire all’impostazione che assume la superficie totale, anziché la lunghezza massima a parametro della “rilevanza” della grandezza di una piscina muove dalla preliminare considerazione che il carattere di pertinenzialità di una piscina va ancorato, essenzialmente, alla sua inidoneità al nuoto agonistico, preagonistico o anche solo amatoriale: ove una piscina, in ragione delle sue contenute dimensioni, sia del tutto priva di tale attitudine, essa non può svolgere altre funzioni che quelle di ornamento, o di commoditas, della cosa principale (di norma costituita da un’unità residenziale), in quanto ne migliora la godibilità estetica o anche climatica, ma restando comunque priva di un’autonoma sfruttabilità economico-sociale.
“In altri termini, finché una piscina – in ragione delle sue contenute dimensioni – sia inadatta al nuoto, anche amatoriale, ma unicamente sia idonea a consentire all’utilizzatore della cosa principale di rinfrescarsi o di sguazzare con intento esclusivamente ludico, ritiene il Collegio che essa non ecceda la funzione pertinenziale (anche in senso urbanistico) rispetto alla costruzione principale”.
Proprio per questo si propone di sostituire alla misura della superficie totale quella della massima distanza percorribile in linea retta da un nuotatore.
Il concetto di pertinenzialità
Importante è anche il collegamento al concetto di pertinenza che, secondo il Testo Unico Edilizia n. 380/2001, è ancorato a specifici elementi descrittivi che devono sussistere cumulativamente.
Un’opera, per definirsi pertinenziale, deve essere:
- strettamente funzionale all’edificio principale (a suo esclusivo ornamento o a sua maggiore comodità);
- attigua a tale edificio con cui deve avere in comune l’accesso
- integrata anche architettonicamente o esteticamente con l’edificio che è destinata a servire
- non autonoma, nel senso che non deve costituire una nuova unità immobiliare idonea ad aumentare il carico edilizio che grava sul territorio né deve essere idonea a produrre un’autonoma utilità economico-funzionale.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che le caratteristiche appena accennate possano rinvenirsi solo in opere di dimensioni contenute; in particolare, ribadendo una costante giurisprudenza, esso ha puntualizzato che “il concetto di pertinenza urbanistica è più ristretto rispetto di quello civilistico ed è applicabile solo ad opere di modesta entità che risultino accessorie rispetto ad un’opera principale e non a quelle che, da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera principale e non siano coessenziali alla stessa”.
Con riferimento alla possibilità di qualificare quale pertinenza una piscina attigua all’immobile principale, il Consiglio di Stato ha sostanzialmente ritenuto dirimente la grandezza della stessa, ribadendo che solo le piscine di “ridotte” dimensioni possono pretendere, in presenza delle altre caratteristiche indicate, di essere considerate quali pertinenze: né la piscina deve ricadere su un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dall’edificio servito.
È questo l’orientamento ormai prevalente, che si contrappone a quell’altro che, con un rigore forse eccessivo, esclude in radice la possibilità che una piscina, prescindendo dalle sue dimensioni, possa essere considerata pertinenza.
Viceversa, la giurisprudenza meno rigorosa, pur nel ribadire costantemente la necessità che le dimensioni dello specchio d’acqua siano modeste, non ha comunque indicato bene il criterio alla stregua del quale si debba determinare, a priori, se e quando l’opera possa considerarsi di “modeste dimensioni”, facendo ricorso unicamente alla misurazione superficiale della stessa e – soprattutto – rimettendo tale giudizio alla soggettiva valutazione della p.a., prima, e del giudice amministrativo, dopo.
La proposta del CGARS
È, dunque, proprio per superare l’intrinseca soggettività – si potrebbe dire apoditticità – di tutte tali coordinate di giudizio che questo Collegio ritiene di modificare il parametro valutativo, sostituendo alla misura della superficie espressa in metri quadrati con quella della lunghezza massima ovviamente espressa in metri lineari, perché solo tale unità di misura risulta intrinsecamente correlata all’attitudine natatoria dell’opera (anziché di mero ornamento o di accessorio rinfrescante o ludico).
La lunghezza massima non andrà misurata su una sponda della piscina, bensì secondo la diagonale maggiore o secondo il diametro massimo (per le strutture circolari, ellittiche, tondeggianti o, più in generale, per quelle di forma irregolare).
Solo la massima lunghezza astrattamente percorribile in linea retta (o quasi retta) da un ipotetico nuotatore sembra infatti al Collegio idonea a esprimere l’attitudine più o meno natatoria del manufatto.
Pur non esistendo, ovviamente, un’entità di tale misura che oggettivamente costituisca il confine della sussistenza di tale attitudine (rispetto alla sua insussistenza), pare tuttavia necessario svolgerne la ricerca secondo criteri soggettivamente meno caratterizzati.
Al di sotto della misura di 12,5 metri lineari (la metà di una piscina semiolimpionica), sembra potersi ragionevolmente dubitare della attitudine natatoria del manufatto (allorché la spinta di partenza e la capriola di fine vasca vadano ad assorbire la maggior parte della lunghezza che un nuotatore potrebbe percorrere).
La proposta esegetica che ne scaturisce è, dunque, quella di considerare strutturalmente non idonee all’attività natatoria, anche meramente amatoriale, le piscine in cui la massima misura riscontrabile (i.e. diagonale maggiore o diametro massimo: che, notoriamente, collegano in linea retta i punti più distanti tra loro di una qualsiasi forma geometrica, sia poligonale che curviforme) sia contenuta in un segmento di retta di lunghezza non eccedente m. 12.
Esemplificando, ciò significa che:
- per una piscina rettangolare, la natura pertinenziale postula che non dovrà eccedere i 144 mq;
- per una piscina pertinenziale di forma irregolare, che sulla sua superficie non sia tracciabile alcun segmento di retta eccedente la lunghezza di m. 12.
Misura non superata dalla piscina oggetto del caso in esame e per cui, in assenza di vincoli, essa è qualificabile come pertinenza.
Pertanto secondo il CGARS, la misura della diagonale al di sotto della quale le piscine poste sul terreno privato e ad uso esclusivo dell’immobile appartenente al medesimo proprietario possono ritenersi quali pertinenze, ai sensi dell’articolo 3 comma 1 del d.P.R. 380/2001 (ferma restando la disciplina dei vincoli), è di m. 12,50.
Ne deriva che e piscine che hanno una diagonale inferiore a m. 12,50 e presentano le ulteriori caratteristiche sopra indicate possono essere qualificate come pertinenza dell’immobile cui sono adiacenti e non necessitano perciò di autonomo titolo edilizio. Per contenerne ancora le dimensioni, il Collegio precisa che il punto più profondo dalla piscina-pertinenza deve essere contenuto entro m. 2,00 e senza raggiungerli, al fine di non consentirne qualsivoglia uso (subacqueo) o funzione (sportiva) che non sia meramente accessoria all’edificio principale.
Facendo applicazione dei parametri appena ribaditi, la piscina per cui è causa deve qualificarsi come pertinenza e non come autonoma o nuova realizzazione edilizia, con conseguente accoglimento del ricorso.
Documenti Allegati
Sentenza