Domanda di condono edilizio: chi può presentarla?

Anche il responsabile dell’abuso è legittimato ad ottenere la sanatoria a condizione che sia acquisito il consenso del proprietario legittimo

di Redazione tecnica - 06/12/2024

Sebbene l’istanza di condono possa essere presentata anche da un soggetto diverso dal proprietario dell’area su cui sorge l’opera abusiva e che occupa in base a qualunque titolo (comodato, affitto, etc.), non rimane alcuno spazio per la sanatoria, qualora il proprietario si opponga apertamente.

Condono edilizio: domanda inaccettabile se il proprietario si oppone

A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 2 dicembre 2024, n. 9751, con la quale ha respinto il ricorso proposto contro il diniego di condono da parte di un’Amministrazione Comunale sulla domanda presentata dal comodatario del terreno sul quale erano state realizzate le opere abusive.

Il Comune aveva rigettato l’istanza, sia per assenza di autorizzazione paesaggistica che per l’espresso dissenso del proprietario alla sanatoria delle opere.

Secondo il ricorrente, la legittimazione alla presentazione della domanda di condono sussisterebbe in capo a tutti i soggetti che ne abbiamo “interesse”, senza il necessario consenso ed anche contro la volontà del proprietario del bene.

Una tesi non condivisa da Palazzo Spada, che ha richiamato i divergenti orientamenti giurisprudenziali in materia:

  • secondo un primo orientamento il Comune, prima di rilasciare il titolo, deve sempre verificare la legittimazione del richiedente, accertando che questo sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria;
  • secondo un diverso filone interpretativo è possibile procedere a condono senza il consenso ed anche contro la volontà del proprietario del bene oggetto del procedimento di sanatoria;
  • una tesi mediana, prevalente, sostiene che alla richiesta di sanatoria e agli adempimenti relativi possono provvedere, non solo "coloro che hanno titolo, ai sensi della l. 28 gennaio 1977 n. 10, a richiedere la concessione edilizia o l'autorizzazione" (oggi i soggetti indicati dall'art. 11 t.u. edilizia), ma anche, salvo diritto di rivalsa, ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima a condizione che sia acquisito in modo univoco il consenso comunque manifestato dal proprietario.

Si tratta dell’orientamento prevalente, secondo cui se è vero che l’art. 31 della l. n. 47/1985 – in tema di condono - prevede che la richiesta di concessione in sanatoria possa essere proposta anche da coloro che hanno titolo, ai sensi della l. 28 gennaio 1977, n. 101, a richiedere la concessione edilizia nonché, salvo rivalsa nei confronti del proprietario, da ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria.

 

Domanda di condono: chi può presentarla e a quali condizioni

Risulta quindi pacifico che il condono edilizio, al pari del permesso in sanatoria, possa essere richiesto da una sfera di soggetti che, seppur non titolari di un diritto reale sul bene, sono legittimati a richiedere la sanatoria, o il condono, in quanto responsabili dell’abuso, o comunque perché si trovano in un determinato rapporto con il bene stesso.

Attenzione però: va comunque esclusa la possibilità di ottenere, per tali soggetti diversi dal proprietario, la sanatoria, senza il consenso del legittimo proprietario del bene interessato dalle opere edilizie

In altri termini, l’effetto finale conseguente all’instaurazione di un procedimento amministrativo diretto al rilascio del titolo in sanatoria non può legittimamente prodursi a prescindere dalla posizione che assume il legittimo proprietario rispetto all’istanza stessa.

Si tratta di un approdo in sintonia con i principi relativi al rilascio del permesso di costruire (art. 11 del d.P.R. n. 380/2001). Difatti, è incontestato che il permesso non è riservato unicamente al proprietario, ma anche a chi abbia “titolo per richiederlo”, espressione che si indentifica con la legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con la stessa di natura anche solo obbligatoria. In tali ipotesi è però sempre imprescindibile il consenso del proprietario del bene.

Queste conclusioni non cambiano nemmeno ove si consideri la posizione astrattamente legittimante del responsabile dell’abuso, ovvero dell’esecutore delle opere contestate. In tale ipotesi la giurisprudenza alla quale il Collegio intende aderire ha precisato che, come nel caso di altri soggetti legittimati diversi dal proprietario, anche il responsabile dell’abuso è legittimato ad ottenere la sanatoria a condizione che sia acquisito il consenso del proprietario legittimo.

Anche sotto tale profilo le finalità della richiesta in sanatoria vengono parificate a quelle del permesso di costruire: “unico elemento distintivo delle due fattispecie – entrambe finalizzate al rilascio di una concessione o autorizzazione edilizia – sarebbe da rilevarsi nel fatto che nel secondo caso la domanda sarebbe finalità di assentire un progetto edilizio già realizzato, invece che da realizzare”.

Sanatoria è un'eccezione alla regola che impone di non realizzare abusi edilizi

La stessa giurisprudenza ha altresì avuto modo di precisare, a giustificazione del proprio rigore, come la sanatoria costituisca una eccezione alla regola che impone di non realizzare abusi edilizi, per cui, se l’abuso non può essere sanato, il responsabile ne sopporta le conseguenze che sono riconducibili ad una intenzionale violazione dallo stesso posta in essere delle norme di ordine pubblico che regolato la materia.

Nel caso di specie la proprietaria dell’area ha comunicato all’Amministrazione il suo fermo dissenso alla regolarizzazione degli interventi abusivi realizzati dall’appellante, facendo di fatto venir meno la legittimazione di quest’ultimo (comodatario) alla presentazione dell’istanza di condono.

Pertanto, alla luce di tale atto di dissenso espresso, l'appello è stato respinto: il Comune ha correttamente rigettato l’istanza dell’appellante, senza che possa tenersi in considerazione il fatto che il rigetto sia intervenuto dopo una prima comunicazione di ammissibilità del condono, in quanto la volontà contraria del proprietario è emersa solo in epoca successiva.

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