Lo stato legittimo dell’immobile post Salva Casa

Interessante studio pubblicato dalla giustizia amministrativa sulla definizione di stato legittimo e sui presupposti dell’attività edilizia post Salva Casa

di Gianluca Oreto - 19/12/2024

Cos’è lo stato legittimo di un immobile? Come si determina e perché è fondamentale per l’avvio di un intervento edilizio? Uno studio recente, curato da Nicola Durante per la Giustizia Amministrativa, approfondisce il tema con riferimento al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) nella versione aggiornata dalla Legge n. 105/2024, di conversione con modifiche del Decreto-Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa).

Lo stato legittimo e lo stato di fatto

Il presupposto fondamentale di ogni intervento edilizio è la coincidenza dello stato di fatto dell’immobile o dell’unità immobiliare, con lo stato legittimo”. Comincia in questo modo lo studio che cristallizza un concetto ormai pacifico e rimarcato più volte dalla giurisprudenza di Cassazione: qualsiasi intervento edilizio (anche di manutenzione ordinaria) può essere effettuato solo su un immobile privo di abusi edilizi e, quindi, perfettamente corrispondente allo “stato legittimo”.

Come correttamente ricorda lo studio, “Lo stato legittimo non è un titolo, ma una condizione permanente dell’immobile (Cons. Stato n. 8339/2023), disciplinata dall’art. 9-bis, d.P.R. n. 380/2001, recentemente modificato col decreto legge n. 69 del 2024, c.d. “Salva Casa”, convertito dalla legge n. 105 del 2024”.

La mancata coincidenza tra stato di fatto e stato legittimo configura gli abusi edilizi, gestiti dal Testo Unico Edilizia tramite sanzioni demolitorie o pecuniarie. Questo principio è stato ulteriormente chiarito dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9-bis nella versione post Salva Casa.

Pur non fornendo critiche o considerazioni utili alla discussione che negli ultimi tempi ha animato il dibattito sullo stato legittimo, lo studio pubblicato dalla Giustizia Amministrativa riporta una interessante disamina che può essere utile analizzare.

Come si determina lo stato legittimo

Secondo lo studio, lo stato legittimo si determina sulla base del titolo abilitativo che ha autorizzato la costruzione o l'ultimo intervento edilizio sull'immobile, a condizione che l’amministrazione abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. Per gli immobili realizzati prima dell’obbligo di titolo abilitativo, il riferimento è costituito da documenti storici e catastali.

Ricordiamo l’attuale versione del citato comma 1-bis che dispone:

Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello , rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 34-ter, 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare concorrono, altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all'articolo 34-bis. Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.

Le novità introdotte dal Salva Casa includono tra i titoli legittimanti anche le varie ipotesi di:

  • tolleranza edilizia (artt. 34-bis e 34-ter di riflesso);
  • sanatoria (artt. 36, 36-bis, 37 e 38);
  • fiscalizzazione (artt. 33 e 34);

previo pagamento delle relative oblazioni o sanzioni pecuniarie, ove previste.

Lo studio ricorda, infatti, che prima del Salva Casa, nel caso di fiscalizzazione (artt. 33, comma 2, e 34, comma 2, d.P.R. n. 380/2001), la sanzione alternativa alla demolizione non produceva alcun effetto legittimante sull’immobile che restava privo dello stato legittimo per mancata corrispondenza tra questo e lo stato di fatto.

Diversamente dalle tolleranze costruttive (art. 34-bis, TUE) e dalle varie forme di sanatoria che, agendo direttamente sullo stato legittimo, producevano effetti legittimanti sull’immobile.

Nei casi di fiscalizzazione – ricorda lo studio – il pagamento della sanzione serviva solo ad impedire che le opere edilizie abusive dovessero essere demolite, ma non ne rimuoveva il carattere antigiuridico, impedendo, ad esempio, successivi interventi edilizi sull’immobile, che restava privo di stato legittimo (Cons. Stato n. 5412/2011; Cass. pen., n. 3579/2021)”.

I titoli per determinare lo stato legittimo

Entrando nel dettaglio, sono idonei a determinare lo stato legittimo, previo pagamento delle eventuali sanzioni o oblazioni:

  • gli artt. 33 e 34, sulla fiscalizzazione delle parziali difformità non rimovibili;
  • l’art. 34-ter, sulle parziali difformità realizzate prima della legge n. 10/1977 (non viene citata l’agibilità sanante ai sensi del comma 4);
  • l’art. 34-bis, sulle tolleranze costruttive;
  • gli artt. 36 e 36-bis, sull’accertamento di conformità;
  • l’art. 37, sulla sanatoria per mancanza o difformità da SCIA;
  • l’art. 38, sulla fiscalizzazione a seguito di annullamento del permesso di costruire.

Lo studio evidenzia come la norma non riporti anche le ipotesi di intervento della Regione di cui agli artt. 39 (“Annullamento del permesso di costruire da parte della regione”) e 40 (“Sospensione o demolizione di interventi abusivi da parte della regione”), che però devono intendersi ricomprese, stante la natura surrogatoria – e, quindi, non autonoma – del potere regionale di autotutela sanzionatoria.

Il titolo finale

Relativamente al punto più dibattuto negli ultimi mesi, lo studio afferma solo che “In alternativa ai titoli “iniziali”, lo stato legittimo può essere ricavato dal titolo “finale”, ossia quello “rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi””.

Secondo lo studio “La disposizione, introdotta nel 2024, intende garantire certezza alla circolazione dei diritti sui beni immobili, prevedendo che il punto “zero” dello stato legittimo dell’immobile possa ricavarsi dall’ultima pratica edilizia generale approvata”.

Confermati, però, i dubbi degli operatori relativamente al significato dell’espressione “titolo … rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio … a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi”.

Seguendo un’interpretazione strettamente letterale, all’ultimo titolo edilizio generale può attribuirsi valore abilitante soltanto quando sia stato:

  • “rilasciato o assentito”;
  • preceduto da un’istruttoria che abbia verificato “la legittimità”, e non solo l’esistenza, dei titoli precedenti.

Si pone, dunque, un dubbio sulla sussumibilità, o meno, nel dettato normativo, dei titoli a formazione tacita, che si consolidano col decorso del tempo: silenzio assenso, SCIA (ordinaria ed alternativa), DIA, CILA e CILAS”.

Il rapporto tra il titolo iniziale e finale

Altro punto critico riguarda il rapporto esistente tra l’ultimo titolo e quello iniziale. Lo studio chiede “il ricorso all’ultimo titolo vale anche quando lo stato legittimo di partenza ivi descritto è in contrasto con quello del titolo inziale?”.

La risposta: “Il rapporto di alternatività tra le due modalità di accertamento dello stato legittimo, introdotto nel 2024 con la sostituzione della parola “e” con la parola “o”, dovrebbe far propendere per una risposta positiva, fatta salva la possibilità per l’amministrazione di annullare in autotutela l’ultimo titolo generale, ricorrendo i presupposti dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990”.

Titolo mancante o non reperibile

Relativamente all’ultima parte del citato comma 1-bis, vengono definite le modalità di determinazione dello stato legittimo nel caso in cui il titolo abilitante:

  • manca, perché l’immobile risale ad un periodo storico in cui non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio;
  • non è reperibile, ma sussistono principi di prova circa la sua esistenza.

In entrambi i casi, lo stato legittimo può essere dimostrato in via indiziaria, attraverso le informazioni catastali di primo impianto ed altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, integrato con eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”.

Lo stato legittimo in condominio

Altra grande novità post Salva Casa riguarda la separazione tra stato legittimo di una unità immobiliare e stato legittimo dell’immobile in condominio.

Con il comma 1-ter, inserito all’interno dell’art. 9-bis del TUE:

  • ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio (cioè, tutte quelle parti che sono indispensabili all’uso comune, le aree destinate a parcheggio, i locali per i servizi in comune, le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune);
  • ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio, non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari.

Stato legittimo e autorizzazione paesaggistica

Ultima analisi meritevole di attenzione riguarda il rapporto tra stato legittimo e autorizzazione paesaggistica.

Si ricorda che quest’ultima “costituisce un titolo abilitativo ulteriore rispetto a quello edilizio (che, per altro, potrebbe non essere richiesto), come si ricava dall’art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42/2004, che recita: “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio””.

Questo accade perché le valutazioni sull’interesse paesaggistico, sia pur collegate da un rapporto di presupposizione ed interdipendenza, sono autonome da quelle urbanistico-edilizie.

Pertanto, il fatto che siano stati rilasciati i titoli edilizi in assenza dell’autorizzazione paesaggistica non può legittimare l’opera anche sotto il profilo paesaggistico, poiché ciò sarebbe in contrasto col principio costituzionale per cui l’interesse paesaggistico deve sempre essere valutato espressamente anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici, come affermato da Corte cost. n. 196/2004 (Cons. Stato n. 3446/2022)”.

Su identiche conclusioni si è attestata la giurisprudenza penale, secondo cui:

  1. i reati edilizi e urbanistici sono autonomi da quelli in materia di paesaggio e ambiente perché è diversa la disciplina del governo del territorio rispetto a tali ambiti;
  2. l’autonomia dei beni giuridici protetti dalle norme penali incriminatrici nelle materie in esame si riflette anche sull’autonomia delle cause estintive dei rispettivi reati;
  3. tra i reati previsti dall’art. 44, d.P.R. n. 380/2001 e dall’art. 181, d.lgs. n. 42/2004 vi è concorso e non assorbimento (Cass. pen. n. 1436/2016 e n. 3952/2021).

Relativamente agli effetti della mancata preventiva acquisizione della autorizzazione paesaggistica, si sono registrati due orientamenti:

  1. uno, minoritario, secondo cui l’autorizzazione paesaggistica è condizione di validità del titolo edilizio, il quale non può essere adottato in assenza del previo conseguimento del titolo di compatibilità paesaggistica;
  2. l’altro, maggioritario, secondo cui l’autorizzazione paesaggistica è condizione di efficacia del titolo edilizio, che può ben essere rilasciato anche in mancanza della prima, fermo restando che esso resta inefficace e i lavori non possono essere iniziati.

La scelta dell’orientamento da seguire non è priva di conseguenze pratiche ai fini dell’individuazione dello stato legittimo. Infatti:

  • se si accede alla tesi per cui il titolo edilizio è inefficace, allora esso è inidoneo a fondare lo stato legittimo del bene;
  • se si accede alla tesi per cui il titolo edilizio è invalido, allora esso è idoneo a fondare lo stato legittimo del bene, salvo che non venga annullato dal giudice o dalla P.A.
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