Pianificazione urbanistica e procedimento espropriativo: evoluzione, criticità e prospettive future

La relazione del Presidente di sezione del Consiglio di Stato sul rapporto tra pianificazione urbanistica e procedimento espropriativo

di Redazione tecnica - 20/12/2024

La pianificazione urbanistica e la normativa sugli espropri rivestono un ruolo cruciale nell’organizzazione del territorio e nello sviluppo economico e sociale di un Paese. La loro stretta interconnessione si basa sull’equilibrio tra interesse pubblico e tutela della proprietà privata.

In questo articolo approfondiamo i principali aspetti storici, le criticità del modello tradizionale e le prospettive future, con un focus sull’impatto di queste tematiche sul contesto contemporaneo, riportate nell’interessante relazione del Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, Raffaele Greco, tenuta in occasione del Corso di formazione per magistrati amministrativi neoassunti su “Urbanistica, edilizia ed espropriazione”, organizzato dall’Ufficio studi e formazione della Giustizia amministrativa e tenutosi in modalità telematica il 13 dicembre 2024.

Punti chiave

La pianificazione urbanistica e la procedura espropriativa hanno rappresentato per decenni strumenti chiave per il governo del territorio. I loro obiettivi principali sono stati:

  • la razionalizzazione dello sviluppo urbano: prevedendo opere pubbliche e infrastrutture in modo organizzato;
  • l’equilibrio tra interessi pubblici e privati: garantendo che i sacrifici imposti ai proprietari fossero giustificati dall’interesse collettivo;
  • la promozione di uno sviluppo armonico: limitando l’edificazione selvaggia e preservando aree di interesse ambientale e culturale.

Tuttavia, i limiti operativi del modello tradizionale hanno richiesto una revisione profonda della normativa e dei metodi applicativi puntualmente analizzati dal Consigliere Greco.

Evoluzione della normativa sui vincoli espropriativi

La disciplina urbanistica e quella espropriativa si sviluppano insieme con l’unificazione italiana. La legge sull’unificazione amministrativa del 1865 stabilì i primi regolamenti edilizi comunali, finalizzati a migliorare le condizioni igieniche e infrastrutturali dei centri abitati.

Con la Legge n. 2359/1865 si introdusse il concetto di pubblica utilità, che legittimava l’esproprio delle proprietà necessarie alla realizzazione di opere pubbliche. Tuttavia, si trattava di una fase embrionale, priva di una vera pianificazione territoriale.

Un passaggio cruciale si ebbe con la nota Legge Urbanistica n. 1150/1942, che rese obbligatoria la pianificazione generale attraverso i piani regolatori generali (PRG). Questi strumenti consentivano di:

  • individuare aree da destinare a opere pubbliche, con imposizione di vincoli espropriativi;
  • demandare ai piani attuativi il compito di avviare le procedure di esproprio.

La dichiarazione di pubblica utilità, necessaria per avviare il procedimento ablatorio, era quindi subordinata all’approvazione di piani di dettaglio. Questo sistema segnò un primo tentativo di razionalizzazione, presentando però alcune criticità.

Negli anni ’60, la Corte Costituzionale intervenne per limitare la durata indeterminata dei vincoli espropriativi previsti nei PRG, stabilendo:

  • la necessità di prevedere un limite temporale (poi fissato in cinque anni dalla Legge n. 1187/1968);
  • l’obbligo di indennizzo per i proprietari in caso di reiterazione dei vincoli.

Il d.P.R. n. 327/2001 consolidò la normativa espropriativa con un Testo Unico, introducendo strumenti semplificati per collegare le procedure di approvazione urbanistica ed espropriativa.

Il fallimento del modello tradizionale

Nonostante l’impegno normativo, il modello introdotto nel 1942 si rivelò inadeguato per molteplici motivi, tra i quali si ricordano:

  • la carenza di risorse economiche: i Comuni non disponevano dei fondi necessari per realizzare le opere pubbliche previste dai PRG. Sebbene la legge richiedesse previsioni di spesa, queste furono spesso disattese o sottostimate;
  • la complessità normativa: l’intreccio tra pianificazione urbanistica, procedure espropriative e normativa sugli appalti pubblici rese difficoltosa la gestione amministrativa. La mancanza di coordinamento tra livelli di governo (Stato, Regioni, Comuni) complicò ulteriormente la situazione.
  • le disuguaglianze tra proprietari: il sistema creò forti disparità: alcuni terreni venivano espropriati a indennizzi inferiori al valore di mercato, mentre altri beneficiavano di aumenti di valore derivanti dalla pianificazione.
  • la mancata attuazione delle opere: l’eccessivo ricorso alla lottizzazione convenzionata, finalizzata a coinvolgere i privati nella realizzazione delle opere di urbanizzazione, si rivelò inefficace. In molti casi, le infrastrutture necessarie non furono mai completate.

Prospettive future

La crisi del modello tradizionale ha aperto, quindi, la strada a nuove soluzioni basate su principi di flessibilità, partecipazione e sostenibilità. Tra le prospettive più promettenti sono emerse:

  1. compensazione e perequazione: strumenti mirati a redistribuire equamente oneri e benefici tra proprietari e collettività. La perequazione, in particolare, consente di:
    • evitare discriminazioni tra aree edificabili e non edificabili;
    • garantire che tutti i proprietari all’interno di un comparto contribuiscano proporzionalmente alla realizzazione delle opere pubbliche;
  2. il project financing: il coinvolgimento di capitali privati rappresenta una soluzione per superare la cronica mancanza di risorse pubbliche. Un approccio che consente di:
    • accelerare la realizzazione di grandi opere infrastrutturali;
    • garantire una maggiore efficienza nella gestione dei progetti.
  3. la rigenerazione urbana: l’attenzione viene spostata dal consumo di suolo alla riqualificazione dell’esistente, promuovendo:
    • il recupero di aree dismesse o degradate;
    • lo sviluppo sostenibile, in linea con gli obiettivi di tutela ambientale e valorizzazione del paesaggio.
  4. la pianificazione integrata e partecipativa, con l’obiettivo di:
    • coinvolgere attivamente cittadini e stakeholder nelle decisioni;
    • superare la rigida gerarchia tra strumenti urbanistici, adottando un approccio basato sulla gerarchia degli interessi.

Conclusioni

Concludendo, il Presidente Greco evidenzia come la pianificazione urbanistica e il procedimento espropriativo si trovino oggi a un bivio. Da un lato, è necessario superare i limiti storici del modello tradizionale; dall’altro, occorre adottare soluzioni innovative che tengano conto delle nuove esigenze sociali, economiche e ambientali.

La transizione verso strumenti più flessibili, equi e sostenibili rappresenta non solo una sfida, ma anche un’opportunità per costruire città più vivibili e resilienti. La compensazione, il project financing e la rigenerazione urbana sono solo alcune delle strade percorribili per garantire un futuro in cui il territorio sia gestito in modo intelligente e inclusivo.

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