Terzo condono, abusi maggiori e vincolo di inedificabilità: sanatoria impossibile

Doveroso il rigetto di un'istanza per opere di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia realizzate senza titoli o in difformità dagli stessi, in area vincolata

di Redazione tecnica - 20/12/2024

In tema di Terzo Condono Edilizio, non è possibile usufruire della sanatoria se le opere illecite sono qualificabili come abusi maggiori e vengono realizzate in area sottoposta a vincoli paesaggistici, a prescindere dalla natura dello stesso vincolo.

Tale principio è sancito chiaramente dalla normativa, che dispone come, in seguito all’accertamento dell’insanabilità di un illecito, il provvedimento demolitorio sia doveroso e vincolato, in quanto non ammette poteri discrezionali in capo all’Amministrazione.

Terzo Condono in area vincolata: sanabili solo abusi minori

A ribadirlo è il TAR Lazio con la sentenza del 26 novembre 2024n. 21112, rigettando il ricorso contro il diniego dell’istanza di sanatoria richiesta ai sensi del DL n. 269/2003, convertito nella Legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio), per ampliamenti di superficie realizzati illecitamente in area soggetta a vincoli di tutela paesaggistica, ai sensi del d.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

I giudici ricordano che il Terzo Condono prevede delle regole ben più restrittive per il rilascio della sanatoria, rispetto a quanto disposto dalla Legge n. 47/1985 (Primo Condono) e dalla Legge n. 724/1994 (Secondo Condono).

Il Terzo Condono preclude infatti, in maniera categorica, la possibilità di sanare gli abusi cd. “maggiori” (ovvero le Tipologie 1, 2, 3 dell’Allegato 1 del DL. 269/2003) - quali opere di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia - realizzati senza titoli o in difformità dagli stessi, in area sottoposta a vincoli paesaggistici.

Ammette invece la sanatoria delle Tipologie 4, 5, 6 dello stesso Allegato, ovvero le opere di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo, purché l’Autorità che si occupa della tutela dia parere favorevole, e a patto che gli illeciti non siano in contrasto con le norme urbanistiche e le prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Difatti, la sussistenza di vincoli sull’area comporta ex lege l’insanabilità degli abusi maggiori, a prescindere dal fatto che il vincolo sia di natura assoluta o solo relativa.

Provvedimenti vincolati non ammettono poteri discrezionali

Nel caso in esame è stato conseguito abusivamente un ampliamento pari a quasi 80 mq di superficie utile di un immobile ad uso residenziale in area vincolata; un illecito che rientra nella Tipologia 1 dell’Allegato sopra citato - che racchiude le “Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” - e che quindi non può in alcun modo essere sanato col Terzo Condono.

C’è da sottolineare, peraltro, che in questo caso assume rilevanza anche la L.R. Lazio n. 12/2004, che preclude la sanabilità degli illeciti conseguiti in zona sottoposta a vincoli, anche qualora gli stessi vincoli dovessero essere stati apposti dopo la realizzazione degli abusi.

Non esiste dunque alcuno spiraglio normativo al quale il ricorrente si possa appellare, essendo che il provvedimento di rigetto del condono è un atto doveroso e vincolato, che dev’essere emanato in seguito all’accertamento dell’insanabilità dell’illecito e non necessita di ulteriori motivazioni che ne giustifichino l’efficacia.

Si spiega, infatti, che neanche l’eventuale rilascio di un parere favorevole da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo consentirebbe di superare l’indicata preclusione normativa connessa alla tipologia di intervento realizzato.

In merito poi alla doglianza secondo cui nel provvedimento finale di rigetto sarebbe stata indicata l’esistenza un nuovo vincolo, non citato nel preavviso di rigetto, si fa presente che tale discrepanza avrebbe potuto comportare l’annullabilità del provvedimento, alla luce di quanto previsto dall’art. 21-octies, comma 2, della Legge n. 241/1990 (Norme in materia di procedimento amministrativo) - che esclude l’applicabilità della sanatoria processuale del provvedimento annullabile in caso di violazione delle garanzie partecipative - solo a fronte di provvedimenti discrezionali.

Non risulta applicabile invece ai provvedimenti vincolati per i quali il soggetto interessato non sia in grado di dimostrare l’esistenza di specifici elementi che, se valutati in sede procedimentale, avrebbero potuto portare ad un esito differente nel provvedimento finale.

In questo caso, si rileva che il contributo offerto dall’istante non avrebbe potuto influire sulle determinazioni finali dell’Amministrazione che, sulla scorta della normativa in esame, non avrebbe potuto assumere una decisione differente da quella adottata. Il ricorso è rigettato.

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