Stato legittimo e ultimo titolo edilizio: interviene il Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato chiarisce le modalità di attestazione dello stato legittimo alla luce delle recenti modifiche al Testo Unico Edilizia dal Salva Casa
“La rappresentazione di un manufatto abusivo nelle pratiche edilizie, aventi ad oggetto opere da eseguirsi altrove, non legittima ipso facto l’immobile”. Lo ha confermato il Consiglio di Stato in una interessante sentenza che entra nel merito della definizione di “stato legittimo” ai sensi dell’art. 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia (il d.P.R. n. 380/2001), recentemente modificato dalla Legge n. 105/2024, di conversione con modifiche del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa).
Stato legittimo: la sentenza del Consiglio di Stato
Con la sentenza 9 dicembre 2024, n. 9877, il Consiglio di Stato fornisce un importante chiarimento in tema di legittimità edilizia e di onere probatorio nelle controversie urbanistico-edilizie, prendendo in esame le modifiche alla definizione di stato legittimo arrivate prima dal Decreto Legge n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni con Legge n. 120/2020, e per ultimo dal citato Salva Casa.
Nel caso di specie viene appellata una sentenza del TAR che aveva rigettato il ricorso presentato per l’annullamento del diniego opposto dal Comune a una richiesta di sanatoria edilizia presentata dalla proprietaria di un immobile, composto da due corpi di fabbrica, per interventi ritenuti privi del necessario titolo edilizio.
In primo grado il TAR aveva confermato il diniego, e l’appellante aveva contestato tale decisione invocando, tra l’altro, il legittimo affidamento e la validità di titoli edilizi rilasciati in passato per altri interventi sull’immobile.
In particolare, secondo il TAR il fatto che il Comune aveva assentito precedenti interventi edilizi ricadenti su una parte dell’edificio giustapposta al corpo principale, non dimostrerebbe la liceità del corpo di fabbrica. I primi giudici hanno precisato, infatti, che l’istante non aveva assolto l'onere di provare la sussistenza di tutti i presupposti e requisiti normativamente previsti, compresa la regolarità edilizia dell’immobile principale su cui insistono le opere edilizie minori. Né, chiaramente, sussisterebbe la violazione del legittimo affidamento ingenerato dal pregresso comportamento del Comune.
Principi consolidati in materia di onere della prova
Preliminarmente il Consiglio di Stato ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa per cui l’onere di dimostrare la legittimità di un manufatto grava sul privato, richiamando il principio della vicinanza della prova. Nel caso di specie, l’appellante non è riuscita a fornire evidenza documentale della legittimità della porzione di immobile contestata, né ha dimostrato che questa fosse preesistente a una data in cui non era richiesto un titolo abilitativo.
Oltretutto, la rappresentazione del manufatto in precedenti pratiche edilizie non costituisce prova sufficiente di legittimità. Si tratta, infatti, di una rappresentazione grafica priva di valore abilitativo.
Stato legittimo dell’immobile e disciplina normativa
Il Consiglio di Stato, quindi, affronta il tema dell’interpretazione dell’art. 9 bis, comma 1-bis, del Testo Unico dell’Edilizia, sia nella formulazione vigente all’epoca dei fatti che nelle successive modifiche normative.
Nella formulazione ante 2020, il titolo edilizio relativo all’ultimo intervento è rilevante per accertare lo stato legittimo solo se concerne l’intero immobile e se è verificata la legittimità dei titoli pregressi.
Con le modifiche introdotte dal Decreto Semplificazioni nel 2020, il principio viene esteso, ma con limiti applicativi legati alla data dei fatti e alla necessaria verifica da parte dell’amministrazione competente.
Per ultimo, con il Salva Casa è stato stabilito che lo stato legittimo dell'immobile è:
- non solo “quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa” (integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali),
- ma anche quello stabilito dal titolo che “ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi”.
Nel caso in esame, le condizioni previste non sono state soddisfatte. I giudici hanno rilevato che la rappresentazione di un manufatto abusivo nelle pratiche edilizie, aventi ad oggetto opere da eseguirsi altrove, non legittima ipso facto l’immobile.
Legittimo affidamento
Altro punto centrale della sentenza riguarda il legittimo affidamento. L’appellante aveva sostenuto che i precedenti interventi assentiti dal Comune avrebbero generato una posizione di affidamento circa la regolarità della porzione di immobile contestata.
Tale violazione è stata esclusa dai giudici, evidenziando che:
- l’affidamento del privato è irrilevante rispetto alla legittimità di un manufatto abusivo;
- il rilascio di titoli edilizi per altri interventi sull’immobile non implica una sanatoria tacita per la parte priva di legittimazione;
- non è configurabile una contraddittorietà tra atti amministrativi adottati in distinti procedimenti.
Infine, il Consiglio di Stato ha chiarito la natura del parere espresso dal nucleo tecnico comunale. Trattandosi di un organo consultivo, il parere non vincola l’amministrazione. Nel caso di specie, il parere negativo è stato motivato dalla mancanza di documentazione attestante la legittimità urbanistico-edilizia del manufatto, e il Comune ha fatto proprie tali conclusioni.
Conclusioni
La sentenza rigettando l’appello e confermando la legittimità del diniego opposto dal Comune, ha ribadito alcuni principi cardine del diritto urbanistico:
- l’onere della prova grava sul privato che richiede la sanatoria;
- il legittimo affidamento non può supplire alla mancanza di un titolo edilizio;
- ogni provvedimento amministrativo deve essere adottato in conformità alla disciplina vigente al momento della sua adozione.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 9 dicembre 2024, n. 9877