Cambio d'uso da magazzino-deposito ad attività commerciale: interviene il Consiglio di Stato

La sentenza del Consiglio di Stato fornisce importanti chiarimenti in merito al cambio di destinazione d’uso, lo stato legittimo e l’autotutela amministrativa in caso di falsa rappresentazione

di Gianluca Oreto - 23/12/2024

Tra le modifiche più significative operate dal Salva Casa (la Legge n. 105/2024, di conversione con modifiche del D.L. n. 69/2024) al Testo Unico Edilizia (il d.P.R. n. 380/2001), vi è senza dubbio la nuova disciplina che riguarda i cambi di destinazione d’uso.

Cambio di destinazione d'uso

Il cambio di destinazione d’uso dei locali seminterrati dopo il Salva Casa

L’art. 23-ter, comma 1-quater, ultimo periodo, del Testo Unico Edilizia, recita “Per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate il cambio di destinazione d'uso è disciplinato dalla legislazione regionale, che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni dei commi da 1-ter a 1-quinquies si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate”.

Nelle more dell’adeguamento regionale e dell’adozione di nuovi strumenti urbanistici, continuano a fioccare interventi della giustizia amministrativa che riguardano il cambio di destinazione d’uso da magazzino-deposito ad attività commerciale.

È il caso della sentenza 18 dicembre 2024, n. 10182 mediante la quale il Consiglio di Stato ha fornito importanti chiarimenti che riguardano:

  • la conformità urbanistica, il cambio di destinazione d’uso e il rapporto con i regolamenti comunali;
  • l’autotutela amministrativa nel caso di falsa rappresentazione;
  • l’equilibrio tra interesse pubblico e privato.

Il caso di specie

Il caso di specie riguarda un ricorso presentato per l’annullamento di una decisione di primo grado che aveva confermato l’operato del Comune che ha annullato in autotutela alcuni titoli edilizi, contestando un mutamento rilevante della destinazione d’uso non autorizzato e una falsa rappresentazione dello stato legittimo.

In particolare, la vicenda riguarda un locale commerciale con annesso deposito seminterrato privo di autonomia, ma accessorio al locale soprastante. Per effettuare lavori di manutenzione straordinaria sono state presentate una CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) e due SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Una volta completati i lavori l’immobile è stato locato alla società appellante che ha depositato SCIA per l’apertura di una struttura di vendita per accorpamento.

A questo punto il Comune comunica i motivi ostativi alla SCIA e, all’esito delle osservazioni dell’appellante, ordina:

  • la cessazione e chiusura immediata dell'attività commerciale di media struttura (MA/M);
  • l'annullamento in autotutela della prima CILA e delle due SCIA, titoli in virtù dei quali sono state realizzate ed ultimate le opere necessarie per l’apertura della struttura commerciale.

In primo grado, il TAR conferma l’operato del Comune in virtù del Regolamento edilizio comunale che consente nei piani interrati e seminterrati soltanto “magazzini e autorimesse”, tenuto conto che l’annullamento d’ufficio è possibile anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi se interviene su provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti.

Il TAR, infatti, non ha ritenuto urbanisticamente “irrilevante” la trasformazione di un magazzino per deposito in un vano ad uso commerciale perché implica un passaggio tra categorie funzionali disomogenee ed autonome dal punto di vista urbanistico, configurando un mutamento di destinazione d’uso giuridicamente apprezzabile.

Inoltre, è stata accertata una falsa rappresentazione degli elaborati grafici presentati a corredo della segnalazione certificata di inizio attività, che consentirebbe all’amministrazione l’esercizio dell’autotutela anche oltre i dodici mesi. La cessazione immediata dell'attività commerciale è conseguenza del venir meno del titolo edilizio abilitativo.

I motivi del ricorso

Tra le motivazioni del ricorso, viene contestato che:

  • il mutamento di destinazione d’uso non costituiva un cambio rilevante e non richiedeva ulteriori titoli edilizi;
  • gli interventi erano conformi al regolamento edilizio e rientravano nella manutenzione straordinaria;
  • non vi era stata alcuna falsa rappresentazione dello stato legittimo dell’immobile;
  • il termine per l'annullamento in autotutela era decorso.

Mutamento di destinazione d’uso alla luce dell’art. 23-ter

L’art. 23-ter del d.P.R. 380/2001, nella sua versione aggiornata, introduce una disciplina dettagliata sui mutamenti di destinazione d’uso. Le principali disposizioni rilevanti per il caso sono:

  1. mutamento rilevante della destinazione d’uso:
    1. qualsiasi utilizzo diverso dalla destinazione originaria che comporti il passaggio tra categorie funzionali (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale, rurale) è considerato rilevante, anche senza esecuzione di opere edilizie;
    2. tale mutamento richiede almeno la presentazione di una SCIA o un titolo edilizio specifico per eventuali opere necessarie;
  2. mutamenti ammessi senza rilevanza urbanistica:
    1. i cambi di destinazione all’interno della stessa categoria funzionale non sono considerati rilevanti, salvo diverse previsioni locali;
    2. anche i mutamenti tra categorie funzionali (es. da commerciale a produttiva) per singole unità immobiliari ubicate in zone A, B, e C sono ammessi, ma devono rispettare condizioni specifiche e non sono soggetti a obblighi di parcheggi o ulteriori standard urbanistici;
  3. necessità di titoli edilizi:
    1. i mutamenti senza opere o con opere riconducibili all’art. 6 (attività edilizia libera) possono essere realizzati mediante SCIA;
    2. per mutamenti che comportano opere diverse, è richiesto un titolo edilizio idoneo, subordinato alla verifica di conformità urbanistica.

Implicazioni per il caso in esame

Come confermato dal Consiglio di Stato “L’aver destinato la parte del seminterrato ad attività commerciale anziché a magazzino o deposito costituisce una modificazione della destinazione d’uso che si pone in contrasto con la previsione dell’art. 31 del Regolamento Edilizio Comunale, senza che abbia alcun rilievo il non incremento del fabbisogno degli standard urbanistici; incremento che peraltro sussiste in quanto attraverso la modificazione contestata si consente l’apertura di una media struttura di vendita con le ovvie ripercussioni sulla viabilità”.

Inoltre, il Consiglio di Stato ha anche confermato la falsa rappresentazione dei luoghi dal momento che la loro descrizione, prima di illustrare le modifiche apportate con CILA, non corrisponderebbe a quanto a suo tempo autorizzato con la concessione in sanatoria, poiché viene indicato come destinato ad attività commerciale anche il piano sottostante che costituiva un deposito.

Proprio per questo motivo, il termine per valutare la tempestività dell’esercizio del potere di autotutela, cioè quello indicato nel comma 2 dell’art. 21-nonies, della legge n. 241/1990, deve considerare il momento in cui la pubblica amministrazione ha appreso la non veridicità delle allegazioni di parte.

In tali situazioni non si forma alcun legittimo affidamento di colui che ha modificato lo stato dei luoghi partendo da una falsa illustrazione della situazione esistente prima di procedere all’intervento.

L’interesse pubblico come ulteriore requisito dell’atto di autotutela è stato evidenziato nel provvedimento che richiama l’esigenza di non autorizzare l’apertura di una media struttura di vendita priva di parcheggi.

Conclusioni

In definitiva:

  • il mutamento di destinazione d’uso da magazzino a locale commerciale configura un passaggio tra categorie funzionali diverse (da "produttiva e direzionale" a "commerciale") e pertanto è considerato rilevante;
  • la sola presentazione di SCIA non è sufficiente in assenza di conformità urbanistica.
  • la falsa rappresentazione dello stato legittimo ha aggravato la situazione, impedendo qualsiasi regolarizzazione a posteriori.

La sentenza chiarisce che:

  • è essenziale verificare preventivamente la compatibilità urbanistica del mutamento proposto, specie quando comporta il passaggio tra categorie funzionali;
  • gli interventi edilizi e i cambi d’uso devono rispettare non solo i regolamenti comunali ma anche le condizioni fissate dall’art. 23-ter;
  • è fondamentale garantire la veridicità degli elaborati progettuali e delle dichiarazioni allegate ai titoli abilitativi, per evitare false rappresentazioni che potrebbero portare a sanzioni e annullamenti;
  • l’art. 23-ter, nella sua versione aggiornata, rappresenta un quadro normativo chiaro e completo per la gestione dei mutamenti di destinazione d’uso, ma la sua applicazione richiede un’analisi accurata delle specifiche condizioni urbanistiche e regolamentari.
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