Superbonus e controllo delle variazioni catastali: ecco come fare
Non tutti rischiano di essere sanzionati, poiché in certi casi la variazione catastale non serve. Comprendere quando, però, non è un’operazione semplice, soprattutto in ambito condominiale
Nell’ambito della “corsa” al Superbonus si è detto spesso quanto la fretta abbia influenzato la gestione delle relative pratiche edilizie, comportando conseguenze più o meno gravi. Tra gli aspetti maggiormente sottovalutati, nel dettaglio, c’è stato quello relativo al (non sempre) necessario aggiornamento dei dati catastali a seguito della realizzazione degli interventi. Si tratta, infatti, di un passaggio che prescinde dall’accesso alle detrazioni edilizie e che di per sé non intacca la corretta spettanza delle stesse.
Molti, insomma, non hanno affrontato tale aspetto, e proprio per questo motivo, forse, la Legge di Bilancio dello scorso anno ha dato all’Agenzia delle Entrate il “potere” di inviare delle lettere di compliance ai beneficiari del Superbonus che non hanno provveduto a dichiarare in catasto le modifiche che hanno interessato gli immobili, per invitarli a procedere e, se del caso, per sanzionarli. Adesso, arriva qualche dettaglio in più su come procederà l’Agenzia, illustrato dal Direttore uscente Ernesto Maria Ruffini, ma restano aperti i dubbi già esistenti rispetto a quali siano effettivamente i casi in cui sussista l’obbligo di aggiornare i dati catastali, aprendosi così problemi operativi di non poco conto, soprattutto nei condomini, e che si prestano a contenziosi.
I controlli dell’Agenzia delle Entrate
Come accennato, il legislatore ha pensato di utilizzare (anche) il catasto come leva per far quadrare i conti del Superbonus, inserendo all’interno della Legge di Bilancio dello scorso anno (L. n. 213/2023, art. 1, co. 86 e 87) una norma che permette all’Agenzia delle Entrate di accendere i fari proprio su quegli immobili ristrutturati con Superbonus senza che sia stato inoltrato il Docfa, vale a dire la dichiarazione di variazione dello stato degli immobili, che il DM 701/1994 impone di presentare entro 30 giorni dall’avvenuta variazione.
La norma, nel dettaglio, permette al Fisco di individuare sulla base di apposite liste selettive i beneficiari del Superbonus che non hanno rispettato l’obbligo, anche ai fini di permettere l’aggiornamento delle rendite catastali, dato che l’aver eseguito interventi edilizi agevolati ne ha comportato spesso un importante aumento.
Il Direttore uscente Ernesto Maria Ruffini ha annunciato nella sua relazione di fine anno sull’operato delle Entrate “l’avvio di una campagna di compliance relativa al cd. Superbonus, con la quale saranno messe a disposizione del contribuente le informazioni derivanti dal confronto tra le comunicazioni dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica […] e le risultanze della banca dati catastale, per gli immobili per i quali non risulta essere stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701”.
Casi certi
In sostanza, l’Agenzia invierà le lettere di compliance sulla base degli importi dei lavori derivanti dalle comunicazioni di cessione, poiché detto importo è meno immediato da determinare nel caso di pratiche che hanno previsto la fruizione diretta del Superbonus.
Dal punto di vista tecnico, però, i casi sono i più svariati, e come anticipato, comprendere in quali sia effettivamente obbligatorio inoltrare il Docfa non è semplice, data l’assenza di normative esplicite a riguardo.
Ci sono per lo meno alcuni “casi certi”, in cui senza dubbio occorre aver presentato il Docfa entro 30 giorni dalla fine dei lavori, poiché sono state realizzate opere importanti, che variano cioè la “consistenza” del bene.
Si tratta, ad esempio, dei seguenti interventi:
- ampliamenti e sopraelevazioni;
- modifiche interne che aumentano il numero dei vani;
- cambi di destinazioni d’uso.
Casi dubbi e aumento di valore
In molti altri casi, però, la situazione non è così ovvia. Si pensi, ad esempio, a un intervento agevolato con Superbonus che non ha previsto opere edilizie (non ricadendo dunque nei casi di cui sopra), ma ha avuto ad oggetto solo gli impianti, il fotovoltaico o gli infissi. In simili circostanze, quando cioè le opere realizzate non impongono palesemente un aggiornamento catastale per modifica della consistenza dell’immobile, non vi sono regole ufficiali che permettono di stabilire se inoltrare il Docfa sia o meno obbligatorio. Tutto dipende, secondo la prassi, da quanto gli interventi realizzati abbiano portato a un “miglioramento qualitativo” dell’immobile, comportandone cioè un aumento di valore.
Come calcolare detto aumento di valore, però, non è affatto pacifico.
L’interpretazione più diffusa ritiene che si debba fare riferimento alla rendita catastale, ma si tratta comunque di una istruzione operativa che potrebbe non valere come regola assoluta.
In sostanza, il metodo di calcolo che circola maggiormente prevede che la variazione catastale sia obbligatoria nel caso in cui l’1% dell’importo dei lavori (n.b. attualizzato al 1988), supera del 15% la rendita catastale.
Immaginiamo, ad esempio, il caso di un immobile con rendita catastale pari a 800 euro e un importo dei lavori (agevolati con Superbonus) pari a 100.000 euro, che si riduce a 48.000 una volta attualizzato. Dato che il 15% della rendita è pari a 120 euro, e che l’1% dei lavori è pari a 480 euro, nel caso ipotizzato sarebbe stato obbligatorio effettuare la variazione catastale e, ove non effettuata, si rischia di essere sanzionati.
Le difficoltà che ne derivano
Evidentemente, fare queste valutazioni è tutt’altro che un’operazione da poco. Soprattutto nelle realtà condominiali, in particolare, c’è da aspettarsi che le lettere di compliance produrranno interessanti effetti. Innanzitutto perché si tratta di situazioni in cui le analisi andranno svolte caso per caso, in riferimento a ogni singola unità immobiliare presente nell’edificio. In secondo luogo, perché in tali contesti solitamente ci si è affidati a dei General Contractor per la gestione dell’intera pratica inerente al Superbonus, imprese che nei loro “contratti tipo” hanno garantito il raggiungimento degli obiettivi prestazionali derivanti dalle opere di efficientamento strutturale o energetico, ma senza mai prevedere esplicitamente l’eventuale aggiornamento catastale.
Insomma, anche nella migliore delle ipotesi, vale a dire quando le opere realizzate ricadono nella categoria dei “casi certi” sopra illustrati, non è detto che la pratica sia stata gestita con un livello di dettaglio tale da aver rispettato l’obbligo di variazione catastale, dato che l’attenzione è stata piuttosto focalizzata sul fine di realizzare le opere “per tempo”, in modo tale da ottenere il Superbonus.
A cura di Cristian
Angeli
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate
all’edilizia
www.cristianangeli.it