Chiusura veranda in Sicilia: normativa e caso pratico
La chiusura della veranda nella Regione Sicilia “potrebbe” essere gestita utilizzando l’art. 20 della L.R. n. 4/2003 o, addirittura, tramite le nuove disposizioni introdotte dal decreto Salva Casa
La chiusura delle verande in Sicilia è regolamentata da una normativa complessa che si intreccia tra leggi regionali e disposizioni nazionali. Questo approfondimento mira a chiarire i principali aspetti normativi e a fornire un caso pratico per meglio comprendere le applicazioni reali.
Verande in Sicilia: la normativa edilizia
La Regione Sicilia, a statuto speciale, ha recepito il Testo Unico dell'Edilizia (il d.P.R. n. 380/2001) con la L.R. n. 16/2016, modificata nel tempo per adeguarsi a leggi nazionali. L’ultima è arrivata con la Legge regionale n. 27/2024 che ha recepito in Sicilia “anche” le disposizioni del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) convertito in Legge n. 105/2024.
In Sicilia gioca un ruolo cruciale l’art. 20 della L.R. n. 4/2003 (attualmente in vigore), che introduce una disciplina specifica e in deroga per alcune tipologie di interventi edilizi riguardanti (appunto) anche le verande.
In particolare, il comma 1 del citato art. 20 prevede una deroga espressa che consente la realizzazione senza titolo edilizio la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a 50 mq e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo.
Il comma 2 prescrive che contestualmente all'inizio dei lavori il proprietario dell'unità immobiliare presenti al SUE una relazione a firma di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri le opere da compiersi ed il rispetto delle norme di sicurezza e delle norme urbanistiche, nonché di quelle igienico-sanitarie vigenti, unitamente al versamento di 50 euro/mq di superficie sottoposta a chiusura con struttura precaria.
Ai sensi del successivo comma 3, tali disposizioni derogatorie si applicano anche alla chiusura di verande o balconi con “strutture precarie” (in tal caso è richiesto il pagamento di 25 euro/mq di superficie chiusa.
A questo punto arriva uno dei commi più importanti. Al comma 4 si definisce il concetto di:
- struttura precaria, come quella realizzata in modo tale da essere suscettibile di facile rimozione;
- veranda, tutte le chiusure o strutture precarie, relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati. Sono assimilate alle verande le altre strutture, aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo ed altre ancora, comunque denominate, la cui chiusura sia realizzata con strutture precarie, sempreché ricadenti su aree private.
Il comma 5 dispone che tali disposizioni si applicano anche per la regolarizzazione delle opere della stessa tipologia già realizzate (una sorta di sanatoria). Al comma 6 viene confermato che il proprietario o il concessionario di immobili e/o parti di essi oggetto dell'applicazione delle suddette disposizioni:
- non può vantare diritti nei confronti di terzi in dipendenza della situazione sopravvenuta;
- né può in alcun modo essere variata la destinazione d'uso originaria delle superfici modificate.
Il comma 7 è dedicato alla regolarizzazione di edifici commerciali/produttivi e, infine, il comma 8 al recupero abitativo mediante frazionamento.
Edilizia libera dopo il Salva Casa
Con la pubblicazione ed entrata in vigore del Decreto Salva Casa, è stato deciso di modificare l’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del Testo Unico Edilizia, riconducendo la realizzazione delle vetrate panoramiche (VePa) tra gli interventi di edilizia libera a determinate condizioni.
In particolare, le VEPA possano essere considerate interventi di edilizia libera a condizione che:
- assolvano a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche;
- siano installate in:
- in balconi aggettanti dal corpo dell'edificio;
- in logge rientranti all’interno dell’edificio;
- in porticati, a eccezione dei porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche;
- non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d'uso dell'immobile anche da superficie accessoria a superficie utile;
- favoriscano una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici;
- abbiano caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente;
- non modifichino le preesistenti linee architettoniche.
Tale modifica è stata recepita nella Regione Siciliana con l’art. 15, comma 1, della citata Legge regionale n. 27/2024.
Per meglio comprendere l’applicabilità di questo intreccio di norme, analizzeremo adesso un caso concreto.
Esempio pratico
Consideriamo un'unità immobiliare a destinazione abitativa, che presenta due lati prospicienti una pubblica via. Su uno di questi lati si trova un balcone aggettante con uno sbalzo di 1,85 metri, preceduto da un’area verandata di superficie pari a 9,86 mq. Questa veranda, posta tra gli ambienti interni adibiti ad angolo cottura e bagno, è configurata come superficie accessoria. La veranda è chiusa sui due lati che delimitano gli ambienti interni, mentre rimane aperta verso l’esterno sui lati prospicienti la pubblica via, arretrata rispetto alla linea stradale a causa della presenza del balcone.
Lungo la linea ideale di separazione tra la veranda e il balcone, della lunghezza di 2,70 metri, è stato installato, in assenza di titolo abilitativo edilizio, un infisso in alluminio con vetri a anta scorrevole che copre l’intera lunghezza, trasformando lo spazio in un ambiente chiuso.
Soluzione erronea del professionista incaricato
Il professionista incaricato per l'accertamento della procedura edilizia finalizzata alla regolarizzazione della chiusura ritiene, erroneamente, che l'intervento abusivo possa essere sanato applicando l'art. 20 della L.R. 4/2003. Inoltre, sostiene che sia applicabile l'art. 15, comma 1, della L.R. 27/2024, che disciplina l'installazione delle VePA (vetrate panoramiche amovibili) nell'ambito dell'attività edilizia libera.
Secondo il tecnico, la regolarizzazione potrebbe avvenire mediante la presentazione di una CILA tardiva, accompagnata dal pagamento di una sanzione di 1.000 euro e dal versamento di 25 euro per ogni metro quadrato di superficie chiusa, come previsto dall'art. 20 della L.R. 4/2003. In base a questa interpretazione, l'opera sarebbe considerata conforme
Tale ipotesi è errata e non applicabile, risultando priva di qualsiasi efficacia “sanante”. Analizziamo nel dettaglio la normativa per comprenderne le ragioni.
Analisi normativa ai sensi dell’art. 20 della L.R. 4/2003
L’art. 20 della L.R. 4/2003, al comma 3, consente in deroga la chiusura di verande e balconi, a condizione che tale chiusura sia di tipo precario e non determini:
- aumento della superficie utile;
- aumento della volumetria;
- modifica della sagoma della costruzione.
Secondo il comma 2, tali interventi possono essere legittimati attraverso la presentazione, presso lo Sportello Unico, di una Relazione di Asseverazione redatta da un tecnico abilitato prima dell’inizio dei lavori. Tale relazione deve attestare:
- le opere da realizzare;
- la conformità dell’intervento alle normative in materia di sicurezza, urbanistica e igiene.
Il comma 4 specifica che possono essere considerate precarie solo quelle strutture:
- facilmente rimovibili, realizzate su balconi, terrazze o spazi tra fabbricati;
- aperte almeno da un lato (ad esempio tettoie, pensiline, gazebo);
- chiuse mediante strutture precarie;
- ricadenti su aree private.
Inoltre, la norma stabilisce che la chiusura non deve comportare una modifica della destinazione d’uso originaria della superficie interessata.
Le opere realizzate nel caso in esame, ovvero la chiusura della veranda tramite infisso in alluminio e vetri, generando un ambiente completamente chiuso, non possono essere ricondotte al regime previsto dall’art. 20 della L.R. 4/2003 per i seguenti motivi:
- non si tratta di una struttura precaria: l’infisso è saldamente ancorato alla struttura dell’immobile, senza carattere di temporaneità;
- comporta un aumento della superficie utile: la chiusura genera un nuovo ambiente utilizzabile;
- determina un aumento della volumetria: viene creato un volume chiuso;
- modifica la sagoma della costruzione: la chiusura altera la conformazione esterna del fabbricato;
- manca un lato aperto: l’intervento non rispetta il requisito di apertura previsto per le strutture precarie;
- non ricade su un’area privata: la veranda insiste su una superficie prospiciente una pubblica via, posta sul prospetto principale dell’immobile.
Alla luce della normativa vigente, l’intervento descritto non è conforme ai requisiti dell’art. 20 della L.R. 4/2003 e, pertanto, non può essere considerato legittimabile attraverso le disposizioni previste per le opere precarie.
Analisi normativa ai sensi dell’art. 3 “Attività edilizia libera” della L.R. n. 16/2016
L’art. 3 della L.R. n. 16/2016 è stato recentemente integrato con l’introduzione delle lettere af-bis) e af-ter) dalla L.R.27/2024 relative, rispettivamente, alle VePa e alle pergotende.
Tali modificazioni non riguardano il regime della CILA (utilizzabile, invece, nel caso si possa applicare l’art. 20 della L.R. n. 4/2003), ma l’attività edilizia non assoggettata a comunicazione alcuna allo sportello unico, salvo la presenza di vincoli, né tanto meno possano legarsi alla casistica oggetto di trattazione per riguardare, essa, la regolarizzazione di un intervento già realizzato.
Nel caso di specie, il professionista incaricato per la regolarizzazione dell’intervento, ha omesso di considerare le esplicite condizioni previste per le VePa e già ricordate nei precedenti paragrafi.
Nel caso di specie, la chiusura della veranda è stata realizzata con mediante un infisso in alluminio ad anta scorrevole che non può essere considerato una vetrata panoramica in quanto:
- non è facilmente amovibilità e totalmente trasparente;
- la struttura non ha alcuna funzione “temporanea” di protezione dagli agenti atmosferici;
- la tipologia dell’infisso non ha alcuna funzione che possa contribuire al miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, né tantomeno ridurre le dispersioni termiche;
- non assolve a parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell'edificio, essendo collocata nella linea di delimitazione tra la veranda e il balcone, questo totalmente esposto;
- configura uno spazio stabilmente chiuso, per aver variato volumi e superficie;
- genera nuova volumetria, con modificazione della destinazione d'uso da superficie accessoria a superficie utile;
- non possiede alcun requisito tale da sostenere la microareazione naturale, né per potersi fare riferimento alla salubrità dei vani abitativi;
- non possiede caratteristiche tecnico costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo;
- modifica le preesistenti linee architettoniche dell’edificio.
La procedura corretta per la regolarizzazione delle opere
L’opera realizzata non rispetta le condizioni normative previste, né in riferimento alle disposizioni introdotte dal decreto Salva Casa né rispetto alle prescrizioni dell’art. 20 della L.R. n. 4/2003. Quest’ultimo, oltre a configurarsi come norma a carattere speciale, vieta espressamente la realizzazione dei manufatti da essa disciplinati sul prospetto principale dell’edificio.
In aggiunta, la L.R. n. 27/2024 stabilisce il divieto di realizzare logge rientranti all'interno dell’edificio o porticati collocati nei fronti esterni prospicienti aree pubbliche, come nel caso in esame, ove tali interventi comportino la chiusura stabile degli spazi con conseguente variazione di volumi e superfici che generano nuova volumetria.
Per regolarizzare l’intervento realizzato, è necessario presentare un progetto ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001, recepito nella Regione Siciliana dall’art. 16 della L.R. n. 27/2024.
Gli interventi di chiusura della veranda con la struttura precedentemente descritta, ricadenti sul prospetto principale dell’edificio, rientrano nella categoria delle difformità parziali, in quanto non determinano la creazione di un elemento completamente nuovo rispetto al titolo abilitativo edilizio originario. Tali opere, infatti, non possiedono una propria autonomia che possa farle considerare indipendenti o separate dall’edificio esistente.
È fondamentale valutare le irregolarità in relazione all’impatto sull’assetto urbanistico del territorio. Tale valutazione deve considerare l’autonomia dell’opera e/o eventuali modifiche sostanziali al manufatto edilizio preesistente.
A supporto di tale interpretazione, la Corte di Cassazione, Sez. III, con la Sentenza n. 55483/2018, ha chiarito che rientrano nella nozione di difformità parziali “gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza”.
Alla luce di quanto sopra, gli interventi descritti possono essere ricondotti nell’ambito delle difformità parziali e regolarizzati mediante la procedura prevista dall’art. 36-bis del d.P.R. 380/2001. Tuttavia, resta cruciale una valutazione tecnica approfondita per accertare le conseguenze sull’assetto urbanistico e garantire la conformità alle normative vigenti.