Abusi edilizi, senza doppia conformità niente sanatoria
Il TAR ha ribadito un importante concetto che riguarda il ricorso contro il silenzio-rigetto sull’istanza di accertamento di conformità per la sanatoria edilizia
Dopo il copioso aggiornamento del Testo Unico dell'Edilizia (il d.P.R. n. 380/2001) arrivato con la Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), saranno parecchi i temi che dovranno essere chiariti da una nuova giurisprudenza. Si pensi alle nuove tolleranze costruttive-esecutive (art. 34-bis), ai casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo (art. 34-ter) o alle rinnovate possibilità di sanatoria semplificata (art. 36-bis).
Sanatoria edilizia e doppia conformità: interviene il TAR
Esistono, però, alcuni orientamenti pacifici che tali sono rimasti anche dopo l’aggiornamento del Salva Casa. Tra questi quelli che riguardano la sanatoria ordinaria di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia (TUE).
Orientamenti che sono stati puntualmente ribaditi dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Siciliana con la sentenza n. 47 del 10 gennaio 2025 che risponde alla richiesta di annullamento del silenzio-rifiuto formatosi per l’inutile decorso del termine di 60 giorni, indicato dall'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, per l'esame della domanda di sanatoria edilizia.
Interessante notare come nel caso di specie:
- l’Istituto Regionale per lo sviluppo delle attività produttive (IRSAP) avrebbe ritenuto sussistente, in linea di principio, la compatibilità degli interventi con il piano regolatore ASI;
- il Genio Civile avrebbe ravvisato la conformità degli elaborati trasmessi alla normativa antisismica, subordinando tuttavia l’esito del procedimento amministrativo alle determinazioni dell’Autorità Giudiziaria Penale;
- la Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Messina avrebbe ritenuto le aree in questione prive di interesse paesaggistico.
Il tutto avrebbe lasciato immaginare (i non addetti ai lavori) che i manufatti abusivi oggetto di un’ordinanza di demolizione potessero essere sanati. Peccato, però, che la giurisprudenza di ogni ordine e grado ha escluso in Italia la cosiddetta “sanatoria giurisprudenziale” ovvero una forma di sanatoria atipica che consente di riconoscere la legittimità di un’opera originariamente abusiva, basandosi unicamente sulla conformità alla disciplina edilizia e urbanistica vigente al momento della presentazione dell’istanza.
Il concetto era stato affermato anche dalla Corte di Cassazione (sentenza 29 agosto 2023, n. 36026) che ha escluso (nuovamente) la possibilità che gli effetti sananti possano essere attribuiti alla cosiddetta “sanatoria giurisprudenziale” o “impropria”, secondo la quale sarebbe possibile ottenere il riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.
Come si prova la doppia conformità
Il TAR Sicilia ha ribadito che:
- ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, ove il Comune non si pronunci espressamente entro il termine di 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, sulla stessa si forma una fattispecie tipica di silenzio significativo in senso sfavorevole al richiedente, il c.d. silenzio-diniego;
- tale silenzio-diniego va impugnato, alla stregua di un provvedimento esplicito di rigetto, entro il termine decadenziale, adducendo, tuttavia, esclusivamente, ragioni di diritto tese a comprovare la sanabilità degli abusi, con esclusione del deficit di motivazione oltre che di tutti gli altri vizi formali del procedimento, quali ad esempio la mancanza di pareri o del preavviso dei motivi ostativi all'accoglimento;
- il privato, con l’impugnazione del provvedimento tacito, non può far valere difetti di motivazione o lacune nel procedimento, attesa l’incompatibilità logica di tali vizi con la fattispecie del silenzio significativo, dovendo, piuttosto, dolersi del suo contenuto sostanziale di rigetto.
Sostanzialmente, per la sanatoria di cui all’art. 36 del TUE, è onere del soggetto interessato dare prova della “doppia conformità simmetrica” dell'opera da sanare, sia con riferimento al momento della realizzazione della stessa, che al momento della presentazione della relativa istanza di sanatoria.
A chi compete la prova della doppia conformità
La doppia conformità deve essere provata dal privato e non dalla P.A., in quanto la prova circa l'epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza è nella disponibilità solo dell'interessato, dato che solo quest’ultimo può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'addotta sanabilità del manufatto, dovendosi in ogni caso fare applicazione del principio processualcivilistico in base al quale la ripartizione dell'onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova.
Nel caso di specie, l’interessato, pur avendo tutti gli atti di assenso endoprocedimentali, non ha provato la doppia conformità e per questo motivo il ricorso per l’annullamento del silenzio-rigetto è stato rigettato.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Sicilia 10 gennaio 2025, n. 47