Salva Casa, linee guida e stato legittimo: silenzio assenso sulla SCIA edilizia?
Una nota del MIT ha chiarito che per la ricostruzione dello stato legittimo è possibile utilizzare il “silenzio-assenso” sulla SCIA. Ne siamo certi?
Tante slide, interviste e comunicati ma a 6 mesi dalla pubblicazione della Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), l’applicazione delle nuove procedure previste dalla versione aggiornata del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) resta ferma al palo. Nonostante le parole del Ministro delle Infrastrutture che al margine del Tavolo sulla Casa ha affermato “Da oggi milioni di italiani potranno tornare pienamente proprietari dei loro immobili, comprarli o venderli, con ricadute positive sull’economia: più immobili sul mercato, affitti e prezzi meno cari”, la realtà risulta essere decisamente più complessa.
Salva Casa: linee guida tappa intermedia
Il 28 gennaio 2025, invece della tanto attesa circolare “attuativa-esplicativa”, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha presentato un’anteprima delle cosiddette “Linee Guida” per l’applicazione del Salva Casa, annunciate come “di imminente pubblicazione”. Queste linee guida, strutturate per rispondere alle domande pervenute agli uffici di Porta Pia, sono ben lontane dal possedere il valore normativo necessario. Si tratta, piuttosto, di una tappa intermedia verso la futura definizione di strumenti normativi adeguati alla piena attuazione delle nuove procedure edilizie.
Nell’attesa che il MIT renda nota il testo definitivo delle Linee guida, proviamo ad analizzare alcuni dei contenuti "sigfnificativi" della nota pubblicata a margine del Tavolo tecnico sulla casa (misteriosamente a porte chiuse).
Stato legittimo e SCIA
La nuova versione del comma 1-bis, art. 9-bis, del Testo Unico Edilizia (TUE) prevede che per la ricostruzione dello “stato legittimo” sia possibile utilizzare il titolo edilizio “rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi,…”.
Secondo la nota del MIT “Nelle linee guida sarà chiarito che la verifica dei titoli pregressi da parte degli uffici comunali potrà essere presunta qualora nella modulistica relativa all’ultimo intervento il cittadino abbia debitamente indicato gli estremi dei titoli pregressi. Viene così pienamente valorizzato il legittimo affidamento del cittadino rispetto all’operato della Pubblica amministrazione che, in occasione delle verifiche pregresse, non abbia mai rilevato motivi ostativi all’ottenimento dei titoli. Tale meccanismo potrà essere applicato sia ai titoli rilasciati dalla PA (come nel caso di un permesso di costruire), sia ai titoli formatisi in virtù di un silenzio assenso (come nel caso della SCIA)”.
Alla SCIA edilizia, però, non si applica il silenzio-assenso (né il silenzio-rigetto). La SCIA è uno strumento che rientra nel progetto di liberalizzazione e che produce effetti solo se completa della documentazione richiesta (che deve essere oltretutto veritiera).
L’art. 19 della Legge n. 241/1990 dispone che l’amministrazione competente possa intervenire nel termine di trenta giorni dal ricevimento della SCIA. Decorso questo termine, l’amministrazione può comunque intervenire tramite annullamento d’ufficio (art. 21-nonies):
- entro 12 mesi sussistendone le ragioni di interesse pubblico;
- oltre i 12 mesi nel caso di false rappresentazioni dei fatti o dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato.
Non si comprende, dunque, in che modo si possa formare un titolo per silenzio nel caso di SCIA edilizia. Ma siamo certi che le Linee guida entreranno nel dettaglio motivando al meglio le affermazioni del comunicato del MIT.
Sanatoria e immobili vincolati
Relativamente alla nuova procedura di sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del TUE, il MIT si è soffermato sui contenuti del comma 4 relativi agli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica.
Secondo il MIT “La nuova procedura prevede che, per gli immobili vincolati, il proprietario o l’avente titolo presenti una unica istanza di sanatoria allo sportello unico edilizia del Comune, che provvederà ad inoltrare la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria alle amministrazioni preposte anche nel caso in cui la difformità abbia determinato aumenti di volumi e superfici. Ogni fase procedimentale è scandita da tempi chiaramente individuati dalla legge e dalla regola del silenzio-assenso”.
Il MIT, però, non entra nel dettaglio dell’impasse venutasi a creare da due norme in linea teorica sovrapponibili:
- il citato comma 4 dell’art. 36-bis consente di richiedere “apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati”;
- il comma 4, art. 167, del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) che consente l’accertamento di compatibilità paesaggistica solo in alcuni casi tra i quali “i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.
Se l’intento normativo è consentire l’accertamento di compatibilità paesaggistica anche in caso di aumento di superfici o volumi, probabilmente sarebbe stata utile una modifica del citato comma 4, art. 167, D.Lgs. n. 167/2004 (anche per superare quella “eccessiva rigidità” cui fa riferimento il MIT nel comunicato).
Tolleranze costruttive
Più stringato il contenuto del comunicato sulle nuove tolleranze costruttive di cui all’art. 34-bis del TUE. Secondo il MIT “Le linee guida MIT precisano – come esplicitamente previsto dal DL Salva casa - che le tolleranze calcolate sulle nuove soglie (dal 2 al 6%, a seconda della superficie dell’unità immobiliare) possono essere fatte valere anche su immobili vincolati”.
In realtà, la rinnovata versione dell’art. 34-bis non entra nel dettaglio degli immobili vincolati e l’argomento viene trattato solo all’art. 3, comma 1, del D.L. n. 69/2024 che dispone “Gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 di cui all’articolo 34-bis, comma 1-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono soggetti al regime di cui all’articolo 2, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31”.
A sua volta, il citato art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 31/2017 dispone che “Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato «A» nonché quelli di cui all’articolo 4”.
In questo modo, con una tecnica normativa alquanto discutibile, il legislatore ammette le tolleranze anche in caso di immobili vincolati ampliando di fatto le opere di cui all’Allegato A al d.P.R. n. 31/2017 (alla faccia del “Testo Unico”!).
Sanatoria e sanzioni
Decisamente più controversa la parte del comunicato in cui il MIT parla dei “criteri metodologici orientativi a favore dei Comuni per la corretta determinazione delle sanzioni in esame” (riferendosi alle sanzioni di cui all’art. 36-bis, comma 5, del TUE.
“Nel caso in cui il Comune ritenga che l’intervento non abbia determinato un aumento del valore venale dell’immobile – recita il comunicato del MIT – potrà essere applicata direttamente una sanzione pari alle soglie minime edittali, senza la necessità di coinvolgere gli uffici dell’Agenzia delle entrate”.
Ci chiediamo in che modo un tecnico della P.A. (soprattutto di un piccolo Comune) possa ritenere che “l’intervento non abbia determinato un aumento del valore venale dell’immobile”. Stiamo parlando di un metodo estimativo che presuppone competenze di alto livello, elementi teorici fondamentali e padronanza degli strumenti essenziali per eseguire valutazioni immobiliari.
Anche in questo caso siamo certi che la pubblicazione delle linee guida entrerà maggiormente nel dettaglio.
Le condizioni per i cambi d’uso
Ultimo appunto riguarda la nuova versione dell’art. 23-ter del TUE che contiene la disciplina dei cambi d’uso. Secondo il MIT prima del Salva Casa “Il cittadino avrebbe dovuto orientarsi, quindi, nei meandri di una disciplina urbanistico-edilizia stratificatasi nel tempo, attenzionando con la dovuta cautela le condizioni, le limitazioni e i divieti di volta in volta eventualmente previsti dalle normative regionali e dagli strumenti di pianificazione urbanistica comunale”.
Adesso, invece, grazie alla nuova versione dell’art. 23-ter la disciplina è stata “notevolmente” semplificata “introducendo disposizioni di principio volte a ritenere sempre ammissibile il mutamento di destinazione d’uso tra le categorie funzionali più affini (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale e commerciale), ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni”.
Le linee guida chiariranno che queste condizioni dovranno essere “specificamente individuate dai Comuni, tenuto conto anche di quanto già previsto negli strumenti urbanistici comunali, mediante apposite determinazioni adottate dopo l’entrata in vigore del DL Salva Casa. L’obiettivo è evitare qualsiasi margine di ambiguità in merito alle condizioni richieste dai Comuni per i mutamenti di destinazione d’uso, evitando che tali condizioni possano essere derivate implicitamente da strumenti urbanistici approvati prima del DL Salva Casa, come tali non coerenti con la semplificazione operata dalla riforma”.
Appare utile ricordare la recente importante circolare del Comune di Roma contenente le prime indicazioni per l’applicazione del Decreto Salva Casa. Relativamente all’art. 23-ter del TUE, il Comune di Roma afferma che «nonostante l’ambigua formulazione riportata nei commi 1 bis, 1 ter ed 1 quater “ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni”, restano comunque fatte salve anche le disposizioni delle norme della pianificazione urbanistica comunale in merito alle destinazioni d’uso e ai mutamenti di destinazioni d’uso ammissibili. In particolare, con riferimento al secondo periodo del comma 1quater, si ritiene che la non assoggettabilità all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, prevista dal legislatore nazionale, non è applicabile in quanto può operare solo in carenza di specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica invece presenti nelle N.T.A. del P.R.G. vigente».
Sarà interessante capire in che modo ANCI recepirà le nuove indicazioni del MIT.