Bonus edilizi: variare il progetto non impedisce cessione del credito o sconto in fattura
Un recente interpello dell'Agenzia delle Entrate specifica che la clausola “salva-varianti” sopravvive ai nuovi divieti delle pratiche alternative, chiarendo il perimetro delle loro condizioni
Uno dei motivi per cui i bonus edilizi hanno riscosso un gran successo negli ultimi anni è certamente legato alla possibilità di evitare anche solo una parte dell'esborso monetario connesso alla realizzazione dei lavori. La strada “classica” della detrazione, infatti, prevede di anticipare un pagamento per poi scontarlo negli anni dalle imposte dovute, ma a questa è stata accostata la possibilità “alternativa” di cedere il credito a terzi, magari alla stessa impresa esecutrice dell'intervento, così da ottenere un risparmio immediato.
Opzioni alternative alla detrazione
Ad oggi, però, sono pochi i casi in cui il ricorso a tale pratica è ancora consentito, poiché il legislatore è intervenuto ben due volte a limitarla. Ma proprio per questo, forse, è fondamentale comprendere in quali casi si possa ancora sfruttare tale finestra, considerato che – anche se solo in relazione al Superbonus – le spese sostenute nel 2025 possono essere oggetto di cessione, almeno per le pratiche edilizie di una certa “anzianità”.
I divieti, infatti, sono legati alle date di presentazione dei titoli che hanno abilitato i lavori agevolati, ma come spesso accade, quando il legislatore cerca di stabilire confini chiari, con un “dentro” e un “fuori” netti, ecco che le regole si scontrano poi con la realtà pratica.
La vita di una pratica edilizia, infatti, non è quasi mai lineare, soprattutto se vi è stato l'accesso a bonus edilizi. Spesso, cioè, quanto inizialmente previsto ha dovuto subire delle variazioni, poiché ad esempio i materiali scelti non erano disponibili ai prezzi sperati o l'impresa incaricata ha abbandonato il cantiere. Quale sia la sorte, in questi casi, della possibilità di cedere il credito d'imposta, è un argomento in parte dubbio, sul quale però l'Agenzia delle Entrate ha fatto un po' di luce, emanando lo scorso 28 gennaio l'interpello n. 15/2025.
Le doppie regole
Come anticipato, sono due i “contenitori” normativi all'interno dei quali rintracciare le regole per il ricorso alla cessione del credito. Si tratta, cioè, del decreto Blocca Cessioni 1 (DL 11/2023) e del successivo decreto Blocca Cessioni 2 (DL 39/2024). Tali decreti pongono limiti di tipo temporale alla cessione, prevedendo che se entro alcune specifiche date non sono rispettate le condizioni poste dalla normativa, le strade della fruizione alternativa sono sbarrate.
In particolare, in base all’art. 2 del DL 11/2023, a partire dal 17 febbraio 2023 l'opzione alternativa è vietata per la generalità dei lavori, e tale divieto risulta superabile sono nelle seguenti situazioni:
- interventi non condominiali per i quali è stata presentata la CILAS prima del 17 febbraio 2023;
- interventi effettuati dai condomini per i quali è stata adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori ed è stata presentata la CILAS entro la stessa data;
- interventi di demolizione e ricostruzione per i quali al 17 febbraio 2023 è stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.
Il DL 39/2024 ha poi previsto che tali deroghe al divieto non bastano più. Nel dettaglio, oltre alla presentazione della CILAS entro il 17 febbraio 2023, è altresì necessario che entro il 30 marzo 2024 siano state sostenute delle spese, documentate da fattura, per lavori già effettuati, come deriva dall’art. 1, co. 5 del decreto.
La ratio della nuova norma, insomma, è quella di bloccare le c.d. “Cilas dormienti”, vale a dire impedire che i soggetti che rientrano nelle deroghe del Blocca Cessioni 1 (avendo avviato la pratica prima del 17 febbraio 2023) conservino il diritto all'esercizio delle opzioni anche se al 30 marzo 2024 il cantiere non è operativo.
L'irrilevanza delle varianti
In relazione al divieto di ricorrere alla cessione e allo sconto in fattura, come accennato, non vi è dubbio che per quanto riguarda il primo dei due blocchi menzionati, le eccezioni valgono anche nel caso in cui il titolo subisca delle varianti, e ciò per espressa previsione dello stesso decreto che lo ha introdotto.
L'art. 2 bis del DL 11/2023, infatti, contiene una norma di interpretazione autentica in base alla quale “le disposizioni dell'articolo 2, commi 2 e 3, del presente decreto (vale a dire il divieto di cessione per le pratiche avviate dopo il 17 febbraio 2023) si interpretano nel senso che la presentazione di un progetto in variante alla CILA o al diverso titolo abilitativo […] non rileva ai fini del rispetto dei termini previsti”. In sostanza, chi ha avviato la pratica entro il 17 febbraio 2023 ma ha poi avuto la necessità di variare il progetto, presentandone uno “nuovo” in variante, ben può beneficiare della cessione.
Non si può rispondere con la stessa certezza, invece, in relazione all'applicabilità della medesima “formula” anche alle nuove restrizioni introdotte dal DL 39/2024, e ciò proprio perché in tale decreto non vi è alcun richiamo alla citata norma di interpretazione autentica.
Nonostante ciò, l'amministrazione finanziaria ha concluso con l'interpello n. 15/2025 dello scorso 28 gennaio che un tale richiamo non è necessario per continuare a considerare valida la clausola “salva-varianti” ed estenderla al Blocca Cessioni 2, poiché “le condizioni stabilite dalle disposizioni oggetto di interpretazione autentica sono sostanzialmente sovrapponibili alle condizioni previste dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto legge n. 39 del 2024”.
Condizioni “morbide”
L'interpello 15/2025, inoltre, aiuta a ridimensionare la rigidità delle condizioni del Blocca Cessioni 2, sulle quali si sono sollevate non poche criticità, dovute, come accennato, alla difficoltà di interpretare la lettera della norma in relazione alla realtà pratica dei cantieri. In particolare, infatti, aver dovuto sostenere “spese, documentate da fattura, per lavori già effettuati” entro il 30 marzo 2024 è una condizione che di per sé non permette di comprendere “quanti” lavori debbano essere già stati effettuati, cioè dove sia (se ci sia) una soglia minima di lavori.
Sul tema, il recente interpello specifica che la condizione per lavori già effettuati si ritiene soddisfatta “a prescindere dal raggiungimento al 30 marzo 2024 di un determinato stato di avanzamento lavori”, almeno fin quando “relativamente ai singoli interventi autonomamente considerati, il pagamento effettuato entro il 30 marzo 2024 […] si riferisca alla realizzazione, anche in parte, dei relativi lavori”. In altre parole, cioè, se il titolo abilitativo ha previsto la realizzazione di più interventi, anche se tra loro autonomi, averne pagato anche solo uno è sufficiente a sbloccare cessione e sconto in fattura.
Similmente, anche i tempi del pagamento seguono regole “morbide”, e l'interpello è stato anche l'occasione per chiarire che il momento in cui la spesa si considera sostenuta è quello in cui viene dato ordine di pagamento alla banca, “non rilevando il momento, diverso e/o successivo, in cui avviene l'addebito sul conto corrente dell'ordinante”.
A cura di Cristian
Angeli
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate
all’edilizia
www.cristianangeli.it
Documenti Allegati
Risposta Agenzia delle Entrate