Sanatoria edilizia 2025: come gestire difformità e abusi dopo il Salva Casa
Il Salva Casa ha rinnovato le possibilità di gestione delle difformità e abusi edilizi contenute nel d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Vediamo cosa cambia.
Nel contesto normativo attuale, la gestione delle difformità edilizie e degli abusi rappresenta una sfida cruciale per proprietari, tecnici e amministrazioni comunali. Con l’avvento della Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) e le successive modifiche al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), il concetto di sanatoria edilizia ha assunto nuove dimensioni e implicazioni, rendendo necessaria una revisione delle prassi operative in vista del 2025.
In questo articolo, esploreremo in dettaglio come affrontare le nuove procedure di sanatoria, analizzando le differenze tra interventi realizzati in parziale e totale difformità, e variazioni essenziali, e forniremo indicazioni pratiche per adeguarsi a un sistema normativo in continua evoluzione. La nostra guida si propone di chiarire i nuovi meccanismi e di offrire strumenti efficaci per navigare le incertezze normative, con un focus particolare sulle opportunità e le criticità introdotte dalle recenti riforme.
Lo stato legittimo per la valutazione delle difformità
Premesso che ogni volta che si osservano discrepanze tra il progetto approvato e l'opera realizzata, è interessante notare come questi adattamenti “possano” diventare illeciti che richiedono la sanatoria edilizia. In tal senso, è sempre opportuno chiarire alcune differenze tra:
- difformità edilizie;
- tolleranze;
- abusi formali;
- abusi sostanziali.
Differenze che partono da una condizione di base: lo “stato legittimo” dell’immobile o della unità immobiliare, recentemente aggiornato con la modifica al comma 1-bis, art. 9-bis, del TUE. Nella sua versione attuale, lo stato legittimo può essere:
- ricostruito per gli immobili realizzati in epoca in cui era obbligatorio il titolo edilizio;
- desunto per gli immobili realizzati in epoca in cui non era obbligatorio il titolo edilizio.
Nel primo caso sarà possibile utilizzare alternativamente il titolo abilitativo;
- che ha previsto la costruzione o che ha legittimato la stessa;
- “rilasciato o assentito” che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio;
integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
In questo caso, il legislatore ha operato una distinzione tra:
- titoli edilizi primari (serie A);
- titoli che “concorrono” alla determinazione dello stato legittimo (serie B).
I primi sono quelli rilasciati o formatisi per silenzio-assenso, in applicazione delle seguenti disposizioni:
- art. 34-ter – Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo;
- art. 36 – Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità;
- art. 36-bis – Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di va-riazioni essenziali;
- art. 38 – Interventi eseguiti in base a permesso annullato;
previo pagamento delle relative sanzioni.
I secondi, sono elementi che concorrono alla dimostrazione dello stato legittimo ma non sono veri e propri titoli edilizi e possono essere considerati nel caso di:
- pagamento delle sanzioni di cui:
- all'art. 33 - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- all'art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- all'art. 37, commi 1, 3, 5 e 6 - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività;
- all'art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato (ridondanza normativa con i titoli edilizi primari);
- dichiarazione di cui all'articolo 34-bis (Tolleranze costruttive).
Nel caso di immobili realizzati in epoca in cui non era obbligatorio il titolo edilizio, lo stato legittimo può essere desunto attraverso:
- planimetrie catastali di primo impianto o documenti d’archivio;
- riprese fotografiche, estratti cartografici o atti notarili con valore probatorio;
e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Tale documentazione potrà essere utilizzata anche nel caso in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi. In tale caso occorre sempre dotarsi di una attestazione di indisponibilità del titolo edilizio da parte dell’amministrazione.
Una volta ricostruito lo stato legittimo (che è una condizione meramente progettuale), sarà necessario verificare che ci sia corrispondenza tra questo e lo stato di fatto in cui versa l’immobile. Qualsiasi discrepanza tra i due stati deve essere considerata una difformità edilizia.
Dalla difformità edilizia all’abuso
Esistono diverse tipologie di “difformità edilizia” che possono condurre a sanzioni, rimedi tardivi, attestazioni e sanatorie. Sulle possibilità di “gestione” di queste difformità, il Salva Casa ha operato alcune importanti modifiche con:
- l’art. 34-bis relativo alle nuove tolleranze costruttive-esecutive che non costituiscono più una “violazione edilizia” da sanare e che è sufficiente dichiarare ai fini dell'attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali;
- l’art. 34-ter (novità inserita nel TUE) che disciplina due distinti casi “particolari” di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo (ante ’77 e agibilità sanante);
- l’art. 36 che riguarda la sanatoria degli interventi realizzati in assenza di titolo o in totale difformità (che non ha subito modifiche a parte la depurazione da questa procedura delle variazioni essenziali;
- l’art. 36-bis (novità inserita nel TUE) che contempla la regolarizzazione degli interventi in parziali difformità e con variazioni essenziali;
- l’art. 37 che riguarda gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività, la cui gestione può essere effettuata utilizzando la medesima procedura di cui al precedente art. 36-bis.
Nei seguenti paragrafi definiremo le differenze tra le procedure di sanatoria edilizia di cui agli articoli 36 e 36-bis del TUE, alla luce delle Linee di indirizzo e criteri interpretativi recentemente pubblicate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT).
Sanatoria edilizia con doppia conformità “simmetrica” e “asimmetrica”
Con l’introduzione dell’art. 36-bis all’interno del TUE, il legislatore ha voluto differenziare le procedure di sanatoria per gli interventi realizzati:
- in assenza di titolo o in totale difformità (gestiti con l’art. 36);
- in parziale difformità e con variazioni essenziali (gestiti con l’art. 36-bis).
Nel primo caso (art. 36, TUE), la sanatoria può essere ottenuta solo nel caso esista una doppia conformità edilizia e urbanistica “simmetrica”: l'intervento deve, cioè, risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Nel secondo caso (art. 36-bis, TUE), invece, la sanatoria può essere ottenuta nel caso esista una doppia conformità edilizia e urbanistica “asimmetrica”. L'intervento deve, cioè, risultare conforme:
- alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
- ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.
Esistono altre importanti differenze tra le due procedure di sanatoria:
- nel primo caso (art. 36, TUE), la doppia conformità deve esistere al momento della presentazione della domanda senza alcuna possibilità di modificare lo stato di fatto per renderlo conforme;
- nel secondo caso (art. 36-bis, TUE), lo sportello unico edilizia può condizionare la sanatoria alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate (misure che costituiscono condizioni necessarie per la formazione del titolo);
- nel primo caso (art. 36, TUE), sulla richiesta di sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata (silenzio rigetto);
- nel secondo caso (art. 36-bis, TUE), sulla richiesta di sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta (silenzio assenso).
Con il nuovo accertamento di conformità di cui all’art. 36-bis del TUE si potranno regolarizzare gli interventi realizzati:
- in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività;
- in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 37 del TUE;
- le variazioni essenziali di cui all’art. 32 del TUE.
Diversamente dall’art. 36, la nuova sanatoria semplificata:
- si può utilizzare se l'intervento è conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione;
- prevede che lo sportello unico possa condizionare il rilascio del permesso in sanatoria alla preventiva attuazione, entro un termine assegnato, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate;
- consente anche la sanatoria “strutturale” seguendo le disposizioni indicate all’art. 34-bis, comma 3-bis, del TUE;
- consente la regolarizzazione anche degli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica (serve il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento), anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati (sul quale vige il silenzio-assenso dopo 90 giorni) – questa disposizione ha di fatto ampliato la casistica di cui all’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004;
- prevede il silenzio-assenso se sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale non si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni;
- prevede sempre il pagamento delle sanzioni.
Relativamente alle sanzioni, il comma 5, art. 36-bis prevede che il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di un importo:
- pari al doppio del contributo di costruzione ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, determinato in misura pari a quella prevista dall’articolo 16, incrementato del 20 per cento in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, nelle ipotesi di cui all’articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell’articolo 32. Non si applica l’incremento del 20 per cento nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;
- pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro ove l’intervento sia eseguito in assenza della segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, nei casi di cui all’articolo 37, e in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Cosa dicono le Linee guida del MIT
Secondo le Linee guida del MIT, il nuovo articolo 36-bis rappresenta una delle novità più significative della riforma apportata dal Salva Casa, superando il meccanismo di doppia conformità per alcune tipologie di interventi e prevedendo procedimenti di verifica differenti da quelli tradizionali.
La legislazione statale ha, in sostanza, fissato alcuni limiti al requisito della doppia conformità, prevedendo che l’intervento debba risultare conforme ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione e alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda. Nel primo tipo rientrano, in sostanza, le norme tecniche sulle costruzioni, i regolamenti edilizi e le altre regole aventi incidenza sull’attività edilizia, compresa la normativa antisismica (che non può ritenersi afferente alla disciplina urbanistica), mentre nel secondo la normativa urbanistica, compresi gli strumenti urbanistici comunali.
La disposizione di cui al comma 1 ricomprende, quindi, nel nuovo regime:
- le parziali difformità dal permesso o dalla SCIA nei casi di cui all’articolo 34: rispetto a tale fattispecie, dovrà farsi riferimento al concetto di parziale difformità;
- l’assenza o la difformità dell’intervento rispetto alla SCIA nei casi di cui all’articolo 37, che concerne i casi di assenza o difformità dalla SCIA ricompresi nella disposizione di cui all’articolo 37, e, quindi, i casi che erano originariamente disciplinati dall’articolo 37, comma 4, che è stato contestualmente abrogato;
- le variazioni essenziali di cui all’articolo 32.
Nelle Linee guida, il MIT entra nel dettaglio:
- del procedimento di sanatoria e dell’attività di conformazione
- della dichiarazione del professionista abilitato
- della verifica del rispetto della normativa antisismica;
- del sub-procedimento per la verifica di compatibilità paesaggistica;
- del trattamento sanzionatorio;
- del provvedimento di rilascio e meccanismo di formazione del titolo.
Le FAQ del MIT
Di seguito tutte le domande e le risposte fornite dal MIT relativamente alle nuove possibilità di sanatoria edilizia.
Domanda D3.5.1.1
Quando è attivato il procedimento nel caso di variazioni essenziali?
Risposta
Alla luce di quanto disposto dall’articolo 31, comma 2 del Testo unico, la richiesta di sanatoria potrà essere presentata entro il termine previsto dall’articolo 31, comma 3, comprese le eventuali proroghe, previste dall’ultimo periodo del medesimo comma.
Domanda D3.5.2.1
È possibile presentare, unitamente all’istanza di sanatoria, ulteriori istanze ad essa connesse?
Risposta
Si. Si consideri, ad esempio, il caso di sanatoria di un intervento a cui sia connessa un’istanza di mutamento di destinazione d’uso ex articolo 23-ter, condizionata alla sanatoria. Anche in questo caso l’istanza potrà essere unitaria e presentata allo Sportello unico per le (pur diverse) valutazioni che occorrono per ritenere l’intervento suscettibile di sanatoria e per assentire, altresì, il cambio di destinazione d’uso. In sostanza, in un caso come quello in esame potrà presentarsi un’unica istanza e l’Amministrazione verificherà nel medesimo procedimento i presupposti per la sanatoria delle opere e il cambio di destinazione d’uso condizionato al previo ottenimento dei titoli in sanatoria.
Domanda D3.5.2.2
Come si procede nel caso in cui siano richiesti autorizzazioni o atti di assenso da parte di altre amministrazioni per gli interventi edilizi prescritti?
Risposta
Trattandosi di interventi condizionanti il rilascio del titolo o la formazione dello stesso, gli stessi dovranno essere acquisiti dallo Sportello unico edilizia prima del formale rilascio del permesso di costruire in sanatoria; in caso di SCIA in sanatoria la realizzazione è presupposto per la formazione del titolo.
In ogni caso, l’istanza relativo al titolo in sanatoria – anche per la parte che presuppone il rilascio di autorizzazioni o atti di assenso di altre amministrazioni – potrà essere presentata direttamente allo Sportello unico edilizia, che ai sensi dell’articolo 36-bis procederà poi a trasmettere la documentazione alle competenti amministrazioni.
Si pensi al caso dell’autorizzazione sismica o dell’autorizzazione paesaggistica. Nel primo caso, il Comune dovrà inviare la documentazione all’ufficio regionale competente per la verifica sismica; nel secondo alla Soprintendenza territorialmente competente. In entrambi i casi sono possibili, in ogni caso, richieste di integrazioni documentali, ove necessarie.
Si ribadisce sul tema che anche per la parte relativa all’acquisizione dell’accertamento della compatibilità paesaggistica in sanatoria la disciplina applicabile è quella dell’articolo 36-bis, comma 4 ( e non quella dell’articolo 146, comma 4 o 167, commi 4 e 5, del Codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), la quale specifica che spetta al Comune acquisire il parere vincolante all’autorità preposta alla gestione del vincolo anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. Il medesimo articolo 36-bis, comma 4 individua i tempi per l’espressione del parere della soprintendenza e per la determinazione dell’autorità competente, specificando che sono soggetti a silenzio-assenso.
Domanda D.3.5.3.1
Come si prova l’epoca di realizzazione degli interventi?
Risposta
La prova dell’epoca di realizzazione delle varianti può essere fornita:
- in via generale, mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del Testo unico;
- nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione sopra indicata, mediante attestazione della data di realizzazione da parte del tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Il tecnico incaricato potrà limitarsi ad attestare, più in generale, l’epoca di realizzazione della variante, come desumibile da un’interpretazione sistematica che tiene conto del combinato disposto dell’articolo 36-bis, comma 3, secondo periodo (ove si fa riferimento all’ “epoca di realizzazione”) e terzo periodo (ove si fa riferimento alla “data di realizzazione”).
Domanda D.3.5.5.1
Quali sono le differenze tra il regime di cui all’articolo 36bis, comma 4 e l’articolo 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio?
Risposta
Quella prevista dall’articolo 36-bis, comma 4, e quella prevista dall’articolo 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio sono procedure distinte.
La nuova disciplina del silenzio-assenso consente di evidenziare le differenze tra la regola di cui all’articolo 36-bis del testo unico e la previsione di cui all’articolo 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004, secondo cui “il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni”.
La disciplina, sopra richiamata, dell’art. 167 è connotata da elementi procedurali del tutto diversi da quelli posti alla base della disciplina del silenzio assenso ex art. 17 bis della legge n. 241 del 90. Nelle ipotesi dell’articolo 167, infatti, non occorre un accordo tra plurime amministrazioni co-decidenti – di regola, preposte alla cura di interessi pubblici differenziati – in ordine ad uno schema di provvedimento predisposto dall’Amministrazione procedente. Piuttosto, è l’Amministrazione interpellata (Soprintendenza) a dovere assumere la decisione sostanziale sul contenuto del provvedimento finale da adottare (senza essere vincolata da un previo schema di provvedimento), mentre il ruolo dell’Amministrazione procedente, preposta alla gestione del vincolo, è quello di statuire in conformità.
Rispetto alle conseguenze discendenti dalla condotta inerte della soprintendenza, inoltre, l’articolo 167, comma 5 del D. Lgs. N. 42704 ha qualificato come “perentorio” il termine entro cui la Soprintendenza deve esprimere il parere di competenza, in tale maniera regolando (implicitamente) gli effetti dell’inerzia. Come precisato dal Consiglio di Stato Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1374, la natura perentoria di un termine, esplicitata dal legislatore o desumibile dalla normativa di riferimento, implica la produzione di un effetto decadenziale per il caso di sua inosservanza, non potendosi ritenere persistente il potere non tempestivamente esercitato.
Di conseguenza, come pure precisato dal Consiglio di Stato (Sezione VI, 19 novembre 2020, n. 7193), l’inutile decorrenza del termine perentorio di novanta giorni ex art. 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004 determina – anziché la formazione di un atto di assenso tacito – la decadenza dall’esercizio dello specifico potere assegnato dal legislatore e, dunque, dalla possibilità di vincolare l’amministrazione procedente nella decisione finale. Secondo la giurisprudenza si è, dunque, in presenza di una disciplina che, pure non equiparando l’inerzia all’atto di assenso, assicura le esigenze di tempestività dell’azione amministrativa, nel rispetto della rilevanza costituzionale dell’interesse (paesaggistico ex art. 9 Cost.) tutelato.
L’articolo 36-bis del testo unico edilizia ha inteso discostarsi dalla ricostruzione degli effetti del comportamento inerte della Soprintendenza, come desumibile dalla giurisprudenza sopra richiamata relativa all’articolo 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004. Nelle ipotesi soggette al nuovo accertamento di conformità di cui all’articolo 36-bis, infatti, l’inerzia della Soprintendenza equivale ad assenso, senza possibilità di intervenire dopo il decorso del termine nel procedimento, fintantoché il provvedimento finale non sia assunto, al fine di rappresentare il proprio punto di vista sul tema in decisione.
Domanda D3.5.5.2
Cosa succede nel caso di vincolo sopravvenuto?
Risposta
Le disposizioni si applicano anche per interventi che risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.
Domanda D3.5.6.1
Come deve essere calcolata in concreto la sanzione di cui al comma 5, lettera b)?
Risposta
Sulla base delle valutazioni relative all’incremento del valore venale del bene dell’Agenzia delle entrate, anche tenendo in considerazione le prassi applicative già utilizzate nella vigenza dell’articolo 37, comma 4, del Testo Unico. Le modalità di quantificazione della sanzione mutuano quelle già previste dal previgente articolo 37, comma 4, per il quale prevedeva che: “il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono ottenere la sanatoria dell'intervento versando la somma, non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all'aumento di valore dell'immobile valutato dall'agenzia del territorio”. Pertanto, le amministrazioni competenti potranno fare riferimento alle prassi applicative già in uso.
In particolare, si ricorda che già prima dell’entrata in vigore del DL Salva Casa, proprio in virtù dell’articolo 37, comma 4, l’amministrazione competente richiedeva all’Agenzia delle entrate la quantificazione dell’incremento del valore venale del bene in conseguenza dell’intervento realizzato, ai fini della determinazione della misura della sanzione tra il minimo ed il massimo edittale.
Ai fini della liquidazione delle somme da corrispondere a titolo di oblazione i competenti uffici comunali potranno pertanto far riferimento alle prassi in essere, che in particolare prevedono:
a) la richiesta di quantificazione dell’incremento del valore venale da parte del Comune all’Agenzia delle entrate;
b) all’esito della quantificazione di tale incremento, il Comune potrà determinare la sanzione applicabile secondo criteri di proporzionalità rispetto alla variazione percentuale del valore venale dell’immobile valutato dall’Agenzia delle entrate. A titolo esemplificativo, in caso di incrementi del valore venale dell’immobile pari al 20%, il Comune potrà applicare un incremento del 20% del minimo edittale.
Resta ferma in ogni caso la facoltà del Comune di orientare l’attività dei competenti uffici rispetto alla determinazione delle sanzioni, parametrando le sanzioni in base ai predetti parametri sull’incremento del valore venale, nonché in base ad ulteriori criteri discrezionalmente individuati dal Comune, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Per i casi di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA ai sensi dell’articolo 37, si precisa che, qualora il Comune ritenga che tale intervento non abbia aumentato il valore venale dell’immobile si applicherà l’oblazione nelle soglie minime edittali di cui all’articolo 36-bis, comma 5, lettera b) (i.e. euro 1.032 e 516), senza la necessità di coinvolgere i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.
Domanda D3.5.6.2
In quale fase del procedimento si pagano le oblazioni?
Risposta
Il pagamento delle sanzioni si articola di regola in due fasi:
1) il pagamento del contributo dovuto, a titolo di anticipazione dell’oblazione, ai fini della presentazione della richiesta di rilascio di titoli in sanatoria (si rinvia, sul punto, all’apposita modulistica in fase di definizione). A seconda della modulistica di riferimento, tale contributo può essere individuato nel minimo edittale ovvero in un valore autonomamente stabilito dal richiedente (va infatti evidenziato che ai sensi dell’articolo 36bis, comma 5 il pagamento delle oblazioni è presupposto per l’efficacia del titolo);
2) il pagamento del conguaglio risultante dalla differenza del valore dell’oblazione, determinato dall’amministrazione competente, e il valore del contributo già versato.
Domanda D3.5.7.1
Come si correlano il meccanismo del silenzio assenso e il pagamento dell’oblazione?
Risposta
Intervenuto il silenzio assenso il titolo è valido ma, in assenza del pagamento integrale della sanzione a titolo di oblazione, non è idoneo a produrre i suoi effetti. Ad esempio, il titolo non potrà essere utilizzato per dimostrare lo stato legittimo in occasione di una successiva pratica edilizia ovvero in occasione di trasferimento della proprietà dell’immobile.
Ne consegue che il privato otterrà, con il decorso dei termini e in presenza degli altri presupposti previsti, un titolo certamente valido che, tuttavia, diverrà efficace con l’integrale adempimento dell'obbligazione pecuniaria connessa.