Condono edilizio 2025: cosa succede quando l’immobile è vincolato?
Un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità non può essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente, alcune condizioni. Vediamo quali sono
La gestione delle difformità edilizie è oggi un tema centrale, su cui si è cercato di intervenire con la pubblicazione della Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa). Le modifiche introdotte al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) hanno agito su più livelli:
- a monte, correggendo la definizione di stato legittimo, ampliando le tolleranze costruttive ed esecutive e introducendo nuove regole per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo edilizio;
- a valle, con una nuova sanatoria semplificata destinata a regolarizzare le parziali difformità e le variazioni essenziali.
Tuttavia, non tutto può essere sanato. Accanto alle nuove regole introdotte dal Salva Casa, restano migliaia di pratiche edilizie irrisolte, relative ai tre grandi condoni edilizi del 1985, 1994 e 2003, che continuano a produrre effetti nelle aule dei tribunali.
È proprio in questo contesto che si inserisce la sentenza n. 468/2025 del Consiglio di Stato, che ha ribadito un principio fondamentale: non sempre è possibile ottenere il condono edilizio, soprattutto quando l’immobile è vincolato.
L’intervento del Consiglio di Stato
Con questa decisione, il Consiglio di Stato ha chiarito che non è possibile ottenere la sanatoria per un abuso edilizio se l’immobile è sottoposto a vincolo paesaggistico e se ricorrono tre precise condizioni:
- il vincolo di inedificabilità è stato imposto prima della realizzazione dell’opera: se il vincolo paesaggistico o ambientale era già vigente prima dell’abuso, la sanatoria non può essere concessa;
- le opere sono state realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio: il condono non può sanare situazioni in cui l’intervento sia stato eseguito senza permesso o in difformità da quello rilasciato;
- l’abuso non è conforme agli strumenti urbanistici e alle normative vigenti: anche in presenza di una disciplina di condono, l’intervento deve comunque rispettare le norme urbanistiche locali.
Si tratta di un chiarimento importante, che conferma la linea rigorosa già espressa in altre sentenze e che pone un limite chiaro alle possibilità di regolarizzazione degli immobili vincolati.
Il caso di specie
Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguarda un intervento edilizio, dove il proprietario aveva trasformato un ricovero agricolo in un immobile residenziale su più livelli, in difformità dal permesso di costruire rilasciato nel 2004.
L’area interessata risultava però sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.lgs. n. 42/2004, e il Comune aveva quindi respinto l’istanza di sanatoria straordinaria presentata ai sensi dell’art. 32 della Legge n. 326/2003 (terzo condono edilizio).
Dopo il ricorso al TAR Campania, che aveva confermato il diniego di sanatoria, il proprietario ha impugnato la sentenza davanti al Consiglio di Stato, che ha ribadito l’impossibilità di regolarizzare l’intervento per la presenza delle tre condizioni sopra elencate.
Le conclusioni del Consiglio di Stato
Nel confermare il diniego di condono, il Consiglio di Stato ha sottolineato alcuni aspetti fondamentali:
- l’immobile era soggetto a vincolo paesaggistico antecedente all’abuso, e in questi casi la normativa di condono esclude la possibilità di sanatoria;
- l’intervento non rispettava gli strumenti urbanistici locali, quindi non poteva essere sanato neanche con una deroga;
- non vi era prova certa dell’ultimazione dell’abuso nei termini di legge, un elemento essenziale per accedere al condono edilizio.
Di conseguenza, l’unica soluzione possibile è stata la demolizione del manufatto abusivo, con acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, come previsto dalla normativa vigente.
Considerazioni generali
Questa sentenza conferma un concetto chiave: il condono edilizio non è uno strumento universale e non può essere utilizzato per sanare qualsiasi abuso.
In particolare, quando un immobile è vincolato, la sanatoria straordinaria ai sensi del terzo condono edilizio è esclusa se:
- il vincolo era preesistente all’abuso;
- l’intervento non è conforme agli strumenti urbanistici;
- non vi è prova dell’ultimazione dei lavori nei termini di legge.
Un principio che rafforza la certezza del diritto e che dimostra come, in materia di edilizia e urbanistica, non sempre è possibile sperare in una regolarizzazione successiva. Chi realizza interventi in aree vincolate senza rispettare la normativa, deve fare i conti con il rischio concreto di demolizione.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 22 gennaio 2025, n. 468