Abusi edilizi e compatibilità paesaggistica: cos’è il volume tecnico?
Il Consiglio di Stato chiarisce quando è possibile esprimere parere favorevole di compatibilità paesaggistica per una sanatoria edilizia di un “volume tecnico”
Cos’è un volume tecnico? Quando un locale può essere escluso dal calcolo volumetrico di un edificio? È possibile ottenere la sanatoria per un manufatto destinato a impianti tecnologici?
Sanatoria e volumi tecnici: interviene il Consiglio di Stato
Domande che tornano ciclicamente nei dibattiti tra professionisti e amministrazioni, soprattutto quando si affrontano casi di abusi edilizi e istanze di sanatoria. A dare un’ulteriore risposta è il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1035/2025, nella quale viene ribadito un principio chiave: non tutto ciò che viene definito “vano tecnico” lo è davvero ai fini urbanistici e paesaggistici.
Il contenzioso riguarda una richiesta di sanatoria per due manufatti:
- un locale destinato a quadri elettrici e attrezzature antincendio;
- un locale destinato a vano tecnologico per ghiacciaie.
Mentre il primo è stato considerato un vero e proprio volume tecnico e quindi sanato, per il secondo è arrivato un diniego da parte della Soprintendenza che ha generato a cascata il provvedimento del Comune che ha respinto l’istanza di compatibilità paesaggistica e di conformità edilizia.
Da qui il primo ricorso al TAR (che lo ha respinto) e il successivo appello al Consiglio di Stato mediante il quale è stato evidenziato l’errore dei giudici di primo grado che:
- non avrebbero fatto alcun rilievo circa il “difetto di coerenza” della Soprintendenza che, a fronte della domanda di sanatoria di due locali tecnici, ha espresso parere favorevole per uno e negativo per l’altro;
- non avrebbero valutato il modesto impatto che il vano tecnico arrecherebbe al contesto paesaggistico tutelato.
Volume tecnico: le condizioni
Il Consiglio di Stato ha chiarito quali sono le caratteristiche fondamentali di un volume tecnico, ribadendo quanto già affermato dalla giurisprudenza ovvero che per essere considerato tale:
- deve essere strettamente necessario per ospitare impianti tecnologici indispensabili al funzionamento dell’edificio;
- non può avere autonomia funzionale rispetto alla costruzione principale;
- deve essere collocato all’interno dell’edificio, salvo impossibilità tecnica di diversa ubicazione.
Nel caso di specie, il vano destinato alle ghiacciaie è stato considerato un vano adibito a deposito/magazzino, privo di connessione funzionale diretta con l’edificio principale. Non serviva l’edificio per esigenze tecnico-funzionali ma, al contrario, aveva una sua destinazione autonoma, finalizzata alla conservazione di alimenti per un’area barbecue esterna.
Ne discende che il provvedimento della Soprintendenza non è viziato da alcuna contraddittorietà o illogicità nella parte in cui ha riconosciuto la compatibilità paesaggistica unicamente per il locale 2 e non per il locale 1, poiché il secondo, a differenza del primo, non può essere qualificato come vano tecnico né dal punto di vista urbanistico-edilizio né, a maggior ragione, dal punto di vista paesaggistico.
Le conseguenze del diniego di compatibilità paesaggistica
Un aspetto fondamentale della sentenza riguarda l’impossibilità di ottenere la sanatoria edilizia in assenza della sanatoria paesaggistica. Secondo il Consiglio di Stato, infatti:
- l’art. 167, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004 vieta il rilascio della compatibilità paesaggistica in caso di incremento di volumi, a prescindere dal fatto che si tratti di volumi tecnici, di volumi interrati o di altro tipo di volume;
- il diniego di sanatoria paesaggistica per difetto dei presupposti tassativamente indicati dal comma 4 dell’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 costituisce un atto vincolato in relazione al quale non è predicabile alcun vizio di manifesta sproporzione;
- l’impossibilità di conseguire la sanatoria paesaggistica è ostativa anche alla sanatoria edilizia.
Conclusioni: attenzione ai falsi volumi tecnici
La sentenza conferma un principio chiave per chi si occupa di edilizia e urbanistica: non basta definire un manufatto come volume tecnico per escluderlo dal calcolo della volumetria complessiva o per ottenere la sanatoria.
I professionisti devono valutare con attenzione la destinazione d’uso effettiva degli spazi, evitando di classificare come "volumi tecnici" locali che, nella realtà dei fatti, svolgono una funzione autonoma. Un errore di valutazione può portare al diniego della sanatoria, con la conseguente necessità di demolire l’opera.
In definitiva, il Consiglio di Stato chiude ancora una volta la porta a interpretazioni elusive e conferma che, in materia edilizia e paesaggistica, le scorciatoie non esistono.
Cambia qualcosa con il Salva Casa?
In casi analoghi, qualcosa sarebbe potuto cambiare dopo l’entrata in vigore della Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), di modifica del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE)?
La risposta non è affatto semplice e andrebbe preso in considerazione il nuovo art. 36-bis del TUE che disciplina la nuova “sanatoria edilizia semplificata” applicabile agli interventi realizzati:
- in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività;
- in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 37 del TUE;
e alle le variazioni essenziali di cui all’art. 32 del TUE.
Da considerare che questa nuova sanatoria (che richiede la doppia conformità “asimmetrica”) consente la regolarizzazione anche degli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati.
Per la sanatoria serve il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, sul quale vige il silenzio-assenso dopo 90 giorni.
Di fatto, questa disposizione del TUE ha ampliato la casistica di cui all’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, per il quale la Soprintendenza, nel caso oggetto della sentenza del Consiglio di Stato, aveva espresso diniego.
Ciò che andrebbe chiarito è se la realizzazione di un locale di superficie 6,70 mq e altezza di m. 2,19 destinato “a vano tecnologico per ghiacciaie” rientra nelle casistiche di sanatoria di cui all’art. 36-bis. Se così fosse, la Soprintendenza potrebbe ugualmente negare la compatibilità paesaggistica ma motivandola diversamente dal presupposto di cui al comma 4, art. 167, D.Lgs. n. 167/2004 a mente del quale (lo ricordiamo):
“L'autorità amministrativa competente accerta la
compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma
5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità
dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano
determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di
quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione
paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di
manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.
380”.
A questo punto, nel caso di via libera della Soprintendenza, occorrerebbe dimostrare la doppia conformità asimmetrica e, quindi, se l'intervento risulti conforme:
- alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
- ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 10 febbraio 2025, n. 1035