Condono edilizio e sanatoria su immobili abusivi: interviene il Consiglio di Stato
La differenza tra i due rimedi agli abusi edilizi poggia sulla straordinarietà delle norme sul condono e ha effetti su eventuali successivi interventi
Un'opera abusiva condonata può essere oggetto di nuovi interventi edilizi? È possibile ottenere una sanatoria di conformità su un manufatto già condonato? Quali sono i limiti della compatibilità paesaggistica per le costruzioni abusive?
Condono edilizio e accertamento di conformità: la sentenza del Consiglio di Stato
Sono solo alcune delle domande che spesso si pongono tecnici e amministrazioni locali quando si trovano a gestire pratiche edilizie legate a edifici condonati. A chiarire il quadro normativo ci ha pensato il Consiglio di Stato con la sentenza del 22 gennaio 2025, n. 482, nella quale viene ribadito un principio chiave: Il condono edilizio non rende l’opera condonata legittima, ne evita solo la demolizione e ne consente il trasferimento, che sarebbe altrimenti vietato.
Ne deriva che:
- le opere condonate non possono costituire il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima. Si finirebbe altrimenti per attribuire al titolo edilizio rilasciato una sorta di “ultrattività indeterminata”, cioè un'estensione oggettiva e temporale che va ben al di là dei limiti indicati nella normativa in materia (ovvero le tre leggi sul condono: legge n. 47/1985, legge n. 724/1994 e legge n. 326/2003);
- debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono edilizio, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle opere medesime.
Il caso di specie
La vicenda riguarda un immobile e altri due locali poco distanti e aventi la caratteristica di garage/cantina e legnaia, per i quali il proprietario aveva presentato domanda di condono ai sensi dell’art. 39 della Legge n. 724 del 23/12/1994 (secondo condono edilizio).
Con ordinanza del 2009 il Comune ordinava la demolizione di opere totalmente abusive “di cui alcune in ampliamenti a corpi di fabbrica già oggetto di condono edilizio ai sensi della legge n. 724/94 e altre distinte ex-novo”. Questa ordinanza veniva impugnata con ricorso straordinario al Capo dello Stato, pendente nelle more del giudizio del Consiglio di Stato.
Successivamente, in via cautelativa, il proprietario presenta, relativamente alle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione, istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che il Comune non ha mai evaso con un provvedimento formale.
Secondo l’appellante, tutte le opere oggetto dell’istanza di sanatoria ai sensi del citato art. 37 afferiscono all’unità immobiliare oggetto di condono edilizio:
- in parte costituendone ampliamento (ampliamento del locale soggiorno realizzato nel corpo principale; ampliamento del “deposito 1” per realizzare un ricovero di conigli);
- in parte fungendo da locali posti a servizio del medesimo (garage e legnaia) dei quali, infatti, il ricorrente assume la natura pertinenziale.
Tutte queste opere erano state realizzate in ampliamento o a servizio di un immobile già oggetto di condono edilizio richiesto ai sensi della Legge n. 724/1994 (secondo condono edilizio). Il Comune aveva respinto la sanatoria e il TAR aveva confermato il diniego, ritenendo l’intervento non sanabile sotto il profilo paesaggistico e urbanistico. Il proprietario ha quindi presentato ricorso al Consiglio di Stato.
Il condono non è un accertamento di conformità
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, ribadendo alcuni concetti fondamentali:
- il condono edilizio è una misura straordinaria che permette di evitare la demolizione di un’opera abusiva dietro pagamento di una sanzione e ne consente la circolazione giuridica, ma non la rende conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente;
- le opere condonate non possono costituire il presupposto per ulteriori interventi edilizi, salvo quelli di manutenzione ordinaria, straordinaria o di risanamento conservativo;
- non è possibile ottenere una sanatoria (art. 36 e 37 del TUE) su un’opera già oggetto di condono, poiché il presupposto della sanatoria di conformità è la doppia conformità urbanistica ed edilizia, che un immobile condonato per definizione non possiede.
Compatibilità paesaggistica e diniego della sanatoria
Un altro aspetto rilevante riguarda il vincolo paesaggistico. Il Consiglio di Stato ha confermato che l’assenza della compatibilità paesaggistica preclude la sanatoria edilizia, ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). In particolare, l’art. 167, comma 4, vieta il rilascio della compatibilità paesaggistica per opere che abbiano determinato un incremento di volumetria.
Nel caso specifico, il pergolato e il garage non potevano essere qualificati come opere precarie o pertinenziali e, di conseguenza, rientravano nei volumi non sanabili ai fini paesaggistici.
La sentenza del Consiglio di Stato chiarisce un concetto fondamentale: ottenere un condono non significa ottenere un titolo edilizio ordinario. Chi ha beneficiato di un condono edilizio deve sapere che:
- non può realizzare ampliamenti o nuove opere basandosi su un titolo condonato;
- può effettuare solo interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o risanamento conservativo;
- in zona vincolata, l’assenza della compatibilità paesaggistica preclude qualsiasi sanatoria edilizia.
Le differenze con la sanatoria ordinaria
La sanatoria ex artt. 36 e 37 del Testo Unico Edilizia (adesso con il Salva Casa, anche ex art. 36-bis), è invece un procedimento amministrativo ordinario che consente di regolarizzare opere edilizie realizzate senza titolo abilitativo, ma solo se queste rispettano le normative vigenti sia al momento della realizzazione che al momento della richiesta di sanatoria (doppia conformità “simmetrica”, adesso esiste anche quella “asimmetrica” con la procedura di cui all’art. 36-bis). Il suo rilascio attesta lo stato legittimo dell'immobile.
Diversamente invece, il condono edilizio:
- non rende l’opera condonata legittima, ne evita solo la demolizione e ne consente il trasferimento, che sarebbe altrimenti vietato;
- non costituisce il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima: diversamente si finirebbe per attribuire al titolo edilizio rilasciato in sede di condono una sorta di “ultrattività indeterminata”, cioè una estensione oggettiva e temporale che va ben al di là dei limiti indicati nella L. 47/85 (e dalle successive leggi che hanno reso possibile la ripresentazione di domande di condono, i.e. la L. n. 724/904 e la L. n. 326/2003).
Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono edilizio, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle stesse opere.
Conseguentemente, il ricorso è stato respinto: il Comune non avrebbe mai potuto pervenire a una diversa decisione sulla istanza di sanatoria, a prescindere dalla possibilità che le opere potessero ottenere la compatibilità paesaggistica.
Documenti Allegati
Sentenza