Sanatoria edilizia 2025: le differenze tra accertamento di conformità sincrono e asincrono
Il Salva Casa ha riscritto la disciplina relativa alle possibilità di sanatoria degli abusi edilizi. Vediamo cosa cambia e cosa prevede la versione vigente del Testo Unico Edilizia
La nuova disciplina introdotta dal Decreto Salva Casa (Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024) ha riscritto alcune regole fondamentali del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001), in particolare distinguendo due diverse forme di sanatoria: l'accertamento di conformità “sincrono” e quello “asincrono”. Comprendere le differenze tra le due tipologie - rispettivamente disciplinate dagli articoli 36 e 36-bis - è fondamentale per orientarsi correttamente nella gestione delle irregolarità edilizie.
L’accertamento di conformità sincrono (art. 36)
L’art. 36 del TUE disciplina l’accertamento di conformità per gli interventi edilizi realizzati in assenza di titolo abilitativo o in totale difformità da esso. Si tratta della classica sanatoria edilizia che richiede la doppia conformità sincrona, ovvero la verifica della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente:
- al momento della realizzazione dell'intervento;
- al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
Questa forma di sanatoria, piuttosto rigida, impone che l'intervento sia stato conforme fin dal momento della sua esecuzione, rendendo spesso complesso ottenere il permesso in sanatoria per abusi risalenti a epoche normative molto diverse.
L’accertamento di conformità asincrono (art. 36-bis)
La vera novità introdotta dal Decreto Salva Casa risiede nell’art. 36-bis, che disciplina l'accertamento di conformità per le parziali difformità edilizie e le variazioni essenziali. Questa nuova forma di sanatoria prevede la doppia conformità asincrona, ovvero:
- conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
- conformità ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell'intervento.
Questa differenza è sostanziale: mentre l'art. 36 richiede che l'abuso fosse conforme sia ieri che oggi, l'art. 36-bis consente di sanare l'intervento purché risulti conforme oggi dal punto di vista urbanistico, accettando le norme edilizie dell'epoca della realizzazione. Una differenza che rende fondamentale la conoscenza delle normative urbanistiche ed edilizie.
Le differenze operative
Oltre al diverso regime della doppia conformità, ci sono altre differenze operative rilevanti:
- tipologie di intervento: l’art. 36 riguarda gli abusi edilizi gravi (assenza totale di titolo o difformità totale); l'art. 36-bis, invece, si applica alle parziali difformità e alle variazioni essenziali;
- sanatoria condizionata: l’art. 36 impone la
doppia conformità al momento della presentazione della domanda
senza alcuna possibilità di rendere conforme l’abuso con nuovi
interventi; l’art. 36-bis, invece, consente la “sanatoria
condizionata” ovvero il rilascio del permesso subordinandolo:
- alla realizzazione, indicata d’ufficio, anche su proposta del tecnico abilitato nell’ambito della presentazione dell’istanza, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza;
- alla rimozione delle opere che non possono essere sanate e che precluderebbero il rilascio o la formazione del titolo;
- sanzioni: entrambe le sanatorie prevedono il
pagamento di un'oblazione pari al doppio del contributo di
costruzione ovvero, ma l'art. 36-bis introduce:
- un incremento del 20% in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34) e in caso di variazioni essenziali (art. 32) che non si applica nel caso di doppia conformità “sincrona” (art. 36-bis, comma 5, lettera a));
- una sanzione particolare per la SCIA in sanatoria (art. 36-bis, comma 5, lettera b)) sulla quale si sono espresse le Linee di indirizzo e criteri interpretativi pubblicate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (D3.5.6.1, pag. 37);
- compatibilità paesaggistica: l'art. 36-bis consente di ottenere la sanatoria anche in caso di creazione di superfici utili o volumi, purché l'intervento risulti compatibile con il vincolo paesaggistico, superando di fatto i contenuti dell’art. 167, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004;
- sanatoria strutturale: l’art. 36 non prevede alcuna forma di sanatoria strutturale (problematica da sempre presente); l’art. 36-bis richiama il meccanismo di verifica del rispetto delle prescrizioni antisismiche di cui all’articolo 34-bis, comma 3-bis;
- tempi e formazione del titolo: la richiesta di sanatoria ex art. 36 si considera rifiutata in caso di silenzio dopo 60 giorni; al contrario, la richiesta ex art. 36-bis si considera accolta dopo 45 giorni di silenzio, favorendo quindi una maggiore celerità amministrativa.
La sanzione ai sensi dell’art. 36-bis
Le Linee guida del MIT (sezione D3.5.6.1) affrontano un tema centrale: come si calcola, in concreto, la sanzione prevista dall’articolo 36-bis, comma 5, lettera b)?
La risposta del Ministero è chiara: il calcolo si basa sull’incremento del valore venale dell’immobile, determinato dall’Agenzia delle Entrate, seguendo le prassi applicative già utilizzate per il previgente articolo 37, comma 4, del Testo Unico Edilizia. Già prima dell’entrata in vigore del Decreto Salva Casa, infatti, le amministrazioni competenti richiedevano all’Agenzia la stima dell’aumento di valore del bene per determinare la sanzione, da collocare tra il minimo e il massimo edittale.
I Comuni possono continuare a seguire questa procedura consolidata:
- richiesta di quantificazione dell’incremento del valore venale da parte del Comune all’Agenzia delle Entrate;
- determinazione della sanzione in base alla variazione percentuale del valore venale accertato. Ad esempio, se l’aumento del valore è del 20%, il Comune potrà applicare un incremento del 20% del minimo edittale.
Resta comunque ferma la facoltà del Comune di disciplinare l’attività dei propri uffici, parametrando le sanzioni in base all’incremento del valore venale e ad ulteriori criteri discrezionali, purché rispettino i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
E se l’intervento in difformità non ha aumentato il valore venale dell’immobile? In questo caso, l’oblazione applicabile sarà quella minima prevista dall’articolo 36-bis, comma 5, lettera b) (ovvero 1.032 euro o 516 euro), senza necessità di coinvolgere l’Agenzia delle Entrate.
Le fasi del pagamento delle oblazioni
La sezione D3.5.6.2 delle Linee guida MIT chiarisce poi quando devono essere pagate le sanzioni, prevedendo due momenti distinti:
- anticipo obbligatorio: al momento della presentazione della richiesta di sanatoria, è richiesto il pagamento di un contributo, a titolo di anticipazione dell’oblazione. Questo importo può essere pari al minimo edittale o a un valore autonomamente stabilito dal richiedente (va ricordato che il pagamento dell’oblazione è presupposto essenziale per l’efficacia del titolo abilitativo);
- conguaglio finale: successivamente, l’amministrazione competente determina il valore definitivo dell’oblazione e richiede il pagamento della differenza rispetto all’anticipo versato.
Questa doppia fase di pagamento, se ben strutturata, consente una gestione più fluida e trasparente delle sanatorie edilizie, garantendo il rispetto della normativa senza inutili aggravi procedurali. E, come sempre, attenzione ai dettagli: un errore nella qualificazione dell’intervento o nella determinazione della sanzione può compromettere l’intero iter di regolarizzazione.
Conclusioni
La distinzione tra accertamento di conformità sincrono e asincrono segna un importante cambio di prospettiva nella gestione delle difformità edilizie. Se da un lato l'art. 36 continua a rappresentare un meccanismo rigoroso per la sanatoria degli abusi edilizi gravi (per il quale sarebbe auspicabile la possibilità di sanatoria strutturale), l'art. 36-bis apre uno spiraglio di regolarizzazione più flessibile e aderente alla realtà del patrimonio edilizio esistente.
In ogni caso, la chiave per non commettere errori è la corretta valutazione del tipo di difformità e del contesto normativo applicabile. Presentare, infatti, una istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis per un abuso qualificabile come “totale difformità” comporterebbe l’automatico rigetto dell’istanza e il conseguente ordine di demolizione da parte della P.A.