Salva Casa, sanatoria semplificata e SCIA in sanatoria: interviene il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato sui limiti di applicabilità della sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia e sul silenzio della P.A. sulla SCIA in sanatoria

di Redazione tecnica - 26/02/2025

La nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia si applica a tutte le istanze di sanatoria? Che valore ha il silenzio dell’amministrazione sulla SCIA in sanatoria presentata ai sensi del successivo art. 37?

Sanatoria semplificata e SCIA in sanatoria: la sentenza del Consiglio di Stato

Ha risposto a queste domande il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1394 del 19 febbraio 2025 che ha fornito due importanti chiarimenti in merito:

  • alla possibilità di applicare retroattivamente l’art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) introdotto dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa);
  • al valore del silenzio della P.A. sull’istanza di sanatoria edilizia ai sensi del successivo art. 37 (SCIA in sanatoria).

Il nodo interpretativo riguarda la possibilità di applicare la nuova disciplina a istanze di sanatoria presentate prima dell’entrata in vigore del Decreto Salva Casa, questione sollevata nell’ambito del giudizio. Possibilità che il Consiglio di Stato ha immediatamente escluso, chiarendo che la norma non ha portata retroattiva e che la regola generale resta quella sancita dall’art. 11 delle disposizioni preliminari del Codice Civile: la legge dispone solo per il futuro, salvo diversa previsione espressa.

L’oggetto del giudizio è la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio inadempimento o eventualmente del silenzio rifiuto serbato dal comune sulla SCIA in sanatoria presentata il 22 gennaio 2024 (prima dell'entrata in vigore del Decreto Salva Casa).

Per un corretto inquadramento giuridico-fattuale, il Consiglio di Stato ha riepilogato i seguenti fatti:

  • con due successive istanze di condono edilizio presentate ai sensi della Legge n. 47/1985 e della Legge n. 724/1994, l’istante otteneva il permesso di costruire in sanatoria;
  • con una terza istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del TUE, l’istante otteneva un terzo permesso di costruire in sanatoria;
  • con successiva ordinanza, il Comune accertava e ordinava la demolizione di alcune opere abusive;
  • con ulteriore istanza di cui all’art. 37 (SCIA in sanatoria) del TUE, l’istante chiedeva la sanatoria delle ulteriori opere abusive, senza ottenere risposta dalla P.A.

Sanatoria semplificata e disposizioni transitorie

Il Consiglio di Stato ha, preliminarmente, sottolineato che il Decreto Salva Casa è entrata in vigore il 30 maggio 2024, ossia successivamente alla presentazione della SCIA in sanatoria da parte della ricorrente. Per questo motivo ha negato l’applicazione dell’art. 36-bis sulla base di tre elementi principali:

  1. mancanza di disposizioni transitorie: nel testo del D.L. n. 69/2024, convertito con modificazioni nella L. n. 105/2024, non è presente alcuna disposizione che consenta l’applicazione della nuova disciplina alle istanze pendenti. La giurisprudenza ha sempre richiesto un’espressa previsione di retroattività per derogare al principio generale del tempus regit actum, che impone di applicare la normativa vigente al momento della presentazione dell’istanza;
  2. la conferma del principio “tempus regit actum”: il Consiglio di Stato ha richiamato il comma 4, art. 3 del D.L. n. 69/2024, il quale esclude espressamente che la sanatoria possa fondare un diritto del privato alla ripetizione delle somme già versate per oblazione o sanzioni. Ciò dimostra la volontà del legislatore di mantenere gli effetti giuridici delle norme precedenti e di non rendere retroattiva la nuova disciplina;
  3. il principio di legalità e le sentenze della Corte Costituzionale: il Consiglio di Stato ha richiamato la sentenza n. 124 del 2024 della Corte Costituzionale, che ha chiarito che il nuovo art. 36-bis non supera il requisito della “doppia conformità”, ma ne circoscrive l’applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità (confermando l’assenza di effetti retroattivi della nuova disciplina).

SCIA in sanatoria e silenzio della P.A.

Un ulteriore chiarimento fornito dal Consiglio di Stato riguarda la natura giuridica del silenzio amministrativo sulla SCIA in sanatoria. Argomento sul quale la giurisprudenza ha adottato 3 orientamenti diversi:

  • secondo un primo filone giurisprudenziale il silenzio sulla SCIA in sanatoria sarebbe da qualificarsi come silenzio rigetto;
  • un altro orientamento è nel senso di ritenere che il silenzio della PA debba qualificarsi come assenso;
  • un ultimo orientamento, condiviso dal Consiglio di Stato, ritiene che il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell'amministrazione procedente, pena la sussistenza di un'ipotesi di silenzio inadempimento.

Tra le sentenze più interessanti ricordiamo:

La tesi del Consiglio di Stato

Nel caso oggetto del Consiglio di Stato, la parte appellante aveva sostenuto che il mancato riscontro da parte del Comune sulla SCIA in sanatoria avesse fatto maturare un’ipotesi di silenzio assenso. Tesi rigettata con due argomentazioni:

  1. l’art. 37 del TUE non prevede il silenzio assenso: a differenza dell’art. 36 del TUE, che regola il silenzio-rigetto per le istanze di permesso di costruire in sanatoria, l’art. 37 non attribuisce alcun valore provvedimentale al silenzio serbato dall’amministrazione, ma lo qualifica come silenzio inadempimento. Di conseguenza, la mancata risposta del Comune non può essere interpretata come una tacita approvazione;
  2. l’obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi sulla SCIA in sanatoria: anche in questo caso, il Consiglio di Stato ha ribadito che la presentazione di una SCIA in sanatoria non esonera l’amministrazione dal dovere di verificare l’effettiva legittimità dell’intervento edilizio. Come sottolineato, l’amministrazione conserva sempre il potere di accertare la conformità dell’opera alla disciplina edilizia e urbanistica vigente, e deve adottare un provvedimento espresso che accerti o neghi la sanatoria. Questo principio è coerente con la giurisprudenza consolidata, che ha sempre ritenuto che la SCIA non sia un titolo abilitativo automatico, ma sia soggetta a un controllo successivo da parte dell’amministrazione.

Conclusioni

Concludendo, la sentenza del Consiglio di Stato ribadisce con chiarezza tre principi fondamentali:

  • l’art. 36-bis del TUE non ha effetti retroattivi e non può applicarsi a istanze di sanatoria presentate prima della sua entrata in vigore;
  • il silenzio della P.A. sulla SCIA in sanatoria non equivale a un silenzio assenso, ma a un silenzio inadempimento, con la conseguente necessità per il privato di agire in giudizio per ottenere una risposta espressa;
  • l’amministrazione ha l’obbligo di pronunciarsi sull’istanza di SCIA in sanatoria, verificando l’effettiva legittimità dell’intervento edilizio e adottando un provvedimento espresso.

Si tratta di una decisione che conferma la linea rigorosa della giurisprudenza amministrativa in materia edilizia, volta a evitare interpretazioni estensive delle norme sulla sanatoria e a garantire il rispetto dei principi di legalità e buon andamento dell’azione amministrativa.

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