Terzo condono edilizio: il TAR sui limiti volumetrici
La distinta registrazione catastale o l’autonomia funzionale delle unità immobiliari in uno stesso edificio non escludono l'unitarietà della costruzione nel suo complesso
Nella presentazione di un’istanza di condono, il limite volumetrico deve essere calcolato sull’intero fabbricato e non sulle singole unità immobiliari. Ne deriva che l’autonomia catastale e l’indipendente utilizzazione di diverse unità abitative che fanno parte di una villa plurifamiliare non sono sufficienti a superare l'unitarietà della “costruzione” e quindi della sua volumetria.
Terzo condono edilizio: no all'elusione dei limiti volumetrici
A ribadirlo è il TAR Lazio, con la sentenza del 21 febbraio 2025, n. 3895, respingendo il ricorso per l’annullamento del diniego di condono edilizio deciso da un’Amministrazione comunale, in relazione a un'unità immobiliare di 387,37 mc.
L’istanza di condono era stata presentata nel 2004 sulla base dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003 (c.d. "Terzo Condono edilizio"), previsto e disciplinato a livello regionale dalla l.r. Lazio n. 12/2004. Il Comune aveva respinto la domanda, in quanto la domanda si sommava ad altre quattro richieste di condono presentate per altre unità immobiliari presenti nello stesso edificio, per una volumetria complessiva di 1660,67 mc, ben oltre i limiti previsti dalla normativa.
Le contestazioni della ricorrente
Secondo la parte ricorrente, l’immobile oggetto della richiesta di sanatoria costituiva una parte di un fabbricato residenziale composto da due unità distinte:
- una al piano terra e primo, con una volumetria di 446,15 mc;
- un’altra al piano primo e secondo, appartenente a un altro proprietario, con una volumetria di 387,37 mc.
Il totale della cubatura del fabbricato sarebbe quindi di 833,52 mc, rimanendo sotto il limite massimo condonabile.
L’Amministrazione, però, aveva considerato anche la volumetria di un’ulteriore unità immobiliare, situata su una particella catastale differente ma costruita in aderenza al fabbricato oggetto di ricorso. Tale immobile, appartenente ad altri soggetti, era stato oggetto di tre distinte domande di condono.
La ricorrente contestava questa scelta, sostenendo che i due edifici fossero autonomi e distinti sotto ogni profilo, in quanto separati da un muro in cemento di 80 cm di larghezza; dotati di ingressi indipendenti e numeri civici diversi e provvisti di allacci fognari separati.
Volumetria e condono edilizio: cosa prevede la normativa
Il TAR ha richiamato l’art. 2, comma 1, lett. b) della l.r. Lazio n. 12/2004, che disciplina i limiti di volumetria per la sanatoria edilizia.
La norma stabilisce che possono essere condonate:
“…b) opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003, che:
- non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 450 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi nel suo complesso i 900 metri cubi, nel caso in cui si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
- non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 300 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi nel suo complesso i 600 metri cubi, nel caso in cui non si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza.”
Si tratta di un limite massimo complessivo che non può essere aggirato mediante suddivisioni fittizie dell’edificio in unità più piccole, con la presentazione di domande di condono separate.
Plurime istanze di condono: è frazionamento artificioso
Il TAR ha chiarito che la prassi di suddividere un’unica costruzione in più unità immobiliari, al fine di rientrare nei limiti volumetrici previsti per il condono, rappresenta un frazionamento artificioso delle istanze di sanatoria.
Nel caso in esame, il diniego dell’Amministrazione è stato motivato dal superamento della volumetria massima condonabile, calcolata considerando l’intero edificio come un’unica costruzione.
In particolare, il giudice ha evidenziato che:
- non è sufficiente dimostrare la distinta registrazione catastale o l’autonomia funzionale delle unità immobiliari per escludere l'unitarietà dell’edificio;
- l’intervento edilizio va valutato nel suo complesso, considerando la volumetria totale dell’intero manufatto;
- le singole domande di condono non possono essere considerate in modo isolato, se fanno riferimento a parti dello stesso fabbricato.
Il ricorso è stato quindi respinto: l’Amministrazione ha legittimamente respinto l’istanza di condono, collegabile alle altre presentate per la stessa costruzione e finalizzate a ottenere la sanatoria, nonostante il superamento dei limiti volumetrici imposti dalla normativa.
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Sentenza