Permesso di costruire annullato: tra fiscalizzazione e stato legittimo
Il Consiglio di Stato sull'applicazione e sugli effetti della sanzione pecuniaria ex art. 38 del Testo Unico Edilizia
L’art. 38 del Testo Unico Edilizia affronta un aspetto abbastanza controverso in materia di abusi edilizi: la possibilità di ricorrere alla c.d. “fiscalizzazione” nel caso di permesso di costruire annullato, con il pagamento di una sanzione pecuniaria che consente di sanare edifici per i quali era stato rilasciato un titolo, successivamente invalidato dall'Amministrazione.
Attenzione però perché, come ha spiegato il Consiglio di Stato con la sentenza del 24 giugno 2024, n. 5666, la fiscalizzazione dell’abuso ai sensi dell’art. 38 può avvenire in presenza di vizi formali e non sostanziali, esattamente come nel caso dell’accertamento di conformità ex art. 36 dello stesso d.P.R. n. 380/2001, ma non per sanare vizi sostanziali.
Fiscalizzazione abusi edilizi: come funziona se il Permesso di Costruire viene annullato?
Ed è sulla base di questi presupposti che Palazzo Spada ha respinto l’appello per la legittimazione ex post di un complesso immobiliare, edificato sulla base di un permesso di costruire annullato a seguito dell'accertamento del reato di lottizzazione abusiva ai sensi dell’art. 44, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001, con condanna della società immobiliare, dei direttori dei lavori e dei funzionari comunali che si erano occupati del progetto.
La volumetria edificata, pari a 14.254 mc, era superiore all’indice edificatorio massimo consentito nella zona di riferimento, configurando un utilizzo improprio della cessione di cubatura su aree pubbliche.
Dopo la condanna, il Comune ha annullato il permesso di costruire riconoscendone l'invalidità sostanziale e ha ordinato l’acquisizione del complesso immobiliare al patrimonio pubblico.
La richiesta di sanatoria e l’invocazione dell’art. 38 del TUE
I ricorrenti hanno tentato di ottenere una sanatoria ex post, sostenendo che il Comune avrebbe dovuto annullare formalmente il permesso di costruire e riattivare il procedimento per correggere il vizio di origine.
La strategia proposta prevedeva:
- l’annullamento in autotutela del titolo edilizio per eliminarne gli effetti giuridici;
- la riedizione del procedimento, con rilascio di un nuovo permesso di costruire basato su una diversa configurazione urbanistica, in modo da “recuperare” la volumetria eccedente;
- l’applicazione della sanatoria prevista dall’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, che consente la fiscalizzazione dell’abuso con il pagamento di una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione.
Vizi sostanziali: perché non si applica la sanzione alternativa
Una procedura impossibile, per il Consiglio: l’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 non garantisce automaticamente la sanatoria. La norma prevede:
- la convalida del titolo, se il vizio riguarda esclusivamente irregolarità procedurali e non sostanziali;
- la sostituzione della demolizione con una sanzione pecuniaria, solo se l’intervento è conforme alle norme urbanistiche e territoriali vigenti al momento della richiesta.
In questo caso, la volumetria eccedente non era sanabile. La giurisprudenza ha chiarito che la fiscalizzazione dell’abuso edilizio può avvenire solo in presenza della doppia conformità, ossia il rispetto della disciplina urbanistica sia al momento della costruzione, sia al momento della richiesta di sanatoria. In questo caso, l’edificio violava i limiti di densità edilizia stabiliti per la zona e non era possibile rimediare con strumenti pattizi o modifiche successivamente introdotte.
Non si trattava di un vizio meramente procedurale: l’annullamento del permesso di costruire era dipeso da un errore sostanziale nell’attribuzione della cubatura, non da una semplice irregolarità amministrativa, avallata poi dal giudice penale con sentenza divenuta peraltro irrevocabile. Nel caso esaminato, l’edificio non era regolarizzabile perché superava gli indici di edificabilità consentiti, e la pretesa dei ricorrenti di integrare la cubatura ex post è stata considerata priva di fondamento giuridico.
L’appello è stato quindi respinto: la fiscalizzazione ex art. 38 non può trasformarsi in un condono mascherato, soprattutto in assenza di una reale compatibilità urbanistica dell’intervento.
Sanzione alternativa: gli effetti sananti e lo stato legittimo
Con il decreto Salva Casa, (D.L. n. 69/2024, convertito con legge n. 105/2024), è stato messo nero su bianco che gli effetti sananti della fiscalizzazione ex art. 38 del Testo Unico Edilizia concorrono alla formazione dello stato legittimo, essendo esplicitamente nominati nel testo novellato dell'art. 9-bis.
Mentre nella versione precedente il testo si limitava a definire "1-bis. Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali",
il nuovo testo specifica che: "Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle ((disposizioni di cui agli articoli 34-ter,)) 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare ((concorrono)), altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, ((37, commi 1, 3, 5 e 6)), e 38, e la dichiarazione di cui all'articolo 34-bis.
In questo modo si conferma ancora di più come la fiscalizzazione ex art. 38 rappresenti una sanatoria a tutti gli effetti.
Documenti Allegati
Sentenza