SCIA in variante: efficace senza variazioni essenziali

Il Comune non può dichiarare l'inefficacia di una SCIA in variante a permesso di costruire, se gli interventi non sono qualificabili come variazioni essenziali

di Redazione tecnica - 03/03/2025

Una volta presentata la SCIA in variante al permesso di costruire, il Comune può esercitare la sua attività di vigilanza urbanistica ed edilizia e se accerta l’esecuzione di interventi con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione.

Questo accertamento presuppone l’ultimazione dei lavori e non può essere sovrapposto o confuso con l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 19 della legge n. 241/1990, che va svolto, alla luce di quanto dichiarato nel titolo e nei correlati elaborati progettuali e non sull’attività edilizia in itinere che discende dalla presentazione della S.C.I.A. in variante.

SCIA in variante: efficace senza variazioni essenziali

Sono questi i presupposti sulla base dei quali, con la sentenza del 13 febbraio 2025, n. 574, il TAR Sicilia ha accolto il ricorso presentato da un’impresa di costruzioni contro il provvedimento con cui il Comune aveva dichiarato inefficace una SCIA in variante a un permesso di costruire.

L’oggetto del ricorso riguardava un intervento edilizio di demolizione e ricostruzione, avviato dall’impresa con l’obiettivo di completarlo entro il 31 dicembre 2024 per beneficiare delle agevolazioni fiscali del Sisma Bonus.

Nel corso dei lavori, l’impresa aveva presentato una SCIA in variante per modifiche che includevano:

  • l’eliminazione di un secondo piano interrato e della rampa carrabile originariamente prevista;
  • la riduzione del numero di unità immobiliari;
  • la realizzazione di locali tecnici interrati destinati agli impianti idrici e agli impianti fotovoltaici.

Successivamente, a seguito di un sopralluogo, il Comune aveva ritenuto che tali modifiche comportassero un impatto sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, dichiarando quindi inefficace la SCIA in variante e sequestrando l’area di cantiere.

Il contenzioso

L’impresa ha quindi impugnato il provvedimento comunale eccependo una serie di vizi di legittimità:

  • violazione dell’art. 22, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e dell’art. 10, comma 2, della L.R. Sicilia n. 16/2016: il Comune non avrebbe il potere di inibire la SCIA in variante prima della conclusione dei lavori, se non nei limiti di cui all’art. 19, commi 3 e 6-bis, della L. 241/1990 e all’art. 23, comma 6, del d.P.R. n. 380/2001;
  • anche qualora fosse stato legittimo, il potere inibitorio dell’amministrazione comunale non poteva essere esercitato oltre il termine perentorio di 30 giorni previsto dall’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001;
  • il provvedimento non specificava in modo chiaro le ragioni per cui le modifiche apportate non rientrassero tra le varianti ammesse dalla normativa vigente;
  • era stata fatta un’errata qualificazione delle modifiche progettuali: la SCIA non incideva sui parametri urbanistici fondamentali (densità fondiaria, altezza, superficie coperta, rapporto di copertura) né sulla volumetria, ma si limitava a una diversa distribuzione degli spazi interrati.

Da parte sua, l’amministrazione comunale ha giustificato il proprio operato affermando che:

  • le modifiche avrebbero comportato una traslazione di 10 metri dell’edificio all’interno del lotto, situato in area vincolata, rendendo necessaria una nuova valutazione da parte della Soprintendenza;
  • la nuova configurazione determinava un aumento di volume rispetto a quello assentito, con l’innalzamento del piano garage sopra il livello del suolo;
  • le distanze dai confini e dagli edifici adiacenti erano state alterate, in violazione della disciplina urbanistica vigente;
  • gli interventi avrebbero quindi prodotto una modifica sostanziale dell’area di sedime dell’edificio e un incremento volumetrico incompatibile con il permesso di costruire originario.

 

SCIA in variante: quando non può essere dichiarata inefficace

Il TAR ha dato ragione alla ricorrente, richiamando la normativa di riferimento, ossia il Testo Unico Edilizia, la L.R. Sicilia n. 16/2016, la L.R. Sicilia n. 4/2005, oltre che il Regolamento edilizio comunale.

Queste le coordinate enunciate dal giudice:

  • secondo l’art. 22, comma 2, del Testo Unico Edilizia, le varianti non essenziali possono essere realizzate mediante SCIA, purché non modifichino volumetrie, sagoma e destinazione d’uso;
  • l’art. 32 dello stesso TUEd e l’art. 12 della L.R. 16/2016 definiscono come variante essenziale questa tipologia di interventi:
    • a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968;
    • b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
    • c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
    • d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
    • e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Nel caso di specie, il TAR ha rilevato che le modifiche non comportavano un incremento volumetrico né un'alterazione dei parametri urbanistici principali, in particolare con un’errata qualificazione delle volumetrie tecniche: il Regolamento Edilizio del Comune stabilisce che il "volume" è solo quello fuori terra e che i volumi tecnici (locali impianti, extracorsa ascensori, canne fumarie, serbatoi idrici) sono esclusi dal calcolo volumetrico. Di conseguenza i due locali tecnici interrati (30 mq ciascuno) non generavano nuova volumetria e quindi non alteravano i parametri urbanistici dell’edificio.

L'attività illegittima del Comune

Da qui discende l’illegittimità dell’atto per l’erronea qualificazione degli interventi riportati nella S.C.I.A. in variante quali interventi che “...incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie e pertanto non qualificabili come interventi di cui all'articolo 22, comma 2 del DPR 380/01 come recepito dall'art.10 comma 2 L.R. n.16/2016”.

Spiega il giudice che quanto riportato nel verbale di sopralluogo, attiene all’attività di vigilanza urbanistica ed edilizia che l’Amministrazione è tenuta ad esercitare senza limiti di tempo - e dai cui rilievi possono emergere eventuali abusi tali da determinare l’adozione di possibili provvedimenti repressivo-ripristinatori - e non alla verifica di “conformità” della S.C.I.A. in variante ai parametri normativi di riferimento.

Essa va compiuta con riguardo all’accertamento dei suoi requisiti e dei suoi presupposti, tenuto conto di quanto dichiarato nella segnalazione e nei correlati elaborati progettuali, secondo le modalità e i regimi temporali di cui all’art. 19 della L. 241/1990.

Quanto invece descritto ed esposto nel “verbale di accertamento urgenti sui luoghi e di sequestro” afferisce ad altro procedimento, di natura repressiva e succedaneo a quello di verifica della rispondenza della S.C.I.A. ai requisiti di legge, da svolgersi, invece, alla luce di quanto dichiarato e non in considerazione degli interventi, in seguito, concretamente realizzati dal privato.

Dal combinato disposto dell’art. 22, comma 2 e dell’art. 31, comma 2, del D.P.R. 380/2001, infatti, si evince che, una volta presentata la S.C.I.A. in variante, il Comune:

  • esercita la sua attività di “vigilanza urbanistica ed edilizia”;
  • nell’ambito di tale attività, una volta accertata l’esecuzione di interventi “...con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione...”.

Tale “accertamento” presuppone l’ultimazione dei lavori e non può essere sovrapposto, o meglio, confuso, con l’esercizio dei poteri di cui all’art. 19 della L. 241/1990, da svolgersi, invece, alla luce di quanto dichiarato nel “titolo” (e nei correlati elaborati progettuali) e non sull’attività edilizia in itinere che discende dalla presentazione della S.C.I.A. in variante.

La sentenza del TAR

Il ricorso è stato quindi accolto: l’Amministrazione comunale non può trarre il fondamento della propria dichiarazione di inefficacia della SCIA in variante da un sopralluogo eseguito in corso d’opera; al contrario, l’Ente avrebbe potuto inibire lo svolgimento dell’attività edilizia riportata qualora gli interventi fossero stato al di fuori del perimentro dell'art. 22 del Testo Unico Edilizia.

Quanto rilevato in corso d’opera attiene all’esercizio del proprio potere repressivo-sanzionatorio e fuoriesce, quindi, dalla dichiarazione di “inefficacia” della S.C.I.A. in variante, la quale, per le ragioni sopra esposte, è da ritenersi illegittima in considerazione della piena compatibilità degli interventi con la normativa di riferimento.

 

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