Milleproroghe 2025: la riforma che cancella il confine tra chi decide e chi esegue
Il nuovo Milleproroghe segna un'inversione di tendenza rispetto all'approccio normativo precedente, che aveva privilegiato la separazione netta tra funzioni politiche e gestionali
Con l’entrata in vigore della Legge n. 15/2025, che ha convertito il Decreto Milleproroghe 2025 (D.L. 202/2024), il 25 febbraio 2025, è stato ufficialmente abrogato il comma 2 dell’art. 7 del D.Lgs. 39/2013, eliminando il divieto per ex sindaci, assessori e consiglieri comunali di ricoprire incarichi dirigenziali o amministrativi nelle stesse amministrazioni locali o in enti da esse controllati subito dopo la cessazione dal mandato.
Milleproroghe: cambio di paradigma
Questa riforma rappresenta un cambio di paradigma significativo nei rapporti tra politica e amministrazione in Italia. La scelta di eliminare completamente il periodo di "raffreddamento" segna un'inversione di tendenza rispetto all'approccio normativo precedente, che aveva privilegiato la separazione netta tra funzioni politiche e gestionali.
Questa modifica normativa rappresenta una svolta significativa, ampliando le opportunità professionali per gli ex amministratori locali. Tuttavia, solleva anche interrogativi su possibili fenomeni di pantouflage (o revolving doors), ovvero il passaggio diretto di un soggetto dalla politica alla dirigenza amministrativa, con potenziali rischi di conflitti di interesse e alterazione dell’imparzialità dell’azione amministrativa.
La modifica si inserisce in un contesto più ampio di riforme della pubblica amministrazione, dove si cerca di bilanciare esigenze di efficienza con principi di imparzialità e trasparenza. Tuttavia, l'approccio radicale adottato solleva interrogativi sulla tenuta complessiva del sistema di garanzie contro i conflitti d'interesse.
Cosa cambia con la nuova normativa
Fino al 2024, il D.Lgs. 39/2013 prevedeva un'incompatibilità temporanea per gli ex amministratori locali, impedendo loro di assumere incarichi dirigenziali o di vertice all’interno della stessa amministrazione o di enti partecipati per un periodo di almeno due anni. Questo limite era stato introdotto per garantire la separazione tra il ruolo politico e quello gestionale, evitando il rischio che un amministratore, terminato il proprio mandato, potesse beneficiare di posizioni di vertice grazie a relazioni costruite durante l’esperienza politica.
L’intervento legislativo ha invece optato per una soluzione più radicale: con l’eliminazione della norma, dal 25 febbraio 2025 un sindaco uscente può immediatamente essere nominato dirigente nel proprio Comune o in una società partecipata senza alcun vincolo temporale.
Esempi pratici della nuova normativa
Per comprendere meglio l’impatto della riforma, vediamo tre esempi concreti di applicazione della nuova normativa:
Esempio 1: Il Sindaco che diventa Direttore Generale
Un sindaco al termine del suo secondo mandato in un comune capoluogo di provincia, grazie alla nuova normativa, può essere immediatamente nominato Direttore Generale dell’ente, senza dover attendere il periodo di raffreddamento precedentemente previsto. Questo gli consente di mantenere un ruolo di rilievo nella macchina amministrativa, garantendo continuità politica e gestionale, ma potrebbe anche alimentare dubbi su possibili favoritismi.
Esempio 2: L’ex Assessore che assume la guida di una società partecipata
Un assessore uscente con delega ai lavori pubblici viene nominato, subito dopo la fine del suo mandato, amministratore delegato della società partecipata che gestisce i servizi di manutenzione stradale per lo stesso Comune. In assenza di un vincolo di incompatibilità, la sua nomina potrebbe avvenire senza selezione pubblica, suscitando perplessità su possibili conflitti di interesse.
Esempio 3: Il Consigliere comunale che diventa dirigente del settore urbanistica
Un consigliere comunale, terminato il suo mandato, viene selezionato direttamente dal sindaco in carica per ricoprire il ruolo di dirigente del settore urbanistica del Comune. Con la vecchia normativa, ciò sarebbe stato impossibile per almeno due anni, ma con la nuova legge il passaggio è immediato, senza alcuna interruzione tra la fase politica e quella dirigenziale.
Scenari futuri possibili
Scenario 1: Circoli virtuosi di competenza
In alcuni contesti virtuosi, questa riforma potrebbe permettere di valorizzare il patrimonio di conoscenze e competenze acquisite dagli amministratori locali, specialmente in comuni di piccole dimensioni dove il ricambio di personale qualificato è limitato. Un sindaco con background tecnico che diventa dirigente potrebbe garantire continuità in progetti strategici di lungo periodo.
Scenario 2: Consolidamento di reti di potere locale
Nei contesti più problematici, potremmo assistere alla formazione di veri e propri "feudi amministrativi", dove le stesse persone alternano ruoli politici e amministrativi, consolidando il controllo sulla macchina comunale. Ciò potrebbe manifestarsi particolarmente in territori già caratterizzati da scarsa alternanza politica.
Scenario 3: Incremento del contenzioso amministrativo
La rimozione di un limite oggettivo (il periodo di incompatibilità) potrebbe generare un aumento dei ricorsi amministrativi contro le nomine di ex amministratori, con richieste di verifica della legittimità delle procedure di selezione e dell'esistenza di conflitti d'interesse.
Vantaggi potenziali
- Continuità amministrativa: La possibilità di mantenere competenze e conoscenze all'interno dell'ente può garantire maggiore stabilità nei processi amministrativi complessi.
- Valorizzazione dell'esperienza politico-amministrativa: L'esperienza acquisita durante il mandato politico, se accompagnata da adeguate competenze tecniche, può rappresentare un valore aggiunto per la gestione amministrativa.
- Maggiore attrattività dei ruoli politici: La prospettiva di poter proseguire un percorso professionale all'interno dell'amministrazione potrebbe incentivare professionisti qualificati a candidarsi a ruoli politici.
- Flessibilità nelle piccole realtà locali: Nei comuni minori, dove il reperimento di dirigenti qualificati è spesso difficoltoso, questa riforma potrebbe facilitare l'accesso a competenze già presenti sul territorio.
Svantaggi e criticità
- Indebolimento della separazione tra politica e amministrazione: La riforma rischia di erodere un principio cardine dell'ordinamento amministrativo italiano, creando commistioni tra chi definisce gli indirizzi politici e chi li attua.
- Rischi di clientelismo e "lottizzazione": L'immediato passaggio da ruoli politici a dirigenziali può trasformarsi in uno strumento di ricompensa politica, snaturando il principio meritocratico.
- Conflitti d'interesse strutturali: Un ex sindaco divenuto dirigente potrebbe trovarsi a dover valutare l'efficacia di politiche da lui stesso promosse, con evidenti problemi di imparzialità.
- Perdita di credibilità delle istituzioni: Nomine percepite come politiche anziché tecniche potrebbero minare la fiducia dei cittadini nell'imparzialità dell'amministrazione.
- Potenziale esclusione di candidati esterni meritevoli: La preferenza per ex amministratori potrebbe limitare l'accesso a professionisti esterni potenzialmente più qualificati.
Il fenomeno del pantouflage e i possibili rischi
Il termine pantouflage (di origine francese) si riferisce al fenomeno del passaggio diretto dalla politica alla dirigenza amministrativa o da un’alta funzione pubblica a un incarico nel settore privato con legami con la PA. Se da un lato questa prassi consente di valorizzare competenze maturate in ambito istituzionale, dall’altro solleva problemi di imparzialità e conflitti di interesse.
L'abolizione dell'incompatibilità per gli ex amministratori locali potrebbe dunque favorire dinamiche di autocooptazione, dove coloro che hanno ricoperto ruoli politici mantengono una forte influenza anche nella gestione amministrativa, riducendo la separazione tra indirizzo politico e attività gestionale. Questo potrebbe tradursi in:
- Scarsa trasparenza nelle nomine: la possibilità che le posizioni dirigenziali vengano assegnate non per merito, ma per continuità politica.
- Influenza indebita sulle scelte amministrative: un ex sindaco o assessore, divenuto dirigente, potrebbe favorire decisioni in linea con il precedente mandato politico piuttosto che con criteri oggettivi di gestione.
- Rischi di alterazione della concorrenza: nel caso di incarichi in società partecipate, vi è il pericolo che si sviluppino dinamiche poco trasparenti nell'affidamento di appalti e servizi.
Possibili correttivi aggiuntivi
Oltre a quelli già menzionati nell'articolo, potrebbero essere considerati:
- Introduzione di limiti quantitativi: Stabilire una percentuale massima di posizioni dirigenziali ricopribili da ex amministratori dello stesso ente.
- Commissioni di valutazione indipendenti: Prevedere che le nomine di ex amministratori debbano essere validate da commissioni esterne all'ente.
- Vincolo di disclosure pubblica: Obbligo di pubblicazione dettagliata del curriculum e delle motivazioni alla base della nomina di ex amministratori.
- Obblighi di astensione rafforzati: Prevedere che dirigenti ex amministratori debbano astenersi da decisioni connesse a politiche da loro promosse durante il mandato politico.
- Monitoraggio degli impatti della riforma: Istituire un osservatorio nazionale che valuti gli effetti della riforma sul lungo periodo, raccogliendo dati su numero e tipologia di nomine.
La sfida principale sarà trovare un nuovo equilibrio tra la flessibilità introdotta e la necessità di salvaguardare principi fondamentali come l'imparzialità e la separazione tra indirizzo politico e gestione amministrativa. Senza adeguati contrappesi, il rischio è che questa riforma finisca per favorire dinamiche poco trasparenti nella gestione della cosa pubblica, con potenziali effetti negativi sulla qualità complessiva dei servizi ai cittadini.
Conclusioni: la difficile ricerca di un equilibrio
La riforma che abolisce il periodo di incompatibilità per gli ex amministratori locali si colloca al crocevia di due esigenze contrapposte dell'amministrazione pubblica: da un lato la valorizzazione delle competenze e la continuità amministrativa, dall'altro la salvaguardia dell'imparzialità e della separazione tra politica e amministrazione.
Come osservava Cicerone, "Salus populi suprema lex esto" (il benessere del popolo sia la legge suprema). Questa massima ci ricorda che ogni riforma amministrativa dovrebbe essere valutata primariamente in base alla sua capacità di migliorare il servizio reso ai cittadini, piuttosto che per la convenienza degli amministratori.
La sfida che si pone davanti alle amministrazioni locali è quella di implementare correttivi che possano mitigare i rischi di pantouflage senza rinunciare ai potenziali benefici della riforma. Non si tratta semplicemente di scegliere tra rigidità e flessibilità, ma di costruire un sistema di garanzie che possa contemperare entrambe le esigenze.
Come ammoniva Tacito, "Corruptissima re publica plurimae leges" (nello Stato più corrotto, moltissime leggi). Non è tanto la quantità di norme a garantire l'integrità del sistema, quanto la qualità dei meccanismi di controllo e la solidità della cultura amministrativa.
La vera sfida sarà trasformare questa riforma in un'opportunità per ripensare complessivamente il rapporto tra politica e amministrazione, rafforzando gli strumenti di selezione meritocratica e i presidi di trasparenza. Solo così si potrà evitare che l'abolizione del periodo di raffreddamento si traduca in un indebolimento strutturale dell'imparzialità amministrativa.
"Fiat iustitia, ruat caelum" (si faccia giustizia, cada pure il cielo). L'imperativo di garantire l'interesse pubblico e l'imparzialità dell'azione amministrativa deve rimanere prioritario, anche a fronte di riforme che potrebbero metterlo a rischio. La vera misura del successo di questa modifica normativa sarà la capacità del sistema di preservare la propria integrità pur in assenza del presidio formale dell'incompatibilità temporanea.