Ampliamento volumetrico e diniego di condono edilizio: il TAR sulla partecipazione al procedimento

La sentenza del TAR Lazio entra nel merito dell’obbligo di avvio del procedimento e della partecipazione del privato prima della demolizione di un abuso edilizio

di Gianluca Oreto - 06/03/2025

Quando è obbligatorio l’avviso di avvio del procedimento nelle demolizioni di opere abusive? L’ordinanza di demolizione di un’opera abusiva deve essere sempre preceduta da un’adeguata partecipazione del privato al procedimento amministrativo? Oppure, trattandosi di un provvedimento vincolato, può essere adottata direttamente dall’amministrazione senza ulteriori passaggi interlocutori?

Ampliamento volumetrico e diniego di condono edilizio: interviene il TAR

A rispondere a queste domande è la sentenza n. 3934 del 21 febbraio 2025, con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha fornito un importante chiarimento sul diritto del privato a partecipare al procedimento prima dell’adozione di un’ordinanza di demolizione.

Ma non solo. La decisione del TAR affronta anche la delicata distinzione tra opere totalmente prive di titolo edilizio e situazioni in cui l’abuso potrebbe rientrare nelle nuove fattispecie di tolleranza costruttiva o sanatoria introdotte dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), recentemente modificato dal Decreto Salva Casa (D.L. n. 69/2024 convertito con modificazioni in Legge n. 105/2024).

La vicenda giudiziaria trae origine dal diniego di un condono edilizio richiesto ai sensi del D.L. n. 269/2003 (terzo condono edilizio) per sanare un piccolo locale di circa 4 mq adibito a deposito attrezzi, situato su un terrazzo.

L’istanza è stata respinta dal Comune sulla base dell’esistenza di un vincolo sull’area e dell’incompatibilità dell’opera con le normative regionali e nazionali in materia di sanatoria.

A seguito del diniego del condono, l’amministrazione ha emesso un’ordinanza di demolizione senza ulteriori interlocuzioni con il privato.

Il TAR, pur confermando la legittimità del diniego, ha tuttavia ritenuto illegittima l’ordinanza di demolizione, evidenziando una violazione del diritto alla partecipazione procedimentale.

Il diniego di condono edilizio

Per quanto riguarda il diniego di condono, il TAR ha ribadito che la normativa regionale del Lazio consente la sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo per interventi di minore rilevanza, ovvero restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria (numeri 4, 5 e 6 dell'Allegato 1 del D.L. n. 269/2003).

Tutte le altre tipologie di abuso edilizio non possono essere sanate, in base a quanto stabilito dall’art. 3, comma 1, lett. b), della L.R. Lazio n. 12/2004, che prevede una preclusione per le “Opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti da leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle aree protette”.

La stessa disciplina è ribadita dalla normativa statale:

  • l’art. 32, comma 27, lett. d), del D.L. n. 269/2003 stabilisce che le opere abusive realizzate su immobili vincolati non sono suscettibili di sanatoria;
  • non ha rilievo il fatto che il vincolo non comporti inedificabilità assoluta: ciò che rileva è la mera esistenza del vincolo, indipendentemente dalla conformità urbanistica dell’intervento.

Pertanto, nel caso di specie, l’operato dell’amministrazione e il diniego di condono sono stati legittimi e non necessitano di ulteriore istruttoria, trattandosi di una preclusione oggettiva stabilita direttamente dalla normativa.

L’avvio del procedimento e il diritto al contraddittorio

Se il diniego del condono è stato considerato corretto, il TAR ha invece censurato il Comune per aver omesso l’avviso di avvio del procedimento prima dell’adozione dell’ordinanza di demolizione. Sebbene la repressione degli abusi edilizi sia un’attività vincolata, l’amministrazione non può prescindere da una valutazione sulle caratteristiche dell’intervento.

Secondo il TAR Lazio, nei casi in cui l’abuso edilizio sia di modesta entità, l’amministrazione deve garantire un minimo di interlocuzione con il privato, consentendogli di rappresentare eventuali ragioni di difesa o regolarizzazione.

Nel caso specifico, il piccolo manufatto oggetto di demolizione, pur non rientrando tra le ipotesi di condono edilizio, avrebbe potuto essere valutato alla luce delle nuove tolleranze costruttive o delle sanatorie introdotte dal Decreto Salva Casa.

Per questo motivo, il Comune avrebbe dovuto invocare il principio di collaborazione e garantire al privato la possibilità di interloquire prima dell’adozione della misura demolitoria.

Attenzione: benché il TAR ipotizzi la possibile applicazione del nuovo regime delle tolleranze costruttive, in realtà le stesse non possono essere utilizzate per gli ampliamenti volumetrici come nel caso di specie.

Il principio di proporzionalità e il richiamo alla CEDU

Un altro aspetto centrale della sentenza riguarda il principio di proporzionalità, che impone alla pubblica amministrazione di calibrare le misure sanzionatorie in modo adeguato rispetto al singolo caso concreto.

Richiamando la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU, Grande Camera, 28 giugno 2018, n. 1828), il TAR ha ribadito che la demolizione di un’opera abusiva non può essere applicata in modo automatico, ma deve essere preceduta da un’adeguata istruttoria che tenga conto:

  • della lieve entità dell’abuso;
  • delle possibili alternative alla demolizione;
  • della posizione soggettiva del proprietario (ad esempio, se non è l’autore dell’abuso ma ha acquistato l’immobile successivamente).

L’assenza di questi approfondimenti istruttori ha compromesso il diritto del ricorrente a una valutazione equa e proporzionata del proprio caso.

Conclusioni

La sentenza del TAR Lazio non mette in discussione il potere sanzionatorio della pubblica amministrazione, ma chiarisce che l’applicazione meccanica delle norme repressive non è sempre ammissibile.

Dalla sentenza emerge che:

  1. il rigetto del condono non comporta automaticamente la demolizione dell’opera;
  2. l’amministrazione deve valutare se l’abuso può rientrare in altre forme di regolarizzazione (tolleranze costruttive, sanatorie speciali);
  3. in caso di opere di modesta entità, il Comune deve garantire il contraddittorio prima della demolizione;
  4. il principio di proporzionalità impone un’istruttoria adeguata e non automatismi sanzionatori.

Il messaggio della giurisprudenza è chiaro: l’azione repressiva deve sempre essere bilanciata con il rispetto dei diritti del cittadino e con un’applicazione ragionevole della disciplina edilizia.

Se da un lato il Salva Casa ha ampliato le possibilità di sanatoria, dall’altro l’amministrazione deve adottare un approccio più attento e non limitarsi a demolire senza concedere alcuno spazio di valutazione.

Una sentenza che, senza dubbio, rafforza le garanzie procedimentali e impone ai Comuni di gestire gli abusi edilizi con maggiore equilibrio e trasparenza.

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