Sottotetto abitabile: per la qualificazione non basta l’altezza

La ridotta altezza di un sottotetto non è sufficiente a dimostrare la sua “non abitabilità” al fine di escluderlo dal volume consentito

di Gianluca Oreto - 06/03/2025

Quando un sottotetto può essere considerato abitabile? L’altezza media è l’unico parametro rilevante ai fini urbanistici? Che effetti ha la presentazione di una istanza di sanatoria semplificata ai sensi dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia (TUE) sull’efficacia di un’ordinanza di demolizione?

Sottotetto abitabile: interviene il Consiglio di Stato

A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 448 del 22 gennaio 2025 che conferma l’ordinanza di demolizione emessa da un Comune nei confronti di un intervento che aveva trasformato un sottotetto in un’unità abitativa, con la creazione di vani accessori e servizi igienici. Nel farlo, i giudici hanno ribadito due principi di grande rilevanza per gli operatori del settore:

  1. un sottotetto non può essere valutato solo in base all’altezza media, ma occorre considerare anche la destinazione d’uso e l’effettivo utilizzo;
  2. la presentazione di una domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis del TUE non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione, ma ne sospende solo l’efficacia.

Vediamo nel dettaglio i punti affrontati dalla decisione.

Sottotetto abitabile: altezza media e destinazione d’uso

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava la classificazione urbanistica del sottotetto. L’appellante sosteneva che l’intervento contestato non avrebbe generato volumetria, dal momento che l’altezza media netta era inferiore a 2,20 metri e che, secondo il regolamento edilizio comunale, i sottotetti con tali caratteristiche non venivano computati ai fini volumetrici.

Secondo l’art. 28 del regolamento edilizio comunale:

I sottotetti non abitabili non vengono computati nel volume consentito se l’altezza media interna netta, misurata dal pavimento all’intradosso del solaio di copertura, non supera 2,20 ml nei confronti di falde con inclinazione non superiore al 35% e se destinati a depositi, stenditoi, magazzini e/o servizi accessori e tecnici. Detti locali devono essere proporzionati, per ampiezza e per numero alla consistenza delle unità immobiliari cui sono asserviti. L’aereazione e/o illuminazione dei locali sottotetti, sia abitabili che non, può avvenire sia mediante lucernari e/o asole ricavate nelle falde, che mediante abbaini o simili. La dimensione complessiva delle aperture non può superare 1/10 della superficie della copertura a tetto”.

Tuttavia, il Consiglio di Stato ha respinto questa argomentazione, chiarendo che la valutazione della natura abitabile di un sottotetto non può basarsi esclusivamente sull’altezza, ma deve considerare anche l’effettivo utilizzo e la configurazione degli spazi.

Dalla relazione tecnica allegata al provvedimento comunale, infatti, emergeva che il sottotetto in questione era stato trasformato in un’unità immobiliare completa, con due vani, un ripostiglio e un servizio igienico. Inoltre, era presente una scala di collegamento con il piano sottostante, elemento che – secondo i giudici – confermava la volontà di rendere il locale fruibile come spazio abitativo e non come semplice vano accessorio.

Di conseguenza, l’opera realizzata si poneva al di fuori della disciplina comunale sui sottotetti non abitabili e doveva essere considerata a tutti gli effetti un intervento che ha comportato un incremento di volume e una modifica della sagoma dell’edificio.

Ne deriva che, anche laddove l’altezza media fosse inferiore ai 2,20 metri, la presenza di una suddivisione degli ambienti e di dotazioni tipiche di un’abitazione escludeva la possibilità di qualificare il sottotetto come vano tecnico o accessorio.

SCIA in sanatoria e sanatoria semplificata

Un altro aspetto trattato dalla sentenza riguarda la presentazione, da parte dell’appellante:

  • prima di una SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 37, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia);
  • e poi di un’istanza di sanatoria semplificata ai sensi dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, introdotta dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa).

Sulla SCIA in sanatoria il Comune ha chiarito che la stessa non sarebbe idonea a costituire titolo edilizio sul rilievo che le opere non risulterebbero conformi alla disciplina urbanistico-edilizia vigente poiché avrebbero dato luogo all’aumento di volume e all’alterazione della sagoma dell’immobile. Inoltre, nel caso di specie l’intervento non sarebbe stato idoneo a conseguire l’accertamento di compatibilità paesaggistica poiché, in presenza di nuove superfici e volumi, non integrerebbe i presupposti di cui all’art. 167, comma 4, D.Lgs. n. 42 del 2004 (eccezione superata dall’art. 36-bis del TUE).

Secondo il Comune, dunque, l’istanza di sanatoria non era ammissibile per diverse ragioni:

  • l’intervento aveva determinato un incremento di volumetria non compatibile con la disciplina urbanistica vigente;
  • le opere realizzate si trovavano in un’area vincolata, escludendo la possibilità di sanatoria ai sensi della normativa paesaggistica.

Sulla sanatoria semplificata presentata ai sensi dell’art. 36-bis del TUE, i giudici hanno ritenuto corretto l’operato dell’amministrazione e hanno ribadito un principio già affermato dal Consiglio di Stato in precedenti pronunce (Cons. Stato, Sez. VII, n. 7680/2023; Sez. II, nn. 714 e 1708/2023): la presentazione di una richiesta di sanatoria non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione, ma ne sospende solo l’efficacia fino alla definizione dell’istanza.

In altre parole, l’ordine di demolizione resta pienamente valido e, se l’istanza di sanatoria verrà respinta, l’amministrazione potrà procedere con la demolizione dell’opera abusiva.

Di conseguenza, chi intende sanare un abuso edilizio non può fare affidamento sulla sola presentazione della domanda di sanatoria, ma deve attendere l’esito dell’istruttoria amministrativa. In caso di rigetto, l’ordinanza di demolizione riprenderà immediatamente efficacia, senza necessità di un ulteriore provvedimento da parte del Comune.

Conclusioni

La decisione del Consiglio di Stato offre chiarimenti importanti su due aspetti fondamentali e uno spunto di riflessione:

  1. un sottotetto non è abitabile solo perché l’altezza è superiore a un certo valore minimo. Occorre valutare la destinazione d’uso effettiva, l’organizzazione degli spazi e la dotazione impiantistica. Se l’intervento dimostra la volontà di rendere il locale abitabile, esso deve essere considerato come incremento volumetrico e rispettare i limiti imposti dagli strumenti urbanistici;
  2. la presentazione di un’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis del TUE non influisce sulla legittimità di un’ordinanza di demolizione, ma ne sospende solo l’efficacia. Se l’istanza viene respinta, la demolizione dovrà comunque avvenire.

Quanto allo spunto di riflessione, la sentenza evidenzia che il Comune ha accettato la presentazione della richiesta di sanatoria semplificata ex art. 36-bis TUE, pur sospendendone la definizione in attesa della pronuncia giurisdizionale. Il caso è particolarmente significativo poiché riguarda un Comune che non ha ancora aggiornato la modulistica edilizia al Salva Casa, né adeguato le piattaforme digitali, ma in cui è comunque possibile presentare le nuove istanze previste dalla riforma.

In questo contesto, la sentenza conferma un principio essenzialeanche in assenza di modulistica ufficiale e di aggiornamenti alle piattaforme digitali, la possibilità di accedere alla sanatoria semplificata resta garantita. Un ulteriore segnale di come l’attuazione del Salva Casa stia procedendo in modo disomogeneo sul territorio, alimentando incertezze applicative che potrebbero essere risolte solo con un chiaro intervento normativo o regolamentare.

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