Accertamento di conformità e sanatoria: il Consiglio di Stato ribadisce il perimetro normativo

Il Consiglio di Stato entra nel merito dell’accertamento di conformità, del requisito della doppia conformità e dell’impossibilità di sanatorie condizionate

di Redazione tecnica - 07/03/2025

Si può ottenere una sanatoria condizionata alla realizzazione di altri interventi edilizi? L’accordo con l’amministrazione può sostituire l’accertamento di conformità? È possibile invocare la regolarizzazione di un’opera basandosi su una sua ipotetica ammissibilità futura?

Accertamento di conformità e sanatoria: interviene il Consiglio di Stato

Queste sono alcune delle domande a cui ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1648 del 25 febbraio 2025, chiarendo i limiti dell’accertamento di conformità e ribadendo l’inammissibilità di forme di sanatoria condizionata o basate su accordi con la pubblica amministrazione. Un punto centrale della decisione riguarda anche l’applicabilità del requisito della doppia conformità, che il Collegio definisce come un criterio statico e ricognitivo, non alterabile da verifiche o valutazioni successive.

Una sentenza molto interessante che prende in considerazione il procedimento di sanatoria edilizia di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e non la nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis introdotto dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa).

Prima di entrare nel dettaglio dei contenuti del nuovo intervento del Consiglio di Stato, è opportuno ricordare che con l’art. 36-bis il legislatore ha voluto “semplificare” la sanatoria degli abusi parziali e delle variazioni essenziali prevedendo:

Nel caso di specie, la vicenda riguarda il rigetto, da parte del Comune, di un’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata per un manufatto ad uso ufficio. L’amministrazione aveva motivato il diniego evidenziando l’assenza del requisito della doppia conformità e l’impossibilità di avvalersi della normativa regionale per ottenere una deroga alle previsioni dello strumento urbanistico.

Nel ricorso, la società appellante sosteneva che il Comune avrebbe dovuto considerare un accordo ai sensi dell’art. 11 della L. n. 241/1990 per consentire una soluzione alternativa alla demolizione. Il Consiglio di Stato ha rigettato tale tesi, chiarendo che:

  • non esistono forme di sanatoria condizionata: l’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 non può essere subordinato alla realizzazione di altri interventi edilizi, come la demolizione di parti non conformi o l’adeguamento dell’opera a normative future;
  • non è possibile la sanatoria giurisprudenziale: con tale espressione si intendeva in passato un istituto di creazione pretoria in forza del quale la conformità alla disciplina urbanistico-edilizia vigente al momento dell’istanza, senza comprendere/rispettare anche quella vigente all’epoca dell’ultimazione dell’illecito, sarebbe stata sufficiente a regolarizzare l’abuso. Tale ricostruzione normativa è, però, ormai stata abbandonata da tempo.
  • gli accordi con l’amministrazione non possono sostituire l’accertamento di conformità: la sanatoria edilizia non è una materia negoziabile, poiché presuppone un atto vincolato che può essere rilasciato solo in presenza dei requisiti normativi.

Su questo punto, i giudici hanno richiamato la sentenza n. 101/2013, mediante la quale la Corte Costituzionale ha stabilito che la sanatoria edilizia non può essere usata per regolarizzare opere in contrasto con gli strumenti urbanistici al momento della loro realizzazione, anche se successivamente rese conformi.

Il requisito della doppia conformità

Altro tema fondamentale della sentenza riguarda la corretta interpretazione della doppia conformità, requisito essenziale per ottenere una sanatoria edilizia ordinaria (art. 36, TUE).

L’appellante sosteneva che il manufatto per cui aveva richiesto la sanatoria avrebbe potuto essere ritenuto conforme qualora fosse stato attivato un procedimento urbanistico di variante semplificata ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010. Il Consiglio di Stato ha respinto anche questa argomentazione, chiarendo che:

  • la doppia conformità deve sussistere al momento della realizzazione dell’opera e della presentazione dell’istanza di sanatoria. Non è sufficiente che l’intervento sia teoricamente assentibile se venissero attuate modifiche regolatorie successive;
  • l’accertamento di conformità ha una valenza statica e ricognitiva: la sua verifica deve limitarsi alla conformità dell’opera rispetto agli strumenti urbanistici vigenti nelle due fasi considerate. Non può essere subordinata all’attivazione di varianti urbanistiche o all’esito di valutazioni discrezionali da parte dell’amministrazione.

I giudici hanno quindi ribadito che l’ipotetica ammissibilità di un intervento, ove realizzato ex novo, non equivale alla conformità dell’opera realizzata abusivamente. Qualsiasi soluzione che implichi un adeguamento successivo dell’assetto urbanistico non è compatibile con l’accertamento di conformità e rientra, piuttosto, nella logica del condono edilizio, che il legislatore ha volutamente distinto dalla sanatoria.

Conclusioni

Il nuovo intervento del Consiglio di Stato ribadisce in maniera netta due principi fondamentali in materia di sanatoria edilizia ordinaria di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001:

  1. non esistono sanatorie condizionate: l’accertamento di conformità è uno strumento rigido, che non può essere subordinato all’effettuazione di altri interventi, né può essere oggetto di accordi negoziati con l’amministrazione (concetto superato con l’art. 36-bis);
  2. la doppia conformità è un requisito statico: il Comune deve verificare la conformità dell’opera rispetto alla disciplina urbanistica vigente al momento della sua realizzazione e della presentazione della domanda di sanatoria, senza possibilità di valutazioni ipotetiche o prospettiche (con l’art. 36-bis vige la doppia conformità asimmetrica).

L’ennesima conferma di un principio cardine della disciplina edilizia: la sanatoria non può trasformarsi in un condono mascherato.

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