SCIA, sospensione lavori e demolizioni tardive: interviene il Consiglio di Stato

Il provvedimento di sospensione dei lavori perde efficacia una volta decorso il termine di cui all’art. 27, comma 3, d.P.R. n. 380/2001 senza l’adozione del provvedimento definitivo

di Redazione tecnica - 11/03/2025

I tempi dell’edilizia sono (quasi) sempre scanditi dalle disposizioni contenute nel d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Tra questi ricordiamo: l’efficacia del permesso di costruire e il termine per l’inizio dei lavori (art. 15), la durata di validità della convenzione-tipo (art. 18), il procedimento per il rilascio del permesso di costruire (art. 20) e anche l’adozione dei provvedimenti repressivi a seguito di ordinanza di sospensione dei lavori (art. 27).

SCIA, potere inibitorio e demolizioni tardive: la sentenza del Consiglio di Stato

L’art. 27, comma 3, del Testo Unico Edilizia, in particolare, dispone l’ordinanza di sospensione dei lavori “ha effetto fino all'adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall'ordine di sospensione dei lavori. Entro i successivi quindici giorni dalla notifica il dirigente o il responsabile dell'ufficio, su ordinanza del sindaco, può procedere al sequestro del cantiere”.

Ma, cosa succede se un’ordinanza di demolizione viene emessa oltre i termini per l’esercizio del potere inibitorio? E come funziona il termine “sollecitatorio”, rivolto agli organi dell’Amministrazione, di cui al sesto comma, art. 23, del Testo Unico Edilizia (relativo alla SCIA alternativa al permesso di costruire)?

Come spesso accade, soprattutto su temi delicati come questi, la risposta viene fornita dalla giustizia amministrativa che definisce soluzioni ancorate al caso di specie ma che spesso sono indicative di principi divenuti ormai consolidati. È il caso della sentenza n. 1256 del 17 febbraio 2025 mediante la quale il Consiglio di Stato ha ribadito un principio già affermato dalla giurisprudenza amministrativa: se la pubblica amministrazione non esercita il potere inibitorio nei termini previsti dalla legge, l’ordinanza di demolizione è illegittima.

Una pronuncia che rimette al centro il tema del silenzio-assenso nei procedimenti edilizi, con implicazioni dirette su chi presenta una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e sulle amministrazioni che spesso “dimenticano” i termini previsti dal Testo Unico Edilizia.

I fatti

Il caso oggetto della decisione riguardava un impianto serricolo realizzato tramite SCIA. Il privato aveva presentato tre SCIA (nel 2018, 2021 e 2022) per la realizzazione e l’ampliamento dell’impianto, senza ricevere alcun provvedimento inibitorio entro i termini perentori previsti dall’art. 19 della legge n. 241/1990.

Solo nel 2021 il Comune inviava al privato una nota volta “a voler temporaneamente sospendere l’attività fino alla comunicazione del provvedimento definitivo”, senza che però avesse seguito alcun provvedimento o comunicazione, sebbene il privato avesse presentato, di propria iniziativa, una relazione integrativa al progetto e avesse richiesto informazioni circa “l’esito definitivo dell’istruttoria, così come riportato nella comunicazione temporanea di sospensione”.

Nel frattempo, il privato riceveva tutti i nulla osta da parte del Consorzio di bonifica per l’intero impianto serricolo e con l’ultima SCIA del 2022 provvedeva al completamento. Successivamente, siamo nel 2022, il comune chiedeva alcune integrazioni documentali, a cui l’interessata forniva riscontro e a cui non seguiva alcun provvedimento della P.A. fino al 2024 quando quest’ultima ordinava la demolizione delle opere, in quanto realizzate senza titolo abilitativo.

Avverso l’ordinanza di demolizione viene presentato ricorso al TAR che viene accolto ritenendo consolidati gli effetti delle tre SCIA. A questo punto arriva il ricorso in secondo grado da parte del Comune.

I rilievi del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, confermando la tesi dei giudici di primo grado, ha ribadito che la SCIA, una volta consolidata per il mancato esercizio del potere inibitorio nei termini di legge, produce effetti definitivi, rendendo illegittimo qualsiasi provvedimento repressivo tardivo (ricordiamo che residua sempre l’annullamento d’ufficio per falsa rappresentazione dei fatti o dichiarazioni mendaci di cui all’art. 21-nonies, comma 2-bis, Legge n. 241/1990).

Uno degli aspetti centrali della sentenza riguarda la distinzione tra sospensione dei lavori e inibizione della SCIA.

L’amministrazione, nel 2021, aveva emesso un ordine di sospensione dei lavori, rimasto però privo di seguito. Secondo il Consiglio di Stato, questo provvedimento, avendo natura cautelare e temporanea, perde efficacia una volta decorso il termine di 45 giorni (art. 27, comma 3, TUE) senza che venga adottato un provvedimento definitivo.

In altre parole: non basta sospendere un’attività edilizia, occorre poi adottare un atto che confermi il divieto di prosecuzione. Se ciò non avviene nei tempi previsti, la SCIA si consolida e l’intervento diventa legittimo.

La sentenza evidenzia, inoltre, anche le carenze istruttorie del Comune, che non ha ottemperato agli obblighi documentali imposti dal giudice amministrativo e ha prodotto atti contraddittori, riportando persino numeri di protocollo inesistenti. Una condotta che il Consiglio di Stato ha stigmatizzato, disponendo la trasmissione della sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti per valutare eventuali profili di responsabilità contabile.

La decisione del Consiglio di Stato rappresenta un importante richiamo alla corretta gestione del potere inibitorio in edilizia. I punti chiave della sentenza sono chiari:

  • un ordine di sospensione non basta: se non seguito da un atto definitivo, perde efficacia e non può giustificare una demolizione tardiva;
  • l’inefficienza amministrativa ha un costo: il Comune, oltre a perdere il contenzioso, dovrà rispondere del proprio operato dinanzi alla Corte dei conti.

Sul consolidamento della SCIA, invece, ricordiamo che la partita è sempre aperta nell’attesa che arrivi una seria riforma del Testo Unico Edilizia.

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