Abusi, fiscalizzazione e condono edilizio: interviene la Cassazione
La Corte di Cassazione ribadisce i principi chiave per l’applicazione della sanzione alternativa alla demolizione e dei limiti volumetrici imposti dal terzo condono edilizio
In quali casi è possibile evitare la demolizione di un abuso edilizio? Quando e come si applica la sanzione alternativa alla demolizione (c.d. fiscalizzazione)? E fino a che punto il terzo condono edilizio permette la sanatoria straordinaria di opere di grande volumetria?
Abusi, fiscalizzazione e condono edilizio: la sentenza della Corte di Cassazione
Ha risposto a queste domande la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7381 del 24 febbraio 2025 che affronta due questioni centrali relative alle procedure sanzionatorie contemplate all’interno del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001) e i limiti applicativi imposti dalla Legge n. 326/2003 (di conversione del D.L. n. 269/2003) per accedere alla sanatoria straordinaria (terzo condono edilizio)
In particolare, la Cassazione ha chiarito due aspetti fondamentali ormai ampiamente consolidati:
- la fiscalizzazione dell’abuso edilizio (sanzione alternativa alla demolizione), di cui all’art. 33, comma 2, del TUE, è possibile solo se vi è un’impossibilità oggettiva ed assoluta di eseguire la demolizione;
- il limite volumetrico del terzo Condono edilizio non può essere aggirato frammentando la richiesta di sanatoria in più domande riferite allo stesso immobile.
Fondamentale è il primo chiarimento, soprattutto in considerazione delle recenti modifiche apportate al TUE da parte della Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) che, innovando e ampliando i contenuti dell’art. 9-bis, comma 1-bis, ha inserito il pagamento delle sanzioni alternative alle demolizioni tra le procedure che concorrono alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare.
In tal senso, risulta chiaro che accedere alla fiscalizzazione dopo il Salva Casa risulta avere una valenza maggiore.
La fiscalizzazione dell’abuso (art. 33, comma 2, TUE)
Uno dei punti centrali della decisione riguarda l’applicazione dell’art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, che prevede la possibilità di sostituire la demolizione con una sanzione pecuniaria nei casi in cui il ripristino dello stato dei luoghi “non sia possibile”.
La norma dispone che “Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecunaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 e con riferimento all'ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell'abuso, sulla base dell'indice ISTAT del costo di costruzione, con la esclusione, per i comuni non tenuti all'applicazione della legge medesima, del parametro relativo all'ubicazione e con l'equiparazione alla categoria A/1 delle categorie non comprese nell'articolo 16 della medesima legge. Per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di abitazione la sanzione è pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile, determinato a cura dell'agenzia del territorio”.
La Cassazione ha ribadito che questa impossibilità deve essere oggettiva ed assoluta, non meramente conveniente o motivata da ragioni di opportunità economica. Ciò significa che l’abuso edilizio può essere fiscalizzato solo quando la demolizione comprometterebbe la stabilità strutturale dell’edificio a cui è collegato o quando sussistano altre ragioni tecniche insuperabili.
Nel caso esaminato, però, i ricorrenti non avevano mai presentato una formale istanza ex art. 33, comma 2, del TUE, e soprattutto l’intervento edilizio contestato era classificato come nuova costruzione, per cui la norma sulla fiscalizzazione non trovava applicazione. Infatti, la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione contemplata all’interno del Testo Unico Edilizia riguarda:
- gli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33, comma 2);
- gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34, comma 2);
- gli interventi eseguiti in base a permesso annullato (art. 38);
e non certamente le nuove costruzioni.
Il limite del terzo condono edilizio
L’altro punto affrontato dalla sentenza riguarda l’interpretazione dei limiti volumetrici previsti dal Terzo Condono Edilizio (art. 32, comma 25, del D.L. n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla L. n. 326/2003).
Secondo la norma, possono essere sanati:
- ampliamenti fino a 750 mc, indipendentemente dalla volumetria iniziale dell’immobile;
- nuove costruzioni fino a 750 mc per singola richiesta, ma con il vincolo che l’intero edificio non superi i 3.000 mc complessivi.
La difesa dei ricorrenti sosteneva che fosse possibile ottenere la sanatoria presentando più domande separate, ciascuna riferita a un volume non superiore a 750 mc, anche se riguardavano lo stesso edificio.
Secondo la difesa dei ricorrenti, il rilascio dei titoli abilitativi edilizi in sanatoria si fondava sul dato testuale della norma che consentiva l’insistenza su un unico corpo di fabbrica di più domande di condono, purché ciascuna di esse nei limiti di 750 mc. In particolare, sostiene la difesa, solo l’interpretazione sul limite volumetrico seguita dalla giurisprudenza, avrebbe “determinato un conflitto istituzionale relativamente alle concessioni edilizie in sanatoria già rilasciate fino alla esplicazione di tale indirizzo giurisprudenziale, che non avrebbe potuto prescindere dal principio del legittimo affidamento del terzo, da indentificarsi nel cittadino che ha proceduto alla legittimazione dell’abuso edilizio con la valutazione di procedibilità ed ammissibilità dell’autorità amministrativa e con il pagamento di ingenti costi n termini di oblazione e oneri concessori”.
Tesi (chiaramente) smentita dalla Cassazione che ha invece confermato un orientamento consolidato: il limite di cubatura va valutato sull’unità immobiliare complessiva e non sulle singole richieste di condono. Non basta quindi suddividere artificiosamente l’immobile in più unità catastali o presentare domande multiple per eludere il limite volumetrico imposto dalla legge.
Conclusioni
La sentenza ribadisce due principi fondamentali nel diritto edilizio:
- non sempre è possibile evitare la demolizione di un abuso edilizio con la fiscalizzazione: la sanzione pecuniaria è un'eccezione che si applica solo in caso di impossibilità tecnica assoluta, non per convenienza economica o per tutelare un interesse privato;
- il Terzo Condono edilizio ha limiti ben precisi, che non possono essere aggirati con artifici burocratici. Il limite volumetrico va riferito all’immobile nel suo complesso, non alle singole richieste presentate.
Ancora una volta, la Cassazione pone un freno ai tentativi di sanatoria indiscriminata e riafferma la necessità di rispettare i vincoli imposti dal legislatore.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 24 febbraio 2025, n. 7381