Permesso di costruire annullato: la Corte Costituzionale interviene sulla fiscalizzazione

La Consulta dice no alla differenziazione delle norme regionali in materia di abusi edilizi sopravvenuti e delle relative sanzioni

di Redazione tecnica - 13/03/2025

La disciplina sulla qualificazione degli abusi edilizi, sull’accertamento di conformità e sulle sanzioni non si presta a differenziazioni sul territorio nazionale ed eventuali norme derogatorie sono incostituzionali.

Proprio per questo la Corte Costituzionale, con la sentenza del 7 marzo 2025, n. 22 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 10, della legge n. 1/2022 della Provincia di Bolzano, che ha sostituito integralmente l’art. 94 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 luglio 2018, n. 9 (Territorio e paesaggio), relativo agli interventi edilizi eseguiti sulla base di un titolo abilitativo poi annullato.

Secondo la Consulta, anche le autonomie speciali devono attenersi al sistema previsto dall’art. 38 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001) in materia di fiscalizzazione dell’abuso nel caso di interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato

Titolo edilizio annullato: la Consulta sulla fiscalizzazione 

Ricordiamo che l’articolo 38 del TUE reca la disciplina sugli “Interventi eseguiti in base a permesso annullato”, prevedendo la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con una sanzione pecuniaria nel caso in cui la demolizione non possa avvenire senza arrecare grave pregiudizio alla parte conforme dell’immobile.

Questo il dettato normativo:

"1. In caso di annullamento del permesso di costruire, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale ordina la demolizione delle opere realizzate. 2. Qualora, sulla base di un motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, la demolizione non possa avvenire senza arrecare pregiudizio alla parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere."

Tale disciplina si fonda su un principio di bilanciamento tra l’interesse pubblico alla repressione degli abusi edilizi e quello alla tutela della parte legittimamente edificata, evitando il rischio di danni sproporzionati ai privati e garantendo un corretto uso del territorio.

Il contrasto con la legge della Provincia autonoma di Bolzano

La Provincia autonoma di Bolzano aveva introdotto, con l’art. 4, comma 10, della legge n. 1/2022, una disciplina difforme rispetto al quadro normativo nazionale. La norma locale prevedeva un meccanismo di fiscalizzazione dell’abuso edilizio meno rigoroso, introducendo criteri discrezionali per la determinazione della sanzione pecuniaria e ampliando i margini di deroga all’obbligo demolitorio.

In particolare, queste le parti dell'art. 94 in contrasto con il citato art. 38:

  • il comma 1 laddove prevede:
    • un ulteriore criterio valutativo che amplia le ipotesi in cui è possibile escludere la riduzione in pristino;
    • una sanzione pecuniaria che, in quanto parametrata al costo di costruzione anziché al valore venale dell’immobile, risulta molto meno afflittiva rispetto a quella stabilita a livello nazionale.
  • il comma 2 che differirebbe dall’art. 36 (accertamento di conformità) nel prevedere la possibilità di un’ulteriore riduzione dell’importo della sanzione nell’ipotesi di sopravvenuta conformità urbanistica dell’opera abusiva.

Secondo la Corte costituzionale, questa disciplina:

  • viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio;
  • si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), generando disparità di trattamento tra i cittadini residenti nelle diverse Regioni e Province autonome.

Ne deriva che "L’intervento normativo provinciale si pone in contrasto con il principio di uniformità del regime sanzionatorio in materia edilizia, con il rischio di determinare soluzioni non omogenee e potenzialmente distorsive a livello nazionale, compromettendo l’efficacia delle politiche di tutela del territorio”.

 

Conformità edilizia: principi validi su tutto il territorio

Spiegano i giudici della Corte che la disciplina statale inerente ai titoli abilitativi di cui al t.u. edilizia deve qualificarsi come espressione di norme fondamentali di riforma economico-sociale, in quanto tale condizionante la potestà legislativa primaria delle regioni a statuto speciale.

Queste norme rispondono complessivamente ad un interesse unitario ed esigono, pertanto, un’attuazione su tutto il territorio nazionale. Le autonomie locali possono adottare norme integrative, ma non derogatorie rispetto alla disciplina statale, soprattutto quando incidano su profili di interesse generale come la conservazione del patrimonio urbanistico e ambientale: “Non può ammettersi una diversificazione territoriale dei criteri di fiscalizzazione dell’abuso edilizio tale da minare il principio di uguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione, sanciti dagli articoli 3 e 97 della Costituzione”.

Questa qualificazione è stata già più volte attribuita dalla Corte stessa all’art. 36 t.u. edilizia, che detta il principio della cosiddetta “doppia conformità”. Esso impone, ai fini della sanatoria delle opere realizzate in assenza del titolo edilizio o in difformità dal medesimo, “l’assoluto rispetto delle relative prescrizioni “durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza”, con la conseguenza che risultano sanabili i soli abusi formali (opere realizzate in difetto di, o in difformità dal, titolo edilizio), che non arrecano danno urbanistico-edilizio”.

Proprio in ragione della rilevanza degli interessi tutelati dall’art. 36 t.u. edilizia, la Corte ha ritenuto che tale disposizione mira ad assicurare sull’intero territorio nazionale l’uniformità dei requisiti e delle condizioni in base alle quali possono essere ricondotti a legittimità gli abusi edilizi.

Pertanto, non può assumere alcun rilievo, ai fini della concreta applicazione del requisito della cosiddetta “doppia conformità”, il fatto che, nel territorio provinciale, l’abusivismo edilizio sarebbe di dimensioni “contenute”, soprattutto se comparato con altre realtà regionali.

 

Disciplina degli abusi edilizi sopravvenuti: nessuna deroga per singole Regioni

Stessa ratio per l’art. 38: la disposizione sui c.d. “abusi edilizi sopravvenuti”, che consente a determinate condizioni di irrogare una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, risulta ispirato ad una logica di minor rigore anche in considerazione dell’affidamento del privato sulla bontà di un titolo, poi rivelatosi illegittimo e quindi annullato.

La peculiarità del trattamento sanzionatorio si giustifica, infatti, prima di tutto in ragione della differenza di animus tra colui che realizza un’opera conforme a un titolo edilizio rivelatosi poi invalido e colui che viola scientemente la disciplina vigente, realizzando fin dall’origine un’opera abusiva.

Proprio perché costituente eccezionale deroga al principio di necessaria repressione a mezzo demolizione degli abusi edilizi, l’art. 38 t.u. edilizia subordina, però, la fiscalizzazione dell’abuso al ricorrere di determinate condizioni che l’amministrazione deve puntualmente accertare ed esplicitare sulla scorta di una motivata valutazione:

  • l’impossibilità di procedere alla rimozione di vizi delle procedure amministrative;
  • l’impossibilità di procedere alla restituzione in pristino dell’opera abusiva.

In tale ottica, la nozione di impossibilità di ripristino e la commisurazione della sanzione al valore venale dell’opera abusivamente eseguita costituiscono criteri fondamentali delineati dall’art. 38 t.u. edilizia.

Al legislatore provinciale non è dato pertanto introdurre elementi valutativi ulteriori della suddetta impossibilità, né sostituire la misura individuata quale “prezzo” da pagare per mantenere un immobile che andrebbe altrimenti demolito, né, infine, graduare la sanzione in funzione della gravità del danno urbanistico arrecato dalla trasformazione del territorio.

L’art. 94 della legge prov. Bolzano n. 9 del 2018, come sostituito dalla disposizione impugnata, vìola, invece, questi principi:

  • al comma 1, ammettendo che l’amministrazione possa operare, in sede di individuazione della sanzione (reale o pecuniaria), una nuova ponderazione con l’esigenza di tutela dell’affidamento del privato sulla bontà del titolo edilizio, fino a consentire addirittura di escludere del tutto la riduzione in pristino a fronte di lesioni urbanistiche lievi;
  • al comma 2 laddove consente la riduzione della sanzione pecuniaria (fino ad un importo che può essere nel suo limite minimo pari a quello previsto per l’oblazione per il permesso in sanatoria) in considerazione della sola sopravvenuta conformità urbanistica dell’opera che introduce una sorta di condono amministrativo che prescinde dal requisito di doppia conformità.

Da qui la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma bolzanina riaffermando la necessità di un sistema sanzionatorio uniforme a livello nazionale.

 

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