Abusi edilizi, demolizione e fiscalizzazione: interviene il TAR
IL TAR Campania torna sugli effetti della sanatoria edilizia su un ordine di demolizione emesso dalla P.A. e sulla possibilità di fiscalizzazione dell’abuso
Quali sono gli effetti di un’istanza di sanatoria edilizia su un ordine di demolizione già emesso dal Comune? Un’ordinanza di demolizione può essere contestata per mancanza di comunicazione di avvio del procedimento? L’ordine di demolizione va motivato? Quali sono i limiti del legittimo affidamento in caso di abusi edilizi? Come funziona la sanzione alternativa alla demolizione?
Abusi edilizi, demolizione e fiscalizzazione: la sentenza del TAR Campania
Torniamo a parlare di abusi edilizi con l’interessante sentenza del TAR Campania 7 gennaio 2025, n. 68, che ribadisce principi ormai consolidati, ma spesso oggetto di contestazioni nei ricorsi contro gli ordini di demolizione. In particolare, il TAR ha chiarito che:
- l’ordine di demolizione è un atto vincolato e non richiede la comunicazione di avvio del procedimento (anche se in alcuni casi sarebbe opportuno, soprattutto nei piccoli abusi o se la situazione è dubbia e l’apporto del privato potrebbe essere utile);
- il legittimo affidamento non può essere invocato per situazioni contra legem;
- le opere abusive vanno valutate nel loro complesso e non in maniera frammentaria;
- l’indicazione dell’area da acquisire non è un requisito necessario dell’ordinanza di demolizione, ma solo dell’eventuale provvedimento successivo di acquisizione al patrimonio comunale;
- la richiesta di sanzione alternativa alla demolizione per pregiudizio sulle parti conformi dell’immobile va provata e non solo richiesta.
Il caso oggetto della controversia riguarda l’ordinanza di demolizione di opere realizzate senza titolo edilizio né autorizzazione paesaggistica, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e in violazione delle prescrizioni di cui al vigente strumento urbanistico.
Il ricorrente deduce violazione di legge ed eccesso di potere e, in sintesi, articola le seguenti argomentazioni:
- sull’immobile non vi sarebbe stato alcun mutamento di destinazione e che la zona interessata avrebbe avuto una vocazione residenziale che l’ente locale non avrebbe considerato;
- le opere realizzate non avrebbero alterato sagoma, stato dei luoghi o caratteristiche interne dell’edificio, e la normativa regionale consentirebbe il mutamento di destinazione senza necessità di permesso di costruire, trattandosi di un intervento minore;
- l’apparente incremento volumetrico (di minima entità) deriverebbe da un errore nella rappresentazione grafica e la demolizione rischierebbe di compromettere la stabilità dell’intero fabbricato;
- l’ordinanza sarebbe illegittima per mancanza di motivazione, istruttoria e non avrebbe considerato la presentazione di una istanza di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001;
- il provvedimento demolitorio non avrebbe indicato l’estensione dell’area da acquisire in caso di inottemperanza all’ordinanza di demolizione, violando l’art. 31 del Testo Unico Edilizia;
- mancata preventiva comunicazione da parte del Comune dell’avvio del procedimento;
- il lungo tempo trascorso tra l’esecuzione delle opere e l’adozione dell’ordinanza di demolizione avrebbe ingenerato nel privato un ragionevole affidamento sulla legittimità dell’intervento.
Tutte argomentazioni che, com’è noto, sono state affrontate e risolte dalla giurisprudenza amministrativa che ha fornito ormai dei principi consolidati.
Mancata comunicazione di avvio del procedimento: nessuna illegittimità
Uno dei motivi di ricorso riguardava la mancata comunicazione di avvio del procedimento, che secondo il ricorrente avrebbe inficiato la legittimità dell’ordine di demolizione. Il TAR ha respinto questa contestazione, confermando che il provvedimento demolitorio è un atto vincolato, ossia privo di margini discrezionali da parte della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza è chiara: quando un abuso edilizio viene accertato, l’amministrazione ha il dovere di adottare l’ordine di demolizione senza necessità di avvisare preventivamente il privato. Questo perché non vi è alcun apporto partecipativo che il soggetto interessato possa fornire in relazione all’abuso, trattandosi di un atto dovuto (Cons. Stato, Sez. VI, n. 7785/2023).
Di conseguenza, il Comune non è tenuto a comunicare preventivamente l’avvio del procedimento.
Sul punto può essere utile ricordare una recente pronuncia del TAR Lazio (sentenza n. 3934 del 21 febbraio 2025) secondo la quale nei casi in cui l’abuso edilizio sia di modesta entità, l’amministrazione deve garantire un minimo di interlocuzione con il privato, consentendogli di rappresentare eventuali ragioni di difesa o regolarizzazione.
Abusi edilizi e legittimo affidamento
Un altro punto su cui spesso si concentrano i ricorsi riguarda il concetto di legittimo affidamento. Il privato sosteneva che, essendo trascorso un notevole lasso di tempo dall’esecuzione dei lavori, si fosse consolidata una situazione di affidamento sulla loro legittimità.
Anche su questo aspetto, la giurisprudenza è costante: il decorso del tempo non può sanare un abuso edilizio. Il TAR ha ribadito che l’ordine di demolizione non necessita di alcuna specifica motivazione sull’interesse pubblico alla rimozione dell’opera abusiva, poiché tale interesse è stato già valutato a monte dal legislatore.
La regola è chiara: nessun affidamento può formarsi su situazioni contra legem.
Abusi edilizi da valutare nel complesso
Altro aspetto interessante della sentenza riguarda il modo in cui devono essere valutati gli abusi edilizi. Il ricorrente sosteneva che singole parti dell’intervento fossero di minima entità e che la loro demolizione potesse compromettere la stabilità dell’immobile.
Tuttavia, il TAR ha ribadito un principio chiave: gli abusi edilizi vanno valutati nella loro interezza e non in modo frammentario. Ciò significa che, anche se un singolo intervento potrebbe apparire irrilevante, la somma delle opere realizzate può configurare una trasformazione sostanziale dell’immobile, con conseguente necessità di permesso di costruire.
Nel caso in esame, l’insieme degli interventi (incremento volumetrico, scavi, murature di contenimento, tettoie) ha comportato la creazione di un organismo edilizio diverso da quello originario, con conseguente necessità di permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso ai sensi dell’art. 23-ter del d.P.R. n. 380/2001. Da qui la legittimità dell’ordine di demolizione.
Ordine di demolizione e area da acquisire
Il ricorrente ha lamentato, inoltre, che il provvedimento di demolizione non contenesse la quantificazione esatta dell’area da acquisire in caso di inottemperanza.
Anche su questo punto, il TAR ha chiarito che l’indicazione dell’area da acquisire non è un requisito essenziale dell’ordinanza di demolizione. L’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale avviene solo in caso di mancata demolizione da parte del privato e viene formalizzata con un successivo provvedimento.
Dunque, il Comune ha agito correttamente, e la mancata indicazione dell’area da acquisire non inficia la validità dell’ordine di demolizione.
Fiscalizzazione dell’abuso edilizio e Sanatoria
Relativamente alla possibilità paventata dal ricorrente che la demolizione avrebbe rischiato di compromettere la stabilità dell’intero fabbricato, il TAR ha confermato un altro indirizzo consolidato.
“Oltre che non provata in fatto – rileva il TAR – la circostanza, infatti, non rileva in questa fase, deputata a sindacare la legittimità dell'ordinanza di demolizione ex art. 31 citato, ma, semmai solo nella successiva fase di esecuzione (Cons. Stato, sez. II, n. 145/2021) che, peraltro, non pare sia stata avviata”.
Sulla fiscalizzazione degli abusi edilizi ricordiamo che esiste ormai una copiosa giurisprudenza per cui:
- la sanzione alternativa alla demolizione può essere invocata solo nei casi di interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33, TUE), di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34, TUE) e di interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato (art. 38, TUE);
- la possibilità di fiscalizzazione non inficia la legittimità dell’ordine di demolizione e va richiesta a valle del procedimento;
- la sanzione alternativa non può essere richiesta per interventi eseguiti in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali.
La presentazione dell'istanza di sanatoria
Relativamente alla presentazione della domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, viene confermato un indirizzo pacifico per cui l’istanza non incide sulla validità dell’ordine di demolizione, che resta formalmente intatto. Tuttavia, la richiesta di sanatoria ne sospende temporaneamente l’efficacia, evitando l’abbattimento di un’opera che, se riconosciuta conforme alla disciplina urbanistica vigente, non sarebbe più considerata abusiva.
Se la sanatoria viene accolta, l’ordine di demolizione perde automaticamente i suoi effetti, in quanto l’intervento viene retroattivamente legittimato. Al contrario, se la domanda viene respinta, il provvedimento repressivo torna pienamente operativo, ma con una precisazione: il termine per l’esecuzione spontanea della demolizione inizia a decorrere solo dal momento in cui il diniego di sanatoria viene notificato all’interessato, garantendogli il tempo necessario per conformarsi ed evitare le sanzioni previste in caso di inottemperanza.
Conclusioni
La sentenza del TAR Campania ribadisce ancora una volta principi chiari in materia di abusi edilizi:
- l’ordine di demolizione è un atto vincolato e non necessita di comunicazione di avvio del procedimento;
- il legittimo affidamento non può essere invocato per opere abusive;
- gli abusi vanno valutati nel loro complesso e non singolarmente;
- l’indicazione dell’area da acquisire è necessaria solo nel provvedimento successivo, in caso di inottemperanza;
- la presentazione di un'istanza di sanatoria successiva all'ordinanza di demolizione non ne inficia la legittimità ma ne sospende solo gli effetti.
- la sanzione alternativa alla demolizione è una procedura delicata che segue regole ben definite dal Testo Unico Edilizia (e che dopo il Salva Casa concorre allo stato legittimo).
Principi consolidati, ma che continuano a essere oggetto di contestazioni nei tribunali amministrativi. E, come spesso accade, la giurisprudenza ci ricorda che il tempo non sana l’abuso edilizio, ma rende solo più complesso il suo ripristino.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Campania 7 gennaio 2025, n. 68