Abuso edilizio totale, parziale e variazione essenziale: quando scatta la demolizione?

Il TAR Lazio chiarisce che la diversa localizzazione dell’immobile rispetto al progetto approvato in area vincolata rientra tra le variazioni essenziali sanzionabili mediante ordine di demolizione

di Gianluca Oreto - 17/03/2025

La diversa localizzazione di un’immobile rispetto al progetto approvato costituisce una parziale difformità, suscettibile di fiscalizzazione, oppure una variazione essenziale sanzionabile, al pari della totale difformità, con l’ordine di demolizione? Cambia qualcosa nel caso l’area è vincolata? L’abuso può essere sanato utilizzando la nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia?

Abuso edilizio totale, parziale e variazione essenziale o abuso parziale: interviene il TAR

Domande molto interessanti e quanto mai attuali, soprattutto alla luce delle recenti (ormai meno) modifiche apportate al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) ad opera della Legge n. 105/2024, che ha convertito il D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) che, tra le altre cose, ha rivisitato il concetto di variazione essenziale di cui all’art. 32 e introdotto la nuova sanatoria semplificata con l’art. 36-bis.

La discriminante, come spesso accade, dipende da molteplici fattori, tra cui la data dell’ordine di demolizione e la possibilità di ricondurre il caso tra le nuove fattispecie previste dal Salva Casa.

Ed è proprio questo il cuore della sentenza n. 5211 del 12 marzo 2025 mediante la quale il TAR Lazio si è occupato di un caso emblematico: una villa unifamiliare costruita conforme al progetto approvato dal Comune, ma con una “piccola” differenza: l’edificio era stato realizzato su un’area di sedime completamente diversa rispetto a quella prevista, pur insistendo all’interno dello stesso lotto. Il problema? La nuova localizzazione aveva comportato:

  • l’assenza del nulla osta per il vincolo idrogeologico;
  • il mancato deposito dei calcoli strutturali al Genio Civile di Viterbo, necessari per il posizionamento effettivo dell’edificio.

Da qui l’ordinanza di demolizione, resa a seguito di esposto, secondo la quale il fabbricato è stato edificato “in «totale difformità» dal titolo edilizio originale in quanto realizzato con caratteristiche planovolumetriche diverse da quelle autorizzate”.

Da qui il ricorso al TAR, incentrato sulle seguenti motivazioni:

  • il mancato coinvolgimento del privato nel procedimento di repressione che ha condotto all’ordinanza di demolizione;
  • la possibilità di far rientrare alcune delle difformità riscontrate nelle nuove tolleranze costruttive introdotte dal Salva Casa;
  • la possibilità, in ultima analisi, di far rientrare la differente dislocazione del fabbricato tra le “parziali difformità”.

Il coinvolgimento del privato

Il primo punto affrontato dalla sentenza riguarda il diritto del privato a partecipare al procedimento sanzionatorio. Esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui quando l’abuso edilizio presenta elementi dubbi o complessi, l’amministrazione deve garantire un contraddittorio con l’interessato prima di adottare l’ordinanza di demolizione.

Sul tema, la giurisprudenza amministrativa si è espressa in modo chiaro (o quasi):

  • TAR Campania, sentenza 7 gennaio 2025, n. 68, per cui quando un abuso edilizio viene accertato, l’amministrazione ha il dovere di adottare l’ordine di demolizione senza necessità di avvisare preventivamente il privato;
  • TAR Lazio, sentenza 21 febbraio 2025, n. 3934, secondo la quale nei casi in cui l’abuso edilizio sia di modesta entità, l’amministrazione deve garantire un minimo di interlocuzione con il privato, consentendogli di rappresentare eventuali ragioni di difesa o regolarizzazione.

Nel caso di specie, il TAR Lazio ha rigettato la censura, rilevando che:

  • la dislocazione dell’edificio era un fatto oggettivo e non contestato nel ricorso;
  • trattandosi di immobile in area vincolata, l’intervento era soggetto alla sanzione demolitoria, senza margini di discrezionalità per l’amministrazione;
  • l’ordinanza era un atto vincolato, dunque non soggetto alle garanzie procedimentali previste dalla Legge n. 241/1990.

Di conseguenza, non è possibile contestare l’ordinanza di demolizione per mancata comunicazione di avvio del procedimento, né invocare un legittimo affidamento del privato.

Abuso totale, variazione essenziale e abuso parziale: cosa cambia?

Il cuore della questione riguarda la qualificazione giuridica dell’illecito edilizio. Non tutti gli abusi sono uguali, e la differenza tra abuso totale, variazione essenziale e abuso parziale è determinante per stabilire quale sanzione si applica e se esistono margini di regolarizzazione.

Le definizioni (mai del tutto nitide) sono le seguenti:

  • abuso totale: si verifica quando l’opera viene realizzata senza alcun titolo edilizio oppure in modo completamente difforme rispetto a quanto autorizzato. In questi casi, la sanzione è sempre la demolizione (art. 31 del TUE) e la possibilità di sanatoria è unicamente quella ordinaria di cui all’art. 36;
  • variazione essenziale: è una modifica sostanziale rispetto al progetto approvato, tale da incidere sugli elementi fondamentali dell’intervento edilizio (ad esempio, volume, sagoma, altezze o localizzazione dell’edificio). Anche qui la sanzione prevista è la demolizione (art. 32 del TUE) ma, a differenza dall’abuso totale, è oggi regolarizzabile utilizzando la sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis;
  • abuso parziale: riguarda modifiche non sostanziali che non alterano in maniera significativa il progetto originario. In questo caso, il TUE prevede dei casi residuali un cui la demolizione può essere sostituita da una sanzione alternativa e concede la possibilità di sanatoria di cui all’art. 36-bis.

Nel caso esaminato, la traslazione dell’edificio è stata qualificata come variazione essenziale. Tuttavia, trattandosi di area soggetta a vincolo idrogeologico, si applica l’art. 32, comma 3, TUE, che equipara l’intervento a un abuso totale e impone la demolizione senza possibilità di sanzione alternativa.

Tolleranze costruttive e Salva Casa: una soluzione possibile?

Per ultimo, il ricorrente ha tentato di difendersi invocando le nuove tolleranze costruttive previste dall’art. 34-bis del TUE, recentemente modificate dal “Salva Casa”, relativamente alle difformità diverse dalla traslazione del fabbricato rispetto all’originaria area di sedime

Il TAR Lazio ha respinto questa argomentazione ricordando che le rilevate difformità minori, nell’impianto complessivo del provvedimento impugnato, sono “assorbite” dalla traslazione del fabbricato, che giustifica, nella prospettiva del Comune, la sanzione demolitoria e, quindi, “supera” gli altri interventi.

Sul punto, vale la pena richiamare la già citata sentenza del TAR Campania 7 gennaio 2025, n. 68, che ha ribadito un principio fondamentale: gli abusi edilizi devono essere valutati nel loro complesso e non in modo frammentario. In altre parole, anche se un singolo intervento potrebbe sembrare di scarsa rilevanza, la somma delle opere realizzate può determinare una trasformazione sostanziale dell’immobile, rendendo necessario il permesso di costruire. Questo approccio impedisce di "spacchettare" gli interventi per eludere la normativa urbanistica e rafforza il principio secondo cui la valutazione dell’abuso non può prescindere da una visione d’insieme dell’opera realizzata.

Conclusioni

Dalla lettura della sentenza non risulta chiarissimo se il TAR alla fine abbia configurato la difformità come variazione essenziale o abuso totale (differenza enorme in termini di possibilità sananti).

Gli aspetti pacifici sono:

  • l’apporto del privato nel procedimento sanzionatorio è indispensabile nei casi dubbi (sarebbe interessante capire quando il caso può essere considerato tale e quale può essere la discrezionalità della P.A. in tal senso);
  • in caso di abusi totali non è possibile applicare alcuna sanzione alternativa alla demolizione (fiscalizzazione) ma è sempre possibile ricorrere, se ne sussistono le condizioni, alla sanatoria ordinaria (art. 36, TUE);
  • le variazioni essenziali, anche se minime, se realizzate su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerate “totale difformità dal permesso”.

Una sentenza che pone una questione interessante: quanti casi simili esistono in Italia? Quante abitazioni realizzate da decenni potrebbero finire nel mirino delle amministrazioni a seguito di un esposto?

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