Installazione dehors: quando ci vuole il permesso di costruire?
Consiglio di Stato: una struttura di dimensioni rilevanti o difficilmente amovibile non può essere considerata come attività di edilizia libera
Un manufatto non può essere qualificato come meramente pertinenziale quando determina un nuovo volume di consistenti dimensioni su un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal preesistente edificio principale.
Ciò vale anche nel caso di dehors per i quali l’Amministrazione abbia rilasciato un titolo edilizio temporaneo: una volta scaduta l’autorizzazione, la struttura va rimossa perché ormai abusiva, priva di permesso di costruire e quindi soggetta a ordine di demolizione ex art. 31 d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Dehors: pertinenza, edilizia libera o nuova costruzione?
Sui concetti di amovibilità, temporaneità e pertinenzialità i proprietari o responsabili di opere abusive giocano spesso vere e proprie partite a scacchi nelle aule dei tribunali amministrativi, ma anche questa volta lo scacco matto è arrivato dal Consiglio di Stato con la sentenza del 12 marzo 2025, n. 2031, con la quale ha ritenuto pienamente legittima l’ordinanza di demolizione di un dehors di 560 mc, autorizzato per 5 anni anche con relativa autorizzazione paesaggistica, senza che fosse stata poi presentata una richiesta di proroga da parte dei proprietari.
Scaduto il quinquennio, il Comune ne aveva accertato il mantenimento e disposto la demolizione, specificando che:
- si trattava di abusi non sanabili sotto l’aspetto edilizio e paesaggistico, "stante la realizzazione di volumetrie non compatibili con i limiti previsti nella zona urbanistica (PRGC vigente) e con riferimento agli incrementi per adeguamento igienico funzionali già concessi. Trattasi inoltre di interventi non compatibili con le condizioni previste all’art. 167 c. 4 del D.Lgs. 42/2004”;
- il mantenimento delle opere oltre i termini di scadenza, costituiva complessivamente attività edilizia di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001 e s.m.i., nonché in assenza/difformità di titolo paesaggistico ai sensi dell’art. 167 del D. Lgs. 42/2004”;
- era stata omessa la denuncia ai sensi degli artt. 65 e 93 del d.P.R. n. 380/2001 in quanto opera con struttura metallica e in zona sismica.
La società ricorrente aveva presentato un’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, nonché istanza di variante urbanistica ai sensi dell’art. 17 bis della legge regionale n. 56/1977.
Ne era seguito il diniego del permesso di costruire in sanatoria per incompatibilità con lo strumento urbanistico, oltre che, conseguentemente alla scadenza degli originari titoli abilitativo e paesaggistico, il superamento dei limiti volumetrici stabiliti dalle Norme Tecniche Attuative e del difetto di compatibilità paesaggistica. Il provvedimento era stato impugnato al TAR, che però ne aveva riconosciuto la piena legittimità.
Da qui l’appello a Palazzo Spada, che però ha confermato la decisione di primo grado su tutta la linea.
Nuova costruzione ed edilizia libera: le previsioni del Testo Unico Edilizia
Preliminarmente il Consiglio ha evidenziato l’impossibilità di ottenere la proroga dell’originaria autorizzazione al mantenimento dei manufatti, a causa dell’inerzia della ditta che non aveva presentato la domanda prima dello spirare del quinquennio di autorizzazione. Pertanto, in assenza di un meccanismo di proroga, alla scadenza del periodo di cinque anni e senza nuova autorizzazione paesaggistica l’occupazione andava qualificata come situazione di fatto non sorretta da adeguato titolo giuridico.
Da qui la legittimità dell’ordine di demolizione ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, laddove il manufatto è stato qualificato come intervento di “nuova costruzione”, mentre il ricorrente sosteneva che l’intervento non avrebbe richiesto il permesso di costruire, prospettando alternativamente la qualificazione del dehors come “pertinenza” o la riconducibilità dell’intervento alla categoria del “restauro e risanamento conservativo”.
Viste le rilevanti dimensioni, i materiali utilizzati e le tipologie costruttive adottate, non si può affermare che il dehors avesse carattere temporaneo, ma che invece esso si qualificasse come “nuova costruzione”.
Sul punto, il Consiglio ha richiamato l’art. 3, comma 1, lett. e.5) ed e.6), del Testo Unico Edilizia secondo cui:
«… Ai fini del presente testo unico si intendono per:
e) “interventi di nuova costruzione”, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale; …».
Inoltre, l’art. 6, comma 1, lett. e-bis), del d.P.R. n. 380/2001 prevede che “Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo: … e-bis) le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale; …».
Dehors: qualificazione dipende dalla consistenza dell'opera
Sul punto il Consiglio ha richiamato la sentenza del 13 febbraio 2023, n. 1489 nella quale si è evidenziato che sotto il profilo edilizio, i dehors, che di fatto assumono una consistenza che varia dalla semplice tenda, o ombrellone ad ampie falde, al box munito di infissi chiusi tipo veranda, possono essere installati liberamente ove rispondano alle caratteristiche di cui all’art. 6, comma 1, lett. e-bis), del d.P.R. n. 380 del 2001.
La disposizione si riferisce a «opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale».
Dalla lettura della norma emergono due elementi connotanti le strutture:
- uno funzionale, "consistente cioè nella finalizzazione alle esigenze dell’attività, che devono tuttavia essere «contingenti e temporanee», intendendosi per tali quelle che, in senso obiettivo, assumono un carattere ontologicamente temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, e che in ogni caso (cioè quale che ne sia la “contingenza” determinante), non superano comunque i centottanta giorni (termine che, è bene ribadirlo, deve comprendere anche i tempi di allestimento e smontaggio, riducendosi in tal modo l’uso effettivo ad un periodo inferiore ai predetti 180 giorni);"
- l’altro strutturale, "ovvero l’avvenuta realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale (e quindi al più tardi nel termine di centottanta giorni dal giorno di avvio dell’istallazione, coincidente con quello di comunicazione all’amministrazione competente).".
Va aggiunto che il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 2 marzo 2018 (Glossario delle opere in edilizia libera) fornisce l’indicazione secondo cui le opere, comunque denominate, per potersi definire “libere”, devono poter essere rimosse entro un termine non superiore a novanta giorni.
La stessa sentenza n. 1489/2023 così conclude: " Il venir meno di tale precarietà, intesa in un’accezione che è nel contempo temporale, funzionale e costruttiva, travalica nell’abuso edilizio dell’avvenuta realizzazione di una nuova costruzione sine titulo. Il riscontro negativo, cioè, circa la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 6, comma 1, lett. e-bis), presuntivamente riconducibile anche al superamento della predeterminata stagionalità (180 giorni di permanenza, comprensivi di montaggio e smontaggio, a fini edilizi, a fronte dei 90, a fini paesaggistici) implica una sicura trasformazione del territorio con aumento del carico urbanistico".
Perché il dehors non è una pertinenza
Inoltre, per principio consolidato, la pertinenza può essere riconosciuta, ai fini edilizi, se vi è un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, e (soprattutto) se l’opera pertinenziale ha una dimensione ridotta e modesta rispetto alla cosa cui esso inerisce, tale da rendere l’opera priva di un autonomo valore di mercato e non comportante un carico urbanistico o una alterazione significativa dell’assetto del territorio.
Non può quindi ritenersi meramente pertinenziale, ai fini del possesso dei necessari titoli abilitativi edilizi (e paesaggistici), un’opera quando determina, come nella fattispecie, un nuovo volume di consistenti dimensioni su un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal preesistente edificio principale.
Nel caso di specie l’incremento di SPL (superficie lorda di pavimento) e di volume è significativo tant’è che l’istanza di accertamento di conformità - ha quale inequivocabile presupposto la qualificazione dell’intervento come “nuova costruzione”, così come eguale presupposto ha la richiesta di variante.
Autorizzazione paesaggistica: nessuna deroga per nuove costruzioni abusive
Per gli interventi era stata richiesta e rilasciata l’autorizzazione paesaggistica, anche questa di durata quinquennale). Scaduta l’efficacia di quel titolo, i manufatti devono necessariamente qualificarsi come mantenuti “in assenza dell’autorizzazione paesaggistica” ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004.
Ricorda il Consiglio che l’Allegato A al d.P.R. n. 31/2017 prevede chiaramente che l’autorizzazione non è necessaria unicamente nei casi di “elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo” (punto A.17).
Tenendo conto che i manufatti non sono facilmente amovibili, essi non sono assimilabili a queste tipologie, oltretutto tenendo conto del fatto che la loro permanenza da molti anni vale a escluderne il carattere provvisorio.
Qualora gli interventi abbiano impatto sul paesaggio non può ammettersi la deroga al regime autorizzatorio, in coerenza con:
- l’art. 149 del decreto legislativo n. 42/2004 in tema di “Interventi non soggetti ad autorizzazione”, secondo cui “non è comunque richiesta l’autorizzazione prescritta … per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”);
- l’art. 167, comma 4, lett. a), del decreto legislativo n. 42/2004 (che, disciplinando gli spazi di operatività dell’accertamento di conformità paesaggistica, si riferisce a “lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”).
Sulla base di queste disposizioni si può individuare il limite oltre il quale l’autorizzazione paesaggistica è necessaria e, addirittura, non è possibile alcuna sanatoria, ovvero l’alterazione dell’aspetto esteriore e la realizzazione di superfici o volumi.
Documenti Allegati
Sentenza