Procedure sottosoglia europea: affidamento diretto e principio di rotazione
Le deroghe al principio di rotazione per gli affidamenti diretti dei contratti sotto la soglia di rilevanza europea ai sensi del Codice dei contratti e della giurisprudenza
Le procedure sottosoglia sono soggette al c.d. “principio di rotazione” (art. 49, D.Lgs. n. 36/2023) secondo cui “è vietato l'affidamento o l'aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi”.
Affidamento sottosoglia e principio di rotazione
A differenza di quanto previsto dall’abrogato D.Lgs. n. 50/2016 – che invero in modo molto succinto si occupava di rotazione, rinviando al riguardo alle linee guida ANAC n. 4 – l’attuale D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) non prevede più che detto principio gravi sugli operatori che pur invitati alla procedura non abbiano conseguito l’aggiudicazione e ciò al fine di bilanciare -secondo quanto previsto dalla Relazione Illustrativa al Codice - gli interessi di concorrenzialità con quello di libertà dell’iniziativa economica. Dunque, i soggetti meramente invitati ma non aggiudicatari, non sono sottoposti all’alternanza da parte della Stazione Appaltante, come avveniva prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 36/2023.
In questo contributo, pur tenendo conto che il principio in questione si applica alle procedure di importo inferiore alle soglie comunitarie e non a quelle ordinarie o evidenziali – per le quali le stazioni appaltanti pubblicano un avviso di indizione o un bando di gara – poiché, di norma, solo nel perimetro del sottosoglia UE l’amministrazione può esercitare discrezionalità nella selezione dei candidati (o del contraente, in caso di affidamento diretto), ci focalizzeremo sull’applicazione pratica della rotazione negli affidamenti diretti.
Analisi normativa dell’art. 49: le deroghe
Vediamo nel dettaglio quali sono le disposizioni dell’art. 49 del Dlgs 36/2023 che contengono norme rivolte agli affidamenti diretti.
Prima di fare ciò, vale la pena precisare che, sebbene sia definito come un “principio”, quello di cui all’art. 49 pare avere più la struttura di una vera e propria “regola” a fronte di fattispecie evidentemente “chiuse” come quelle descritte dai propri enunciati. Tale norma, infatti, prevedendo letteralmente un “divieto” di riaffido del contratto uscente al medesimo operatore economico per le stazioni appaltanti, detta in modo decisamente puntuale (quasi tassativo) l’elenco dei casi per cui è possibile discostarsi dal divieto.
In particolare, le deroghe che il legislatore ha “pensato” per gli affidamenti diretti, si riducono ai commi 3, 4 e 6, dell’art. 49.
Di seguito una analisi dei 3 commi.
Co 3: “La stazione appaltante può ripartire gli affidamenti in fasce in base al valore economico. In tale caso il divieto di affidamento o di aggiudicazione si applica con riferimento a ciascuna fascia, fatto salvo quanto previsto dai commi 4, 5 e 6”.
Nel caso in cui la Stazione Appaltante abbia adottato un regolamento per la gestione delle procedure sottosoglia includendovi anche una ripartizione per fasce di importo, come ad esempio la seguente ripartizione.
Per servizi e forniture:
- da 5.001 euro fino a 20.000 euro;
- da 20.001 euro fino a 39.999 euro;
- da 40.000 euro fino a 75.000 euro;
- da 75.001 euro fino a 139.999,00.
(da 140.000 euro fino alle soglie comunitarie si procede con procedura negoziata senza bando sottosoglia).
Co 4: “In casi motivati, con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, previa verifica dell'accurata esecuzione del precedente contratto nonché della qualità della prestazione resa, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto” (comma sostituito dall'art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 209/2024).
A parere dell’autore, si tratta di casistiche limitate e comunque assai più semplici da dimostrare se riferite ai soggetti invitati ex aggiudicatari di procedure negoziate piuttosto che agli affidatari uscenti di un affidamento diretto. Vediamo il perché di una tale affermazione:
- Struttura del mercato: sembra fare riferimento ad un numero limitato di operatori economici presenti sul mercato. Per dimostrare /certificare tale circostanza, l’affidamento diretto dovrebbe “aggravarsi” di una procedura strutturata quanto meno tramite un avviso pubblico, ipotesi sempre poco affine ad un procedimento di affidamento diretto. Situazione invece fisiologicamente apprezzabile in una gara sottosoglia;
- Assenza di alternative: il riferimento pare riconnettersi al concetto di “infungibilità” (cfr. linee guida ANAC n.8 e art. 76 Dlgs 36/2023) che circoscriverebbe tale casistica ai soli casi in cui la prestazione può essere resa da un unico fornitore;
- Qualità prestazione resa e accurata esecuzione dell’appalto precedente: condizione, questa, certamente rilevabile negli affidamenti diretti, ma di per sé non sufficiente a consentire una legittima deroga.
Come precisato nella relazione illustrativa, infatti, le condizioni sopra enunciate devono essere tutte presenti e non alternative tra loro.
In sintesi, il comma 4 consente la disapplicazione del divieto di rotazione, nel solo caso in cui la prestazione possa essere resa da un solo fornitore presente sul mercato (assenza di alternative) e questi, pur essendo l’uscente, abbia reso la precedente prestazione rispettando gli standard qualitativi e le disposizioni per una corretta esecuzione. A ciò bisogna aggiungere che, a parere del MIT, il risparmio offerto dall’impresa uscente – rispetto ai prezzi praticati da nuovi operatori economici - non sarebbe idonea a giustificare una disapplicazione del principio in parola (come confermato dal MIT con la risposta n. 2661/2024).
È pur vero, però, che il combinato riferimento alla “particolare struttura del mercato e all’assenza di alternative”, a nostro sommesso avviso, ben potrebbe ricollegarsi ad una situazione in cui sia possibile accertare la presenza limitata di oo.ee o comunque di oo.ee disponibili (es tramite un Albo Fornitori opportunamente pubblicizzato e sfruttato anche per gli affidamenti diretti) e che, tra questi, solo l’uscente si dimostrasse interessato ad eseguire la fornitura e/o i servizi richiesti dall’amministrazione, ovvero secondo gli standard quali-quantitativi previsti nel progetto di massima / piano dei fabbisogni. Sintetizzando: il risparmio economico offerto dall’uscente da solo non basta, ma se effettivamente fosse dimostrabile l’assenza di alternative altrettanto valide sia in termini economici che prestazionali, allora - volendo seguire la logica del principio del risultato e della fiducia che pongono la concorrenza al servizio -quale mezzo -del risultato stesso che rappresenta invece il fine, allora e solo in tale circostanza anche la deroga sancita al comma 4 ben potrebbe essere richiamata nella motivazione di un affidamento diretto. Naturalmente, una situazione di questo genere richiede un corredo motivazionale rafforzato, in quanto si tratta – come vedremo più avanti -di una circostanza ben diversa da quella in cui la S.A. procedimentalizza l’iter di individuazione del contraente tramite la pubblicazione di un avviso per manifestazione di interesse, auto vincolandosi con l’indicazione di un criterio di aggiudicazione automatico (minor prezzo) e/o parzialmente automatico, caratterizzato da sola discrezionalità tecnica (OEPV).
Co 6. “È comunque consentito derogare all'applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro”.
Naturalmente l’applicabilità di tale deroga va interpretata in modo sistematico rispetto a quanto previsto dall’art. 14 del Dlgs 36/2023 in tema di quantificazione del valore stimato dell’appalto. Ovvero, immaginare di poter “frazionare” servizi /forniture omogenee nell’arco del medesimo anno in più commesse di importo inferiore a 5.000 euro per poterle riaffidare senza soluzione di continuità al medesimo soggetto, sarebbe ovviamente contrario alla ratio della norma in questione.
Categoria merceologiche e prestazioni omogenee
Il comma 2 dell’art. 49 recita: “In applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi.”
Il legislatore fa riferimento, dunque, ai concetti di settori merceologico / categorie di opere e settore di servizi.
È bene quindi che il RUP individui una regola comune a tutti gli affidamenti della propria SA al fine di esternalizzare, correttamente, la definizione di “categoria merceologica/di servizi”. A tal riguardo è utile richiamare il criterio di matrice giurisprudenziale – citato anche da ANCI nelle utili linee guida per procedure sottosoglia di beni e servizi informatici - della prestazione principale/prevalente che esclude l’applicazione del principio di rotazione solo laddove si configuri una “sostanziale alterità qualitativa” della prestazione oggetto di affidamento (cfr. Consiglio di Stato sez. V, Sent. n. 8030/2020). Rimane quindi da definire cosa si intenda per “alterità qualitativa”. Nel documento sopracitato, ANCI rinvia saggiamente allo strumento della classificazione delle categorie merceologiche ovvero ad un raggruppamento di beni e /o servizi classificati secondo il sistema del “Common Procurement Vocabulary” (CPV), ossia il sistema di classificazione europeo per categorizzare l'oggetto dei contratti d'acquisto pubblici, sviluppata in ambito Eurostat, recepita anche da CONSIP per il MEPA e da altre PAD certificate. Il CPV si presenta con una struttura ad albero suddiviso in tre livelli via via più specifici: la divisione (rappresentata dalle prime due cifre); il gruppo (le prime tre cifre) e dalla classe (ovvero le prime quattro cifre del codice). Proprio quest’ultimo livello di suddivisione, la classe, sarebbe idoneo a delimitare categorie merceologiche diverse. Pertanto, prestazioni rientranti in codici CPV le cui prime 4 cifre non siano sovrapponibili, non appartengono alla medesima categoria di beni o servizi potendo, dunque la S.A. non applicare il principio di rotazione a detti affidamenti. Rispetto alla disciplina rappresentata dalle già menzionate linee guida ANAC n.4, l’art. 49 del Codice non ripropone alcun riferimento temporale (nelle soft law ANAC si parlava di “tre anni solari”) lasciando intendere che l’operatore economico uscente debba difatti “saltare un turno” prima di poter ricevere un affidamento analogo dalla medesima Stazione Appaltante.
Il caso dell’affidamento (non) diretto come “procedura aperta”
Di recente hanno fatto discutere alcune sentenze del Giudice Amministrativo riguardanti la deroga al principio di rotazione in caso di affidamento diretto procedimentalizzato tramite avviso pubblico “aperto”. Abbiamo già visto che, in caso di procedure ordinarie, ovvero con bando, il divieto di rotazione non può mai trovare applicazione. Né trova applicazione, secondo quanto previsto dal legislatore - e sulla scorta di quanto era previsto dalle linee guida ANAC n.4 – per i contratti affidati con le procedure di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c), d) ed e), le stazioni appaltanti non applicano il principio di rotazione quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva procedura negoziata.
La norma contenuta nell’attuale Codice non estende la deroga anche agli affidamenti diretti/discrezionali, limitandosi -come a nostro avviso è corretto -a consentire una deroga solo in caso di procedura comparativa.
Perché questa scelta limitativa da parte del legislatore?
L’affidamento diretto è un sistema di scelta del contraente progettato per individuare il fornitore in maniera discrezionale, tanto che la stessa definizione di detto istituto prevede quanto segue: “affidamento diretto», l’affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’articolo 50, comma 1 lettere a) e b), del codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice. Anche in caso di interpello, non vi è comparazione tra offerte, essendo tale consultazione finalizzata solo ed esclusivamente ad attestare la congruità della prestazione rispetto al mercato di riferimento. La prassi, pure ammessa dalla giurisprudenza e dall’ANAC, di procedimentalizzare l’affidamento diretto con un percorso selettivo e comparativo, ha ampiamente dimostrato il proprio corto circuito logico, ingolfando i TAR di contenziosi che sarebbe stato facile evitare se solo si fosse fatto uso di tale strumento secondo la ratio dell’allegato I.1 al Codice.
Al contrario, essendo la procedura negoziata una gara (per quanto informale rispetto alle procedure evidenziali sopra soglia), essa è strutturata intorno ad uno dei criteri di aggiudicazione previsti dall’art. 108 del Dlgs 36/2023. Grazie a tale meccanismo, qualora la selezione fosse aperta a tutti i soggetti interessati -alla stregua di quanto accade con le procedure con bando – sarebbe possibile derogare al principio di rotazione. In sintesi, sterilizzazione della discrezionalità, tramite un criterio di aggiudicazione, e l’apertura al mercato dell’avviso, insieme consentono di derogare al principio di rotazione (art. 49 co 5).
I punti centrali
I punti centrali di quanto sopra esposto sono i seguenti:
- Se l’affidamento è discrezionale, ovvero per essere legittimo deve reggersi sulla motivazione del RUP che dovrà giustificare le ragioni di compatibilità del fornitore/preventivo scelto rispetto al fabbisogno dell’ente, l’eventuale deroga alla rotazione può essere richiamata solo con riferimento ai commi 3, 4 e 6 dell’art. 49.
- Se l’affidamento avviene tramite procedura negoziata, e dunque la scelta non è discrezionale ma vincolata al corredo di regole procedurali preliminarmente previste (criterio di ammissione/selezione ecc), il RUP – potendo strutturare la procedura tramite avviso aperto a tutti i potenziali candidati – potrà altresì avvalersi della deroga prevista dal citato comma 5.
La prassi di auto vincolarsi con affidamenti diretti tali solo nel nome ma strutturati come vere e proprie procedure negoziate ha permesso alla giurisprudenza amministrativa di elaborare alcune interpretazioni.
La giurisprudenza
TAR Calabria n. 848/2024 “…È seguita pertanto la procedura selettiva relativa al secondo avviso pubblico, con aggiudicazione del servizio per il periodo compreso tra gennaio e giugno 2024 a HS Company, unica partecipante, la quale ha indicato un ribasso di appena l’1%, minore rispetto al preventivo che la ricorrente aveva prodotto con riferimento al primo avviso pubblico per lo stesso identico servizio e pari al 4%... Applicando il richiamato principio ermeneutico alla vicenda in esame, emerge come l’avviso pubblico del 14.11.2023 non abbia integrato un affidamento diretto, essendo in esso prevista una selezione aperta a tutti e basata sul criterio dell’offerta più congrua e conveniente, così da escludere una potenziale lesione del principio di rotazione. La domanda è pertanto fondata secondo quanto chiarito, con conseguente annullamento dell’avviso pubblico del 14.11.2023, nella parte in cui ha precluso alla ricorrente la partecipazione alla procedura selettiva, nonché delle successive determinazioni attuative”.
TAR Puglia
138/2025, invece, facendo ricorso ad una
interpretazione strettamente letterale della norma e non estensiva,
non ammette che la deroga sancita all’art. 49 co 5 possa essere
attribuita anche agli affidamenti diretti: …”a fronte del
chiaro disposto dell’art. 49, comma 4, D. Lgs. n. 36/2023, pur
richiamato con clausola di stile all’interno della determinazione
n. 2282 del 25.9.2024, l’Amministrazione non ha in alcun modo
motivato – a supporto della scelta di invitare nuovamente il
precedente affidatario del servizio – in merito alla (eventuale)
insussistenza di alternative sul mercato (circostanza, peraltro,
contraddetta in concreto dalla partecipazione della società
ricorrente alla procedura) e alle caratteristiche qualitative della
precedente prestazione ad opera della controinteressata;
c) né può essere utilmente invocato nella specie dalle difese
resistenti il disposto del comma 5 dell’art. 49 D. Lgs. n. 36 cit.,
poiché tale disposizione derogatoria al principio di rotazione
(prevista dal legislatore per il caso dell’indagine di mercato
effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici, in
possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva
procedura negoziata) è praticabile esclusivamente “per i contratti
affidati con le procedure di cui all’articolo 50, comma 1, lettere
c), d) ed e)” dello stesso D. Lgs. n. 36/2023, ossia per le
procedure negoziate senza bando”
Consiglio di Stato n. 366/2025: secondo il Collegio l’assimilazione ad una procedura aperta al mercato renderebbe sostanzialmente applicabile la deroga anche agli affidamenti diretti. “Essendo assimilabile ad una procedura aperta al mercato” nella vicenda in esame non è applicabile il principio di rotazione; né osta a tale conclusione la circostanza per cui (…) abbia posto a base della gara l’art. 1, comma 2, lett. a), del d.l. n. 76 del 2020, disposizione emergenziale la cui efficacia era stata prorogata sino al 2023, in quanto (…) ha comunque inteso, “ultra legem”, garantire la massima apertura al mercato, con l’avviso al pubblico per la manifestazione di interesse e con la successiva automatica partecipazione di tutti gli operatori economici risultati in possesso dei requisiti richiesti, laddove la norma consentiva l’affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici (ovviamente, in tale caso, nel rispetto del principio di rotazione)”.
Ciò che Palazzo Spada non dice è che -avendo l’amministrazione procedente inserito un criterio di aggiudicazione (automatico, come quello del minor prezzo) – l’iter procedimentale adottato ha difatti trasformato l’affidamento in una procedura comparativa e competitiva solo per questo compatibile con la deroga menzionata al comma 5. Insomma, pur essendo condivisibile la decisione del Collegio, ciò che è da respingere -a differenza delle conclusioni a cui è giunto il TAR Calabria con la sentenza n. 848/24 – è che si possa considerare salvo il paradigma dell’affidamento diretto quando in sostanza la procedura adottata si sostanziava in una procedura negoziata. Solo ammettendo la sostanziale “mutazione” da affidamento diretto a gara negoziata è possibile, a nostro avviso, giustificare una interpretazione estensiva dell’art. 49 co 5 Dlgs 36/2023 [cfr. sullo stesso tema e con posizioni analoghe S. Usai, Le Autonomie - ASMEL “affidamento diretto e rotazione”, laddove scrive che “…è che, nel caso di specie, ci si è trovati, in realtà, innanzi ad una procedura di gara sostanziale (non formale ed erroneamente denominata “affidamento diretto”). Il giudice, si può sostenere, pure senza menzionarlo ha fatto applicazione dell’oramai classico principio del risultato: la forma non conta prevale la sostanza se non insistono errori gravi del RUP. Legittimare, però, un simile approccio potrebbe determinare una incrinatura nell’applicazione corretta del principio di rotazione attraverso la costruzione/articolazione/aggravamento dell’affidamento diretto (mentre affidamento diretto, evidentemente, non è ma una procedura di gara sostanziale)].
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