Abusi edilizi e demolizione dopo l’acquisizione al patrimonio comunale: cosa dice la Cassazione?
La Corte di Cassazione conferma: nessuna sanatoria per immobili abusivi acquisiti dal Comune e demolizione inevitabile in assenza di interesse pubblico.
Un immobile abusivo acquisito al patrimonio comunale può essere sanato? Il vecchio proprietario può ancora opporsi alla demolizione presentando istanza di sanatoria? E cosa succede se il Comune non si pronuncia sul mantenimento del bene?
Abusi edilizi, demolizione e acquisizione al patrimonio comunale: interviene la Cassazione
Domande sempre interessanti e, soprattutto, all’ordine del giorno che, come spesso accade, trovano risposta all’interno della normativa edilizia (in questo caso gli artt. 31 e 36 del d.P.R. n. 380/2001, c.d. Testo Unico Edilizia) ma che, come altrettanto spesso accade, vengono definitivamente chiarite dalla giurisprudenza. Chiarimenti importanti, soprattutto quando arrivano dalla Corte di Cassazione come nel caso della recentissima sentenza n. 9920 del 12 marzo 2025 che affronta proprio queste tematiche, confermando principi fondamentali in materia di demolizione di immobili abusivi.
Nel caso oggetto del nuovo intervento degli ermellini, l’oggetto del contendere è un’ordinanza del Tribunale che respingeva la richiesta di annullamento dell’ingiunzione a demolire relativamente all’ordine di demolizione emesso con sentenza divenuta irrevocabile. L’ingiunzione di demolizione veniva emessa su un immobile abusivo già acquisito al patrimonio comunale per effetto dell’inottemperanza all’ordine demolitorio.
Avverso tale ordinanza veniva proposto appello in Cassazione sulla base di due motivazioni:
- con la prima, la difesa deduce che per l’immobile abusivo, ricadente in zona non assoggettata ad alcun vincolo di natura urbanistica, erano state emesse dal Comune ingiunzioni per ottenere il pagamento della indennità di occupazione in esecuzione di una delibera di Giunta che detta le linee guida per la gestione di immobili acquisiti al patrimonio comunale e che sottraggono l’opera abusiva al suo normale destino della demolizione;
- con la seconda, viene dedotto che, in ragione della presentazione della richiesta di permesso di costruire con gli allegati accertamenti di conformità e della esistenza dei presupposti di legittimità per ottenere il permesso di costruire in sanatoria, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto accogliere l’istanza di sospensione dell’esecuzione per avvenuta presentazione di domanda di sanatoria, incombendo su colui che invoca la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione un onere di allegazione e sull’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti.
Acquisizione al patrimonio comunale: gli effetti
Relativamente al primo punto, la Cassazione è ormai granitica: chi non è più proprietario dell’immobile non ha interesse a impugnare l’ordine di demolizione. Dal momento in cui l’immobile è stato acquisito dal Comune, il privato perde ogni titolo giuridico su di esso. Questo significa che non può più agire legalmente per contestare la demolizione, a meno che il Comune non abbia deliberato di mantenere l’immobile per ragioni di interesse pubblico.
La Cassazione ha chiarito che:
- l’acquisizione dell’immobile non è un’alternativa alla demolizione, ma una misura sanzionatoria che non esclude la possibilità di abbattere l’abuso;
- l’unico caso in cui la demolizione può essere evitata è se il Comune decide di mantenere il bene per un interesse pubblico prevalente, attraverso una delibera consiliare.
Se il Comune non assume una decisione in tal senso, la demolizione resta l’unico esito possibile. Nel caso di specie, non essendo intervenuta alcuna delibera di mantenimento, la demolizione era inevitabile.
La sanatoria impossibile
Relativamente al secondo punto, la Cassazione ha confermato (come per il primo punto) che la richiesta di sanatoria è stata presentata dopo che l’immobile era già divenuto di proprietà comunale.
La giurisprudenza è ferma nel ritenere che l’istanza di permesso di costruire in sanatoria non possa essere presentata da chi non è più proprietario dell’immobile e che, in ipotesi, il permesso di costruire in sanatoria rilasciato successivamente all'acquisizione al patrimonio immobiliare del Comune è illegittimo e non può ritenersi preclusivo alla demolizione degli abusi, in quanto emesso a favore di un soggetto che non è più titolare del bene, spettando al Comune di stabilire se mantenere o demolire l'opera.
Lo stesso art. 36, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce che il permesso di costruire in sanatoria può essere richiesto fino alla scadenza dei termini di cui agli artt. 31, comma 3, 33, comma 1, e 34, comma 1, stesso decreto e, comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative.
Nel caso in esame, questo termine risultava superato.
Ad ogni modo, la Cassazione ha chiarito che la sanatoria ai sensi dell’art. 36 del TUE non era applicabile al caso per mancanza della doppia conformità. L’immobile si trovava, infatti, in un’area vincolata con rischio sismico e l’intervento abusivo non rispettava i requisiti urbanistici e edilizi sia al momento della realizzazione che alla data della domanda di sanatoria, condizione essenziale ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico Edilizia (TUE).
In sintesi, non solo la ricorrente non aveva più titolo per chiedere la sanatoria, ma l’abuso non sarebbe stato comunque sanabile.
Conclusioni
La Corte di Cassazione conferma (ancora una volta) alcuni principi fondamentali in materia di abusi edilizi:
- se un immobile abusivo viene acquisito al patrimonio comunale, il privato perde ogni diritto su di esso e non può opporsi alla demolizione;
- la demolizione può essere evitata solo se il Comune delibera di mantenere il bene per interesse pubblico, ma senza una decisione esplicita, l’unica opzione è l’abbattimento;
- la sanatoria edilizia richiede la doppia conformità urbanistica ed edilizia e può essere richiesta solo dal proprietario o da chi ha commesso l’abuso, non da chi ha perso la titolarità dell’immobile o non ha interessi espliciti.
Ancora una volta, emerge un concetto chiave: la repressione degli abusi edilizi non ammette scorciatoie e chi tenta di aggirare gli ordini di demolizione si scontra con limiti giuridici ben precisi.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 12 marzo 2025, n. 9920