Abuso edilizio o no? il Consiglio di Stato sull’onere di datazione delle opere

Consiglio di Stato: “…la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso trasferisce – solo quella – l'onere della prova contraria in capo all’amministrazione”

di Redazione tecnica - 19/03/2025

Come si prova la data di realizzazione di un immobile? Quali sono gli elementi probatori che il privato deve presentare per dimostrare che un edificio è stato costruito prima dell’introduzione dell’obbligo di titolo edilizio? E cosa accade se la pubblica amministrazione non analizza adeguatamente la documentazione fornita?

Abuso edilizio e datazione delle opere: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Domande cruciali, che tornano al centro dell’attenzione con la sentenza del Consiglio di Stato n. 1924 del 7 marzo 2025, che affronta un tema spesso dibattuto: l’onere della prova in materia di stato legittimo degli immobili e la correttezza dell’istruttoria condotta dai Comuni prima di emettere un’ordinanza di demolizione.

Tema che va analizzato prendendo come riferimento l’art. 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001), recentemente modificato dal Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), convertito in Legge n. 105/2024 e sul quale è intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con le ormai note “Linee di indirizzo e criteri interpretativi”.

In particolare, il citato comma 1-bis stabilisce due diverse modalità per determinare lo stato legittimo a seconda che si tratti di immobili:

  • costruiti dopo l’introduzione dell’obbligo del titolo edilizio;
  • realizzati prima dell’obbligo di titolo edilizio.

In quest’ultimo caso, la legittimità deve essere desunta dalle informazioni catastali di primo impianto o da altri documenti probanti quali aerofotogrammetrie, estratti cartografici, documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Su questo tema la giurisprudenza è ormai pacifica e ha fornito un principio consolidato: l’onere della prova spetta al privato. È l’interessato che deve dimostrare la data di realizzazione dell’immobile e la sua consistenza originaria, fornendo atti e documenti inconfutabili. Tuttavia, il principio della "vicinanza della prova" consente un’attenuazione dell’onere probatorio in determinate circostanze.

Il caso di specie

Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ha esaminato il ricorso di un privato contro un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune, che aveva ritenuto abusive alcune opere edilizie realizzate su un immobile.

Il ricorrente sosteneva che il Comune aveva erroneamente considerato l’immobile come di recente realizzazione, senza tenere conto della documentazione presentata per dimostrare la sua preesistenza rispetto all’introduzione dell’obbligo di titolo edilizio. Tra le prove fornite figuravano un aerofotogrammetrico del 1954 e atti notarili risalenti all’800 e agli anni ‘50 e ‘60.

In primo grado il TAR aveva respinto il ricorso, affermando che:

  • il privato non aveva fornito una prova inconfutabile circa la data di costruzione dell’edificio nella sua attuale conformazione;
  • il materiale fotografico e aerofotogrammetrico presentato non era sufficiente a dimostrare la coincidenza tra l’edificio attuale e quello esistente all’epoca;
  • la trasformazione dell’immobile risultava significativa e comportava un intervento di nuova costruzione soggetto a permesso di costruire.

L’intervento del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha parzialmente ribaltato la decisione del TAR, ritenendo che:

  • l’onere della prova resta in capo al privato, ma la P.A. deve valutare attentamente la documentazione fornita;
  • il principio della vicinanza della prova consente un’attenuazione dell’onere probatorio quando il privato fornisce elementi rilevanti (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive, certificazioni) e la P.A. non li analizza adeguatamente;
  • la mancata istruttoria da parte del Comune rende illegittima l’ordinanza di demolizione: se gli elementi prodotti dal privato sono rilevanti e la P.A. non effettua un’adeguata verifica, il provvedimento sanzionatorio risulta viziato per difetto di istruttoria.

Di conseguenza, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di demolizione nei limiti della verifica dell’effettiva datazione dell’immobile, con onere probatorio ora a carico del Comune.

Le implicazioni

Questa pronuncia ribadisce un concetto fondamentale: il privato ha l’onere della prova, ma il Comune non può emettere un’ordinanza di demolizione senza una verifica approfondita degli elementi presentati.

In sintesi:

  • non basta che il Comune affermi che un immobile è abusivo: deve dimostrarlo, soprattutto se il privato presenta documenti a supporto della sua tesi;
  • la prova dell’epoca di realizzazione di un immobile deve basarsi su criteri di ragionevolezza: se la documentazione presentata è idonea a far sorgere dubbi, la P.A. deve approfondire l’istruttoria.
  • in caso di incertezza, non è escluso il ricorso alla prova per presunzioni, basata su fatti notori e massime di esperienza.

Questa sentenza conferma la necessità di un approccio più equilibrato e razionale alla disciplina degli abusi edilizi, evitando demolizioni automatiche basate su istruttorie carenti e garantendo maggiore tutela per i privati che, pur in presenza di immobili privi di titolo edilizio, possono dimostrare la loro legittimità storica.

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