Equo compenso: non si applica ai contratti pubblici

Il TRGA di Trento riprende il recente orientamento del Consiglio di Stato: l'affidamento di servizi tecnici soggiace al d.Lgs. n. 36/2023 e non alle previsioni della legge n. 49/2023

di Redazione tecnica - 20/03/2025

La disciplina dell’equo compenso, introdotta con la legge n. 49/2023, non si applica agli importi spettanti per l’affidamento di servizi tecnici negli appalti pubblici. Per questi, infatti, il riferimento normativo resta il d.lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici). Questo principio è stato recentemente ribadito dal Consiglio di Stato in due sentenze (n. 594 del 27 gennaio 2025 e n. 844 del 3 febbraio 2025), che hanno confermato l’autosufficienza della disciplina del Codice Appalti in materia di corrispettivi professionali.

Equo compenso e servizi tecnici negli appalti pubblici

Secondo Palazzo Spada, quindi, il Codice dei Contratti Pubblici disciplina in modo completo e autonomo la determinazione dei compensi per gli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria. Di conseguenza, le regole previste dalla legge n. 49/2023 non possono essere invocate per modificare le disposizioni di gara.

Tale posizione è stata confermata anche dal TRGA di Trento con la sentenza del 13 marzo 2025, n. 59, che ha respinto il ricorso presentato dagli Ordini degli ingegneri, architetti PPC e geometri della provincia di Trento. I ricorrenti contestavano contestavano la legittimità di una procedura ristretta per l’affidamento della progettazione del PFTE e dell’eventuale direzione lavori. Secondo i ricorrenti, la procedura era illegittima poiché consentiva il ribasso della componente relativa al compenso oltre la soglia consentita.

Hanno lamentato la violazione di diverse norme, tra cui:

  • articoli 1, 2 e 3 della legge 49/2023 sull’equo compenso;
  • articoli 8, comma 2, 41, comma 15, e allegato I.13 del D.lgs. 36/2023;
  • principi di concorrenza, par condicio e disparità di trattamento.

A sostegno della loro tesi, i ricorrenti hanno invocato precedenti giurisprudenziali favorevoli (TAR Veneto n. 632/2024, TAR Lazio n. 8580/2024, TRGA Bolzano n. 230 e 231/2024), che avevano affermato la necessità di escludere il compenso professionale dal ribasso.

 

Il quadro normativo di riferimento

La legge n. 49/2023, in materia di equo compenso, è stata introdotta per tutelare i professionisti nei rapporti contrattuali con soggetti forti, come banche, assicurazioni e grandi imprese.

La norma stabilisce che:

  • il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto;
  • in caso di compenso iniquo, il professionista può agire per la rideterminazione giudiziale della somma.

Tuttavia, il Codice dei Contratti Pubblici (d.Lgs. n. 36/2023) disciplina separatamente la determinazione dei corrispettivi per gli affidamenti di servizi tecnici e di ingegneria. L’art. 41, comma 15, stabilisce che i corrispettivi sono determinati secondo le modalità indicate nell’Allegato I.13, basate sul DM 17 giugno 2016.

Il Correttivo al Codice Appalti (d.Lgs. n. 209/2024) ha introdotto alcune modifiche alla ribassabilità del corrispettivo, con i nuovi commi 15-bis, 15-ter e 15-quater dell’art. 41, fermo restando che per il principio "tempus regit actum" queste innovazioni non erano applicabili al caso esaminato dal TRGA di Trento.

Differenza tra equo compenso e compensi negli appalti pubblici

Sulla questione dell’equo compenso nei contratti pubblici, si sono formati due orientamenti giurisprudenziali:

  • favorevole all’applicazione dell’equo compenso: TAR Veneto (sentenza n. 632/2024), TAR Lazio (sentenza n. 8580/2024), TRGA Bolzano (sentenze nn. 230 e 231/2024).
  • contrario all’applicazione dell’equo compenso: TAR Campania (sentenza n. 1494/2024), TAR Calabria (sentenza n. 483/2024).

Il Consiglio di Stato ha quindi risolto il contrasto stabilendo che le regole dell’equo compenso non si applicano ai contratti pubblici, poiché il Codice dei Contratti Pubblici ha una disciplina autonoma e autosufficiente in materia.

Per l'equo compenso, la base di determinazione è il DM 20 luglio 2012, n. 140 che disciplina la liquidazione dei compensi per i professionisti nei rapporti privati.

Diversamente, l’Allegato I.13 del d.lgs. 36/2023 fa riferimento al DM 17 giugno 2016.

Ne deriva quindi che

  • l’equo compenso tutela i professionisti nei rapporti con soggetti privati, mentre nei contratti pubblici il compenso è fissato a base d’asta e può essere oggetto di ribasso;
  • il ribasso del compenso negli appalti pubblici è legittimo, purché sia sostenibile e valutato nel subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

 

 

La decisione del TRGA

Riprendendo questo orientamento il TRGA ha quindi affermato che non vi è contrasto tra la disciplina dell’equo compenso e il Codice degli Appalti, poiché “i due meccanismi divisati dal D.M. n. 140/2012 e dal D.I. 17 giugno 2016 differiscono per natura della fonte normativa, scopi e struttura”.

L’equo compenso definisce un compenso minimo inderogabile, mentre il Codice degli Appalti disciplina il corrispettivo per le gare pubbliche, consentendo ribassi regolati dal principio di concorrenza.

Il ricorso è stato quindi respinto, in quanto la stazione appaltante ha definito dei criteri di ribassabilità legittimi, n linea con quanto previsto dal Codice dei Contratti, senza che si possa parlare di violazione della disciplina sull’equo compenso.

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